Risposta al giudice Oziel Francisco de Sousa, che ha ordinato l’irruzione di 150 poliziotti all’interno della Cipla con l’obiettivo di chiudere la fabbrica
* Serge Goulart è il coordinatore del movimento delle fabbriche occupate in Brasile e membro del consiglio di gestione della Cipla, licenziato dalla magistratura.
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Il 31 maggio scorso, alle 7 del mattino, 150 poliziotti armati fino ai denti hanno fatto irruzione alla Cipla, fabbrica controllata dai lavoratori ed hanno imposto un commissario nominato da un giudice federale, secondo quanto richiesto dall’Istituto Nazionale di Sicurezza Sociale.
Il comitato di gestione eletto dai lavoratori ed altri lavoratori indicati dalla polizia sono stati allontanati dalla fabbrica o è stato loro impedito l’accesso.
Alla Cipla é stato imposto il terrore armato. Una delle prime misure adottate dal commissario é stata quella di coprire con un telo nero l’enorme insegna che campeggiava all’ingresso della fabbrica e che diceva: “Cipla, azienda sotto il controllo dei lavoratori”.
A poche ore dall’operazione di guerra messa in atto dalla Polizia Federale, è stata lanciata una straordinaria campagna di solidarietà a livello nazionale e internazionale, per esigere il ritiro degli agenti dalla Cipla.
Migliaia di messaggi sono arrivati al governo Lula e ai suoi ministri: a quello della Giustizia, Tarso Genro, responsabile della polizia federale, a Luis Marinho, del Ministero della Sicurezza Sociale, dal cui ministero è venuto l’ordine di intervenire alla Cipla, cosí come al Ministro del Lavoro, Carlos Lupi.
La reazione cosí forte e tempestiva ci ha dato la forza e la speranza per organizzare la resistenza contro questo provvedimento assurdo.
Il 31 maggio, poche ore dopo l’irruzione, ci siamo messi in contatto con il Ministro del Lavoro, Carlos Lupi, che si è detto contrario al provvedimento. Lupi ci ha assicurato che il suo Ministero si sarebbe messo al lavoro per far ritirare gli agenti dalla fabbrica e perché l’INSS ritirasse il provvedimento.
Ma ancora oggi, 5 maggio, il governo Lula non ha ancora fatto nulla di concreto perché questo avvenga e decine di poliziotti armati continuano a controllare totalmente la fabbrica.
È stato instaurato un clima di terrore. E come ai tempi della dittatura, è stata fatta una “lista nera” e si è scatenata la persecuzione politica contro i principali attivisti. Tutto questo è successo alla presenza e con l’appoggio attivo del presidente/gangster del sindacato del settore della plastica di Joinville, che ha abbandonato la Cut ed è conosciuto come amico dei padroni e da anni feroce nemico dell’occupazione di fabbriche. Questo falso sindacalista si è dedicato alla caccia agli attivisti in fabbrica insieme alla polizia ed è stato proprio lui ad aiutare a redigere la “lista nera”.
Nel frattempo, il commissario ed i suoi sottoposti hanno messo in atto un’infame campagna di calunnie contro i membri del Consiglio di fabbrica per demoralizzare i lavoratori e impedire ogni azione di resistenza.
Il commissario ha chiesto al giudice di mettere sotto processo piú di 40 lavoratori per “associazione a delinquere”, "ostacolo all’esecuzione di un atto giudiziario", “disturbo dell’ordine e della pace sociale”.
Ed il giudice, seguendo l’ondata di criminalizzazione dei movimenti sociali presente oggi in atto in Brasile, ha accettato la richiesta.
A meno di 24 ore dall’irruzione, un’assemblea, cui hanno partecipato piú di 100 persone ha costituito un Comitato per la cessazione dell’intervento contro la Cipla, formato dalla CUT (Central Única de Trabajadores, il rrincipale sindacato brasiliano), il MST (Movimiento Sin Tierra), il CDH (Centro de Derechos Humanos), deputati, consiglieri comunali, partiti e decine e decine di organizzazioni politiche e popolari.
