Dal 2 Maggio la Bolivia è scossa da un nuovo sciopero generale convocato dalla Cob (Central Obrera Boliviana, principale sindacato del paese. ndr.). Infatti la tregua concessa al nuovo presidente Mesa da parte delle masse boliviane è durata ben poco. Il nuovo sciopero generale indefinito è stato preparato da una serie di mobilitazioni che hanno attraversato tutti i settori della società. Il 15 aprile migliaia di persone hanno partecipato ad una manifestazione a La Paz nella quale il dirigente della Cob Jaime Solares ha dichiarato che: “in Bolivia è in corso una guerra all’ultimo sangue”.
Alcuni giorni dopo è stata la volta degli studenti universitari che, dopo più di una settimana di mobilitazioni, hanno chiesto al governo un aumento del 27% delle risorse destinate all’Università, mentre il governo è stato in grado di offrire solo un misero 3%. Come conseguenza il 22 aprile gli studenti si sono uniti ai lavoratori dei trasporti ed ai piccoli commercianti in uno sciopero generale di 24 ore contro il carovita.
In questo contesto Mesa ha dovuto fare concessioni per prendere tempo e rispondere alle pressioni delle masse. Ha promesso la distribuzione di terre ai contadini, ha assicurato un aumento dei fondi all’università ed ha concesso un sussidio equivalente a 60 euro al mese agli ex minatori senza pensione. Come sempre le riforme sono il sottoprodotto della rivoluzione ma queste piccole concessioni non sono state in grado di placare la sete di riscatto dei giovani, dei lavoratori e dei contadini boliviani.
Ancora una volta l’elemento scatenante della ribellione popolare è stata la questione del gas. Di fronte ad una opinione pubblica boliviana che per l’81% è favorevole alla rinazionalizzazione del gas, di cui la Bolivia è il secondo produttore in America latina, il governo si è dichiarato indisponibile ad accettare questa richiesta ed anzi, oltre ad avere firmato l’accordo per la vendita del gas all’Argentina ed al Cile, ha anche proposto per il 18 luglio un referendum truffa sull’argomento in cui non è contemplata assolutamente la richiesta di nazionalizzazione del gas. Per contrastare questo referendum la Cob ha convocato un nuovo sciopero generale con blocchi delle principali arterie del paese ed ha dichiarato il proprio boicottaggio del referendum.
Allo sciopero generale ha aderito anche la principale organizzazione contadina del paese andino cioè la Confederacion Sindical Unitaria de Trabajadores Campesinos de Bolivia (Csutcb) che con marce e presidi ha bloccato anche la zona dell’oriente in particolare nella regione petrolifera del Cuevo.
Questo sciopero sta rappresentando uno spartiacque per l’intero movimento operaio e contadino.
Infatti se da un lato si stanno radicalizzando le forme di lotta con l’occupazione di vari centri minerari, la stessa Cob è stata attraversata da un dibattito che è decisivo per la rivoluzione boliviana. Da una parte le forme di lotta, soprattutto da parte del sindacato dei minatori, si sono ulteriormente inasprite, arrivando a dichiarare di volere occupare le miniere e di essere disponibili a difenderle con le armi. Dall’altra parte un settore, legato al Movimento al Socialismo (Mas) ed in particolare ad Evo Morales, lavora coscientemente per sabotare la lotta.
Come sempre il riformismo svela il suo vero volto nei momenti decisivi. Il Mas è oggi l’unico appoggio di cui gode il governo Mesa e lo stesso Evo ha dedicato gli ultimi mesi a cercare appoggio internazionale al nuovo governo arrivando al paradosso di chiedere aiuti a Chavez durante il recente incontro internazionale di solidarietà alla rivoluzione bolivariana, paradosso perchè si chiede aiuto a Chavez per sostenere un governo chiaramente filoimperialista.
Ma oltre a questo il Mas ha lanciato una campagna di diffamazione contro il segretario generale della Cob accusandolo di essere stato negli anni ‘80 sul libro paga del dittatore Garcia Mesa.
