Il 29 ottobre ci sarà una partita di calcio nel carcere di Spoleto, tra una squadra di ergastolani ed una squadra composta da militanti del Prc, associazioni culturali e mutualistiche e soprattutto dai lavoratori in lotta del circolo Prc della Fiat di Pomigliano.
Una iniziativa importante da parte di quella società civile che crede e si adopera per la riqualificazione di chi è inserito nel circuito penale, quindi socialmente escluso PER DECRETO.
è l’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche legate all’orrore civile dell’ergastolo ostativo e non, del sovraffollamento carcerario, dell’esclusione sociale che vivono i familiari dei reclusi.
Ma è anche l’occasione per noi comunisti di rinforzare il legame politico, sociale, di confronto e di costruzione di un blocco sociale con il nuovo e vecchio proletariato, con i disoccupati, con i precari, con i cassaintegrati, con i migranti e con i detenuti. L’anello forse più debole di questa società cinica, indifferente, edonista di impianto capitalista, classista e securitario. Il carcere, questo carcere borghese, è un insieme di leggi classiste, che creano delle vere e proprie carcerazioni sociali. Un sistema quello carcerario assolutamente speculare alla nostra (in)civile società, il mezzo con cui lo stato isola chi non ritiene utile consumatore e/o produttore.
Lo scorso anno i lavoratori della Fiat di Pomigliano fecero una battaglia durissima contro il padrone e contro Marchionne che voleva renderli schiavi in fabbrica, escludendoli dal lavoro, quindi dal contesto sociale. Gli ergastolani di Spoleto, gli esclusi istituzionali, coordinati da dentro dal compagno Carmelo Musumeci e dallo scrivente, raccolsero più di 500 firme in solidarietà da tutti gli ergastolani d’Italia.
Questo creò un vero corridoio dentro/fuori, che vide le persone recluse a vita partecipare attraverso la nostra rete a dare un parere su tutte le lotte sindacali e le battaglie sociali (come il referendum contro la privatizzazione dell’acqua). Gli “uomini ombra” così hanno certificato la loro esistenza in vita e tanti uomini e donne libere hanno capito e forse scoperto che dietro una pratica giudiziaria c’è un cuore ed un cervello.
Ora i lavoratori della Fiat di Pomigliano entrano nel carcere a portare la loro solidarietà e la loro fraterna vicinanza agli ergastolani in lotta per i loro diritti ed il riconoscimento di esseri umani, insieme a tanti altri compagni. Lo fanno per riaffermare che la lotta per il lavoro e per i diritti è uno strumento di emancipazione sociale di classe e che senza lavoro migliaia di operai del pomiglianese, così come di altre realtà lavorative, rischierebbero di diventare solo manovalanza per la criminalità organizzata.
Grazie