Il Mst, da tempo nostro alleato, ci ha invitato a parlare al congresso nazionale che dal 12 al 15 di giugno riunirá più di 16mila delegati a Brasilia.
La CUT pubblica i nostri comunicati sul suo sito web. E siamo anche stati invitati a parlare al congresso della Confederación Nacional de Química (CNQ) della CUT, che riunisce i lavoratori del settore della plastica, petrolifero, chimico, della carta, della gomma, etc. Il sindacato ha già garantito che appoggerà la nostra lotta. Anche alcuni deputati federali hanno preso posizione a nostro favore.
Attestati di solidarietà sono arrivate anche dalle fabbriche recuperate dai lavoratori in Argentina, Venezuela, Bolivia, Uruguay, Paraguay ed altri paesi, dove gli operai stanno organizzando campagne di solidarietà con la nostra lotta.
La campagna di solidarietà si sta sviluppando in tutto il mondo. In numerosi paesi si sta facendo pressione sulle ambasciate del Brasile e i ministri del governo Lula ed il giudice federale responsabile dell’irruzione alla Cipla stanno ricevendo messaggi di protesta da tutto il mondo.
Anche la solidarietà che ha mostrato la popolazione di Joinville è stata straordinaria e, allo stesso tempo, confortante. In questo momento stiamo preparando per il 13 giugno un’iniziativa pubblica nazionale di fronte alla Cipla per esigere la revoca del provvedimento. E per il 12 giugno sono previste manifestazioni di protesta davanti all’Ambasciata brasiliana in numerosi paesi.
Per contrastare questa vastissima campagna, il giudice Oziel ha tentato invano di giustificare le sue decisioni attraverso un messaggio recapitato in automatico attraverso la sua posta elettronica.
Ma in realtà, l’obiettivo di quest’intervento giuridico/militare/poliziesco è chiudere la Cipla e liquidare il movimento nazionale delle fabbriche occupate che è strettamente vincolato a tutto il movimento della classe operaia brasiliana.
La nostra principale rivendicazione è sempre stata “Nazionalizzazione delle fabbriche occupate” (a difesa della funzione pubblica e sociale delle fabbriche), sotto il controllo democratico dei lavoratori. Però, né i padroni né i loro tirapiedi possono sopportarlo, perché sarebbe la dimostrazione pratica dell’inutilità dei capitalisti e del fatto che i lavoratori sono perfettamente in grado di amministrare e controllare le fabbriche a prescindere da questi parassiti. Se questo si può fare nelle fabbriche, perché non nella società in generale?
È per frenare tutto questo che sono intervenuti contro la Cipla. E lo stesso giudice Oziel lo ammette nella sentenza:
“Punto numero cinque, e probabilmente il piú importante effetto negativo che riguarda i costi sociali della condotta della fabbrica in questione (Cipla): accettando la tesi secondo cui tutto è lecito pur di mantenere mille posti di lavoro, si starebbe legittimando l’inaccettabile inosservanza delle leggi e abbattendo lo stato di diritto. Immaginate cosa succederebbe se diventasse una moda?”
A nostro avviso, quello che risulta inaccettabile è non rispettare i lavoratori e trattarli come schiavi del capitale. Inaccettabile è vedere uomini e donne umiliati per gli interessi dei potenti della classe dominante. Inaccettabile è vedere lavoratori disperati perché non sanno come dare da mangiare alla propria famiglia, mentre i ricchi diventano sempre più ricchi. Inaccettabile è vedere giudici e altri cariche dello Stato, agire al servizio della classe dominante ed usare tutte le forze di polizia e militari a disposizione per invadere una fabbrica e terrorizzare lavoratrici e lavoratori.
Di seguito risponderemo all’inaccettabile mail mandata in automatico dal giudice Oziel. E non possiamo neanche dimenticare che la richiesta d’intervento è venuta dall’INSS, Ministero della Sicurezza Sociale del governo Lula, che noi e tutti i lavoratori abbiamo contribuito ad eleggere per ben due volte. Anche questo è inaccettabile e indegno.
