È noto che qualche decennio fa Stalin e i suoi seguaci giunsero alla conclusione che le controversie politiche si possono risolvere utilmente per la via più breve, calunniando, incarcerando, mandando in campo di concentramento o fucilando i propri avversari politici, e spesso anche i propri alleati e sostenitori del giorno prima. Tuttavia quel tempo è ormai lontano, motivo per cui il professor Domenico Losurdo, non potendo impugnare un piccone, ha dovuto limitarsi a prendere la penna e a partorire gli otto faticosi capitoli attraverso i quali tenta di dimostrare che in fondo Stalin è vittima di una “leggenda nera”.
Il libro ha suscitato una polemica sulle pagine di Liberazione e su qualche sito, causa una recensione (per la verità assai cauta) di Guido Liguori e una successiva protesta di una parte della redazione del quotidiano del Prc.
Non è possibile nello spazio di un articolo sottoporre a critica dettagliata le oltre 300 pagine di Losurdo (alle quali si aggiunge un saggio di Canfora, che ha il pregio di essere molto più breve, ma non per questo meno dannoso). Proponiamo solo alcune riflessioni.
La prima: in tutto il libro, la rivoluzione del 1917 è la grande assente. Losurdo tralascia completamente di trattare del “piccolo dettaglio” costituito dall’ottobre del 1917. Crediamo non sia un caso: in tutto il libro, infatti, ricorrono espressioni di una condiscendenza confinante col fastidio verso le aspirazioni che furono alla base della rivoluzione bolscevica: “messianismo anarcoide”, “utopia astratta”, “universalismo astratto” (questo il nome che Losurdo attribuisce all’internazionalismo), ecc. Quale paterna condiscendenza verso quei milioni di operai, contadini, soldati che fecero la più grande delle rivoluzioni! Con un barlume di onestà, il Nostro riconosce tuttavia che queste colpe sono da ascriversi non solo alla plebe ignorante, ma anche al Marx della Guerra civile in Francia e della Critica al programma di Gotha, e al Lenin di Stato e rivoluzione.
Secondo: Losurdo assume, senza peraltro neppure renderlo esplicito, il principio cardine della continuità fra Lenin e Stalin, fra bolscevismo e stalinismo. In questo, come tutti i suoi colleghi di pensiero, è perfettamente allineato a tutti gli intellettuali e politici borghesi, siano essi democratici o reazionari, dotti o ignoranti. Tutti hanno sempre criticato il comunismo con questo argomento: tutte le rivoluzioni finiscono col portare alla dittatura, al totalitarismo e a regimi repressivi, i germi dello stalinsmo erano già presenti nel 1917, anzi prima ancora, e in tutto ciò che ha commesso Stalin è stato solo il fedele continuatore di Lenin.
Vengono così messe tra parentesi le purghe sanguinose che in ondate successive annichilirono l’intera generazione rivoluzionaria e il partito bolscevico del 1917. In realtà la rottura fra stalinismo e bolscevismo avvenne su tutti i piani: politico (dalla rivoluzione allo status quo), sociale (dall’egualitarismo e dalla democrazia operaia al privilegio e all’autocrazia della burocrazia); teorico (socialismo in un solo paese al posto dell’internazionalismo, revisione della posizione marxista sullo Stato) e, infine, sul piano brutalmente fisico, con l’eliminazione delle opposizioni interne.
Tutto questo per Losurdo non esiste, o se esiste viene catalogato alla voce “dialettica di Saturno”: nonostante l’apparenza non si tratta di oroscopi, ma di un richiamo alla mitologia classica, la quale parlava del dio Saturno (Crono per i greci) che divorava i propri figli. Alziamo bandiera bianca di fronte a questi picchi di banalità…
Losurdo indica due elementi chiave che spiegherebbero la dittatura staliniana: il pericolo esterno, ossia i rischi di aggressione da parte delle potenze capitalistiche, e il pericolo interno, ossia la “cospirazione” degli oppositori di sinistra, in primo luogo dei trotskisti.
