Bolivia
In Bolivia è cominciata la battaglia finale della guerra del gas. Una trincea separa le masse boliviane dalla borghesia nazionale e dalle multinazionali del petrolio, ringalluzzite dall’apertura del fronte autonomista di Santa Cruz de la Sierra nonostante il crescente isolamento nella società di tale rivendicazione.
La “nuova” Ley de Hidrocarburos
Agli inizi di aprile arriva finalmente in parlamento, sospinta dagli scioperi di marzo, la discussione sulla legge sugli idrocarburi. Per il Presidente ed il suo governo le proposte depositate in parlamento sono eccessive e mettono in fuga gli investitori, nonostante non sia più in discussione la nazionalizzazione del gas, parola d’ordine attorno alla quale erano nate le mobilitazioni contro il poi deposto Gonzalo Sachez de Lozada detto “Goni”nel 2003. Sia il Movimiento al Socialismo (Mas) che le organizzazioni sindacali operaie (la Cob) e contadine (la Csustb), tutti stretti attorno ad un nuovo Pacto de Unidad, hanno ripiegato infatti su rivendicazioni molto meno radicali. Secondo i dirigenti del nuovo Pacto, le multinazionali non dovranno più lasciare il territorio, ma semplicemente riformulare i propri contratti e sottostare ad un nuovo regime fiscale. I partiti tradizionali, dominatori del parlamento anche se cancellati dal paese alle ultime elezioni amministrative del dicembre scorso, e tra questi principalmente il Movimiento Nacionalista Revolucionario (Mnr) del deposto Goni, tentano una impossibile mediazione tra le pressioni delle multinazionali e della comunità internazionale e quelle del movimento, tenendosi comunque sempre pronto l’asso nella manica rappresentato dalla rivendicazione autonomista della borghesia di Santa Cruz de La Sierra, nella cui vasta e pianeggiante regione si concentra il grosso del gas che il Comitè Civico Cruceño vorrebbe sottomettere al proprio controllo diretto e quindi riconsegnare alle multinazionali alle condizioni attuali di saccheggio.
Agli inizi di maggio il parlamento approva alla fine un papocchio col quale si pretende chiudere la vicenda del gas: 18% di royalties e 32% di imposte tanto deducibili da far dire al rappresentante locale della Repsol non è cambiato niente.
Crescono le mobilitazioni
Da quel momento partono le mobilitazioni. Il 16 maggio scadeva il termine costituzionale dato al Presidente per la ratifica. Mentre una manifestazione di oltre 100.000 persone marcia verso Plaza del Murillo (luogo dove risiede il governo a La Paz) per la nazionalizzazione del gas e le dimissioni del presidente, Mesa decide di non decidere, e così la legge, come sancito dalla Costituzione, viene approvata. Marce e scioperi si estendono in tutto il paese.
Immediatamente circa cinquecento minatori della città di Huanani si recano armati di dinamite a La Paz, conquistando in breve tempo la direzione del movimento. Nel resto del paese i minatori delle cooperative bloccano le strade, mentre gli insegnanti del magisterio rural come di quello urbano entrano in sciopero indefinito. Una serie di manifestazioni a El Alto mobilitano tutti i settori e le organizzazioni sociali, che convocano a partire dal 23 lo sciopero generale indefinito: riprende l’assedio alla capitale! Il 20 in parlamento si tenta di approvare, secondo i disegni del Mnr (principale partito della borghesia) una legge per la convocazione nell’anno corrente del Referendum per l’autonomia di Santa Cruz de La Sierra. Trecento tra sindacalisti e minatori guidati dal dirigente della Cob Jaime Solares irrompono in aula eludendo il controllo della polizia e mettendo in disonorevole fuga i parlamentari. Nel movimento con le sole eccezioni del Mas e della Conamaq (una delle principali organizzazioni indigene del paese), oramai si rivendicano la nazionalizzazione del gas senza indennizzo, le dimissioni di Mesa, la chiusura del parlamento.
Spinte autonomiste e ruolo dell’esercito
In questo contesto il Comitè Civico di Santa Cruz de La Sierra fa la unica cosa che gli resti fare: soffiare sul fuoco. Più si complicano le cose a livello nazionale, più la borghesia si arrocca nelle proprie pretese autonomiste, più la sua fortezza diventa la sua prigione, per quanto dorata. German Antelo dirigente del Comitè dichiara che di fronte all’impasse e le incertezze di governo e parlamento, a Santa Cruz il 12 agosto si voterà non solo per la elezione del Prefetto, ma anche per il Referendum autonomista, come afferma egli stesso “per difendere gli investimenti, per gestire direttamente le nostre ricchezze, contro la povertà e contro l’ingiustizia”.