Sulle calunnie trasformate in provvedimento giudiziario con l’obettivo di chiudere la Cipla
Il 31 maggio 2007, a Joinville, nello stato di Santa Catarina, la Cipla, la pioniera e la più grande impresa del movimento delle fabbriche occupate, è stata invasa su ordine della Justicia Federal, e 150 uomini armati hanno imposto il sequestro giudiziario dell’impresa.
Com’è noto, dall’ottobre del 2002, i lavoratori della Cipla hanno occupato e assunto la gestione dell’impresa, come unica forma di garantire i posti di lavoro in maniera duratura e per effettuare i pagamenti dovuti ai lavoratori.
Da allora, il movimento delle Fabbriche Occupate, e in special modo la Cipla, è stata sottoposta quotidianamente alle minacce di chiusura dell’impresa, cosa che avrebbe lasciato senza lavoro 800 operai. L’origine di queste minacce, come il sequestro dei ricavi e le pressioni sul Comitato di Fabbrica, è chiara: gli antichi proprietari, per piú di 15 anni, non hanno pagato tasse, stipendi, prestazioni sociali, fornitori, etc. il passivo, da loro lasciato, supera i 600milioni di reales, e considerando multe e interessi potrebbe arrivare a 1.000 milioni di reales, circa 500 milioni di dollari americani.
Il debito è stato contratto quasi interamente con lo stato centrale e con quello federale, e questo fa sì che si renda necessaria una trattativa e il prevalere del buon senso, con l’obiettivo di mantenere la fabbrica aperta per garantire i quasi mille posti di lavoro. E questo anche per far sì che un giorno lo Stato possa ricevere parte di quello che mai, in piú di due decenni, ha ottenuto dagli ex-proprietari.
Quando fu occupata, la Cipla era in bancarotta e in via di chiusura. Questo lo sanno tutti, anche le autorità che hanno firmato l’Accordo di Lavoro, che ha dato il controllo della fabbrica ai lavoratori. Ci hanno offerto le azioni dell’impresa e le abbiamo rifiutate. Siamo lavoratori e fratelli di tutta la nostra classe, e non proprietari di una fabbrica in fallimento.
Senza capitale, senza nessun tipo di aiuti da parte del governo, abbiamo iniziato praticamente da zero e oggi, in Cipla, sismo arrivati a fatturare più di 3 milioni di reales al mese, quasi 1 milione e mezzo di dollari. Con questi profitti, riusciamo a pagare i salari, comprare le materie prime e siamo anche riusciti a pagare quasi il 90% dei salari arretrati e non pagati dagli ex padroni.
Inoltre, siamo anche arrivati ad un accordo con il Tribunale del lavoro e abbiamo pagato i debiti che i padroni avevano con gli antichi lavoratori, circa 2 milioni di reales. Abbiamo versato i contributi e l’imposta sul reddito che spetta ai lavoratori, dichiarando però impossibilità di versare la parte che spetta al padrone.
Tutto ciò lo abbiamo sempre reso pubblico e dal 2003, lo abbiamo comunicato ai ministri dello Statu Sociale, del Lavoro, dell’Economia ed anche allo stesso presidente Luis Inácio Lula da Silva, in più di un’occasione.
Fin dal giorno dell’occupazione abbiamo cercato di giungere ad un accordo con l’INSS sui debiti lasciati dagli ex-padroni, ma ci siamo sempre scontrati con un rifiuto ingiustificato e inspiegabile. ma che adesso capiamo.
Gli attuali dirigente dell’INSS non hanno nessun interesse a riscuotere il debito, sono solo interessati a chiudere la fabbrica e liquidare così il movimento politico delle fabbriche occupate. Infatti, la vendita di tutto il patrimonio dell’impresa non coprirebbe neanche il 10% del debito.