Da mesi Evo sta portando avanti una strategia attraverso la quale cerca di intimorire il movimento operaio e contadino sbandierando continuamente il pericolo di un golpe. Addirittura il deputato del Mas, Gustavo Torrico è arrivato a chiedere alla destra di “costruire un blocco delle forze democratiche” , proprio mentre la destra stessa diceva che “Carlos Mesa ha il compito di porre fine a questa situazione, una volta per tutte e usando il pugno duro contro coloro che creano instabilità nel paese” (El Diario 23-04-04). Questo stato di cose sta provocando una dinamica di forte polarizzazione nel sindacato con un tentativo, poi sconfitto, da parte del Mas, che ha il controllo di alcune federazioni di categoria e regionali della Cob, di sostituire Solares alla direzione del sindacato andino.
Oggi è più che mai aperto un dibattito sulla necessità di costruire uno strumento politico capace di dare risposte alle masse boliviane, un vero e proprio partito rivoluzionario. Infatti la stessa Cob, pur caratterizzandosi per un programma combattivo e per rispondere in modo sincero alle rivendicazioni delle masse manca di un metodo chiaro per estendere le mobilitazioni e condurle alla vittoria. Troppo spesso alle dichiarazioni combattive ed a volte addirittura rivoluzionarie del suo gruppo dirigente non si fa seguire la capacità di organizzare la rivoluzione e la presa del potere politico da parte della classe lavoratrice. Un’esempio di questo si è visto ad ottobre quando la direzione della Cob, dopo avere lanciato la parola d’ordine dell’insurrezione contro l’allora presidente Sanchez de Lozada, non avendo pronta un’alternativa di potere, si è trovata spiazzata di fronte al cambiamento del governo.
Non si sono organizzati comitati di sciopero nei posti di lavoro, nelle campagne e nelle università nè si sta costruendo in modo chiaro un’assemblea nazionale popolare e rivoluzionaria che raggruppi delegati eleggibili e revocabili dei lavoratori, dei contadini, degli studenti e soprattutto dei soldati. Questo sarebbe un modo per coordinare ed unificare le mobilitazioni e per costruire il legame necessario tra le masse ed i soldati legandoli al processo rivoluzionario e impedendo che la reazione usi l’esercito contro il popolo.
Con la rivoluzione alle porte
Il governo Mesa è un governo debole e non soddisfa le richieste delle masse ma neppure della classe dominante.
In questo momento si sta appoggiando ai dirigenti riformisti del Mas che negli ultimi mesi hanno dimostrato di essere terrorizzati dal movimento delle masse tanto quanto lo sono i capitalisti e l’imperialismo.
La verità è che senza l’appoggio “critico” di Evo il governo durerebbe meno di 24 ore. La borghesia continua a a manovrare contro le masse, pensa di usare l’esercito (alcuni soldati sono stati recentemente assolti dagli omicidi commesi durante l’insurrezione del febbraio 2003) ma nel breve periodo fintanto che le masse sono mobilitate non potranno usare l’arma della repressione di massa. Ci hanno provato ad Ottobre e questa ha fatto ulteriormente avanzare il processo rivoluzionario. Stanno cercando di prendere tempo ma se il referendum per loro sarà una sconfitta è chiaro che Mesa avrà finito di giocare anche l’esile ruolo di freno che gioca ora. L’unica possibilità che avrebbe la classe dominante sarebbe quella di usare direttamente Morales ed il Mas cercando di confondere e demoralizzare le masse per creare le condizioni, una volta che iniziasse il riflusso, per un nuovo e sanguinoso golpe militare.
Ma la prospettiva può essere anche un’altra. Quella della costruzione di un vero partito rivoluzionario che basandosi sulle straordinarie tradizioni di lotta del proletariato boliviano, in cui il trotskismo ha grandi tradizioni, e sull’esperienza degli ultimi mesi porti i lavoratori ed i contadini a sconfiggere definitivamente la borghesia parassitaria e l’imperialismo che hanno condannato questo splendido paese ad essere uno dei più poveri del mondo. Questo compito è nelle mani dei lavoratori, dei giovani e dei contadini della Cob e del Mas. Ancora una volta l’emancipazione degli sfruttati non può essere che opera degli sfruttati stessi.