Minatori delle imprese pubbliche e delle cooperative minacciano che marceranno in armi fino a Santa Cruz per impedire qualsiasi referendum. Un comunicato dei vertici militari annuncia che l’istituzione militare non accetterà, per questioni di prestigio e non solo, nessuna idea secessionista nè iniziative referendarie fuori dal recinto costituzionale.
L’esercito, con la sola eccezione delle diffide pronunciate al Comitè Civico Cruceño, sembra arbitro impassibile degli eventi e garante della costituzione. Ma è solo apparenza. Già durante le giornate del febbraio e dell’ottobre 2003 la partecipazione attiva di militari e quadri intermedi della polizia e dell’esercito aveva giocato un ruolo decisivo a favore delle lotte. Anche oggi si avverte che qualcosa di simile stia accadendo. Il ministro dell’interno Saul Lara denuncia che alcuni dirigenti dei settori sociali in lotta stanno bussando alle porte delle caserme per preparare un “colpo di stato”. La verità è che il dirigente della Cob Jaime Solares ha lanciato numerosi appelli affinché l’esercito combatta fianco a fianco degli operai, e chiede che emerga finalmente dalle forze armate un militare nazionalista che si opponga alla spoliazione della Bolivia e si presti a dar vita ad un governo civico militare con le dirigenze sindacali. Ad oggi un utilizzo dell’esercito da parte della borghesia per un golpe reazionario non sembra probabile.
Le manifestazioni non diminuiscono di intensità. Martedì 31 si calcola che le 5 o 6 manifestazioni in corso a La Paz avevano portato in piazza 800.000 persone. Il giorno prima il Presidente Mesa, intervenendo ad una parata militare, aveva definito i settori sociali in lotta una “piccola minoranza”!
Nelle varie marce e blocchi stradali, installati fuori La Paz o a El Alto è saltato agli occhi il differente atteggiamento delle varie organizzazioni. Mentre i campesinos guidati da Loayza e dai dirigenti indios del cosiddetto Pacto de Unidad hanno sfilato pacificamente in attesa della riunione del parlamento, operai, juntas vecinales, minatori e le Central Obreras Boliviana e quella Regional de El Alto (Cor) hanno sostenuto scontri contro le forze di polizia armate di lacrimogeni, mezzi speciali Neptuno, dotati di idranti, e non meglio specificati agenti chimici. E non c’è solo La Paz. Tra ieri 31 ed oggi 1° giugno le manifestazioni, i blocchi stradali, si sono estesi praticamente a tutta la Bolivia, con la sola eccezione di Santa Cruz de la Sierra. Il fronte il primo giugno, si è allargato allo sciopero nazionale di 48 ore dei lavoratori della sanità, il cui dirigente nazionale ha dichiarato “scioperiamo mettendo da parte le nostre rivendicazioni settoriali per unirci alla rivendicazione per la nazionalizzazione senza indennizzo del gas” ed allo sciopero della Central Obrera Departamental de Pando.
Quanto accade in questi giorni in Bolivia, specie a La Paz, dimostra una volontà di giocarsi il tutto per tutto da parte delle masse boliviane. Basta fare una visita al sito di Indymedia Bolivia per rendersi conto che la consegna generale, da La Paz a Cochabamba e in tutto il paese, è nacionalizacion o muerte. In realtà i lavoratori i contadini e gli studenti boliviani hanno ben chiaro cosa vogliono fare, come dimostrano i documenti della Cor, del sindacato giornalisti e quello dei minatori, che affermano tutti la necessità di dar vita ad un governo operaio e contadino: tutto questo andrebbe semplicemente organizzato a partire da quelle strutture di contropotere esistenti, quali sono diventate in questi anni di lotta le juntas vecinales di El Alto.
Il nostro compito, come comunisti, non è quello solo di raccontare ma di partecipare alle lotte rivoluzionarie come quella boliviana, diffondendone il messaggio e favorendone la comprensione e gli insegnamenti, in nome del nostro internazionalismo.
1 giugno 2005.
Questo è un riassunto di vari articoli pubblicati su questo sito.