Per questo, una Commissione creata dalla Presidenza della Repubblica con tecnici del BNDES, BRDE y BADESC (banche statali per lo sviluppo) è arrivata alla seguente conclusione:
"Le imprese [Cipla e Interfibra] realizzano attivi e sono molto ben amministrate. Il problema è il passivo pregresso impossibile da pagare. La soluzione raccomandata per salvare questi mille posti di lavoro è che tale passivo, dovuto quasi totalmente al governo federale e statale, venga trasformato in azioni che andrebbero al BNDES, BRDE y BADESC. Si risolverebbe così questo problema sociale e si renderebbero queste imprese totalmente libere di lavorare ". (Rapporto diretto al Presidente della Repubblica dal Sovrintendente del BRDE per conto della Commissione).
Nel 2004, abbiamo introdotto il sabato non lavorativo, riducendo la giornata di lavoro a 40 ore settimanali, e nel dicembre 2006 abbiamo ridotto ulteriormente la giornata arrivando a 30 ore settimanali. E tutto ciò senza riduzioni salariali e senza diminuire i profitti.
Tutte le principali decisioni si prendono in assemblea e la fabbrica è amministrata da una Commissione e da un Consiglio, eletti dai lavoratori. Le decisioni amministrative e finanziarie vengono prese direttamente da un Comitato amministrativo e finanziario, il Caf, di 10 membri, designato dal Consiglio. I vari turni di lavoro, eleggono dei rappresentanti che entrano a far parte del Caf.
Le elezioni sono annuali e si svolgono sempre nel mese in cui venne occupata la fabbrica, e tutti votano nomi o liste, secondo le modalità stabilite dall’assemblea sovrana.
E adesso lo Stato, per mezzo dell’INSS (cioè il potere esecutivo) chiede l’intervento attraverso la Justicia Federal. Queste sono le stesse istituzioni che per lunghi anni non hanno fatto nulla, non hanno controllato nè sanzionato i responsabili di piú di vent’anni di frode fiscale, che si sono appropriati in maniera indebita delle prestazioni sociali dei lavoratori e continuano a vivere da milionari nell’assoluta impunità.
Fino ad oggi, la “giustizia” non ha mai indagato rispetto ai beni personali degli ex-padroni. Il giudice Oziel sa perfettamente che potrebbe arrivare ai beni personali dei soci, attraverso il meccanismo della responsabilità condivisa. Tuttavia, si sa che questa possibilità fornita dalle leggi non gli interessa.
Il giudice Oziel, pur dichiarando di operare nel rispetto dello “Stato di diritto”, non fa “giustizia”, ma gioca il ruolo del padrone, ponendo il valore della proprietà privata al di sopra di qualsiasi altro valore sociale.
Riporto qui una parte del messaggio che un famoso intellettuale ha inviato da São Paulo ai ministri e al Presidente Lula:
“.. l’azione giudiziaria e della polizia non solo è ingiusta e moralmente insostenibile: è anche illegale. La Costituzione brasiliana protegge la proprietà privata, ma sottolinea che la proprietà privata è legittima solo se ha funzione sociale. Quando la Cipla e Interfibra erano in mano agli antichi padroni, svolgevano una funzione antisociale. Servivano solamente come mezzo utile ai dirigenti per continuare a commettere i loro crimini, mettendo le fabbriche nell’impossibilità di continuare a produrre ricchezza e creare posti di lavoro. Sotto controllo operaio, Cipla e Interfibra svolgono una funzione sociale insostituibile nel contesto della città di Joinville”
Nella sua lettera, il giudice dice:
“è legittimo sostenere che la società brasiliana in generale, e quella di Joinville in particolare, non possono essere obbligate a sopportare questo alto costo sociale, basato esclusivamente sulle argomentazioni del comitato dei lavoratori, argomentazioni totalmente prive di base empirica, che sostengono che per salvaguardare i posti di lavoro non c’è nessuna soluzione alternativa al mancato pagamento delle tasse dovute”.
Mancato pagamento??? I lavoratori vogliono onorare tutti debiti, ma sempre tenendo conto dello stato reale dell’impresa, e andando ad incidere sui beni personali degli antichi amministratori, i veri evasori. È impossibile onorare tutti i debiti di un’impresa andata in fallimento.