Per quanto riguarda la politica internazionale, anche qui vale la pena di notare come nelle ricostruzioni di Losurdo la lotta di classe non trova alcuno spazio, né la politica internazionale di Stalin nel periodo del 1924-1943, ossia gli anni nei quali la sua frazione conquistò il controllo dell’Internazionale comunista, in particolare dopo il 1928. Non una riga per parlare della rivoluzione tedesca del 1918-23 e delle altre rivoluzioni successive alla Prima guerra mondiale; non una parola sulle disastrose direttive del 1929-33, quando Stalin e i dirigenti del Partito comunista tedesco si abbandonarono a una politica di folle settarismo che facilitò non poco l’ascesa al potere di Hitler; e ancora: inesistente lo sciopero generale inglese del 1926, la rivoluzione cinese del 1925-27, la rivoluzione e la guerra civile spagnola…
Il motivo di queste “distrazioni” è semplice: Losurdo, sulla scia dei suoi numerosi predecessori, tenta di stabilire un ponte tra la pace di Brest-Litovsk, firmata dal giovane Stato sovietico nel 1918, e il patto nazi-sovietico dell’agosto 1939: tanto fece prima Lenin, è il ragionamento, tanto dovette fare Stalin vent’anni dopo. A tal fine viene proposta una ricostruzione che più che tendenziosa è falsa da cima a fondo degli avvenimenti che portarono alla firma tanto dell’uno che dell’altro. Per giustificare questa ricostruzione spericolata è necessario mettere tra parentesi vent’anni di rivoluzione e controrivoluzione in Europa e il ruolo di Stalin.
Quanto al “pericolo interno”, Losurdo non trova di meglio che inventarsi un tentativo di “colpo di Stato” che l’Opposizione di sinistra guidata da Trotskij, all’epoca alleato di Kamenev e Zinov’ev, avrebbe tentato nell’ottobre del 1927; colpo di Stato che sarebbe consistito nel tentativo di sfilare con striscioni e cartelli con parole d’ordine di sinistra contro i burocrati, i nuovi ricchi generati dalla Nep, in favore di un ritorno alla politica di Lenin, nel decimo anniversario dell’ottobre; una manifestazione che preludette non al “colpo di Stato” dell’Opposizione, bensì all’espulsione dell’Opposizione stessa, all’invio in esilio dei suoi principali dirigenti e all’incarcerazione di migliaia di comunisti, in attesa delle ben più sanguinose misure degli anni ’30.
In mancanza di spazio, dobbiamo limitarci a porre alcune domande per un ipotetico questionario da sottoporre al nostro intrepido accademico. Ha mai sentito dire, Losurdo, che tra il 1917 e il 1924, anno della morte di Lenin, in tutti gli atti ufficiali del partito bolscevico e dell’Internazionale comunista, la prospettiva della rivoluzione in Europa, lungi dall’essere considerata “universalismo astratto” veniva posta alla base di tutta la politica internazionale dell’Urss e considerata l’unica possibile salvezza per il giovane Stato sovietico? Ha mai letto i resoconti dei dibattiti del 1918 sulla pace di Brest? Ha mai saputo che Trotskij fu il primo a proporre piani quinquennali per industrializzare rapidamente l’Urss, e che la risposta di Stalin nel 1927 a queste proposte fu che “sarebbe stato come se un mugik invece di una vacca si comprasse un grammofono”? Ha mai sentito dire che negli anni della Nep Bukharin (allora teorico e alleato di Stalin) teorizzava di raggiungere il socialismo “con una carretta contadina” e che tutta la frazione staliniana accusava Trotskij e la sinistra di essere dei “super-industrializzatori”? E a proposito della presunta incapacità dei trotskisti di capire il pericolo nazista, ha mai sentito dire, Losurdo, che fu il Partito comunista tedesco in pieno dominio staliniano a teorizzare che “fascismo e socialdemocrazia non sono antitetici ma gemelli” e a mettere in pratica questa indicazione fino a spingersi a sostenere i nazisti nel 1931 nel referendum contro il governo socialdemocratico prussiano e nello sciopero dei trasporti di Berlino? Ha mai letto le centinaia di pagine che Trotskij scrisse per mettere in guardia del pericolo hitleriano, proponendo in tutte le forme possibili che i comunisti costituissero un fronte comune con i socialisti per impedire l’ascesa al potere dei nazisti?
E ancora, a proposito delle “lungimiranti” politiche staliniane durante la Seconda guerra mondiale, non ha mai sentito dire che in Usa, Gran Bretagna, Francia, ecc. fino al giugno 1941 i partiti comunisti si dichiaravano in favore di una pace con Hitler, fino al punto che quando i tedeschi entrarono a Parigi nel 1940 i dirigenti del Pcf ebbero la folle idea di chiedere alle autorità germaniche il permesso di riaprire le pubblicazioni dell’Humanité?
Non potendo continuare, proponiamo una sintesi: per il marxismo, fin dal Manifesto del partito comunista, la lotta di classe è il motore della storia. Per Losurdo e per tutta la scuola staliniana orfana dei processi di Mosca, la lotta di classe è l’ostacolo che si frappone fra la rivoluzione e la costruzione di uno Stato di polizia…
Stalin, storia e critica di una leggenda nera, è pubblicato da Carocci.
La recensione di Liguori è uscita su Liberazione del 10 aprile.