Costo sociale? Cosa intende il giudice per costo sociale?
“Uno, il prezzo di questi mille posti di lavoro è, in ultima istanza, l’esenzione totale, ampia e senza restrizioni dal pagamento delle imposte tributarie e degli oneri sociali dell’impresa, cosa che non può essere tollerato da una società onesta, i cui membri pagano puntualmente tasse e contributi”.
Ma di che esenzione parla questo giudice? Noi abbiamo raccolto tutto il denaro possibile e abbiamo rispettato tutti gli accordi presi con il Tribunale del lavoro, con il Ministero dell’Economia e con il governo statale. E che tasse si potranno pagare se l’azienda chiude?
Il giudice prosegue nel suo delirio:
“Due, rinunciando a versare i milioni di reales che si devono come tasse arretrate, l’impresa commissariata e tutte quelle del gruppo impediscono che queste risorse tornino alla comunità di Joinville sotto forma di servizi e benefici. Di fatto, è grazie alla riscossione delle tasse che lo Stato compie la funzione di garantire i diritti piú essenziali dei cittadini.
Poiché il denaro del Grupo Cipla, non arriva nelle casse del Paese, i cittadini di Joinville, ne soffrono indirettamente, perché vedono ancor più ridotta la possibilità di ottenere maggiori investimenti, ad esempio, nel sistema della pubblica istruzione. Basta accendere la televisione e vedere il tg di mezzogiorno per vedere come la comunità di Joinville non siano stati fatti investimenti nel sistema della sanità pubblica. Mancano le ambulanze, i letti degli ospedali, medicine, medici..”
Allora, sono la Cipla e i suoi lavoratori i responsabili del caos nella Salute, nell’Istruzione e nell’Edilizia pubblica presenti nel Paese?
Perché il giudice non parla dei milioni destinati alla spesa sociale che il Bilancio Federale storna sui conti di banchieri, delle multinazionali e dei latifondisti?
Perché non parla dei suoi amici padroni che devono milioni alla sicurezza sociale e continuano a essere liberi di camminare per strada, bere whisky scozzese, vino francese e viaggiare in jet privati?
Sono i lavoratori quelli che hanno sempre denunciato l’evasione fiscale, pratica di routine nel mondo imprenditoriale brasiliano. Sono i lavoratori coloro che hanno sempre reclamato che le tasse vengano pagate per poi utilizzare i fondi al fine di dare risposta alle richieste più urgenti da parte del popolo.
I lavoratori delle fabbriche occupate non godono di nessun tipo di esenzione fiscale, al contrario di altre imprese che in questo modo truffano e/o ricevono fondi pubblici. Questa tesi falsa ed ipocrita del giudice non regge.
E il giudice prosegue:
“incalcolabile è anche il costo sociale generato dalla competizione sleale. Non pagando tasse, la fabbrica commissariata, può collocare i propri prodotti sul mercato a prezzo infinitamente più basso, sfavorendo gli imprenditori che osservano i loro obblighi sociali. Queste, senza l’illegale e sleale concorrenza della Cipla, potrebbero certamente crescere fino ad assorbire facilmente i mille posti di lavoro di cui si vanta tanto l’azienda morosa.
Il giudice parla di competizione sleale. Ma di cosa parla, senza nessun tipo di conoscenza della situazione?
Il nostro listino prezzi è pubblico e competiamo, per altro perdendo il più delle volte, con le aziende concorrenti. Queste sì sono giganti multinazionali come la Tigre (che l’anno scorso ha fatturato 1.300 milioni di reales), la Amanco, svizzera e la maggiore del settore al mondo, fra le altre. Ed è assurdo dire che senza la Cipla, queste imprese crescerebbero e assumerebbero i mille lavoratori. È ridicolo.
Alla fine, il giudice lascia trapelare la sua visione conservatrice, reazionaria e criminale e mostra l’ideologia che la orienta, nel brano già citato
“Punto numero cinque, e probabilmente il piú importante riflesso negativo del costo sociale della condotta della fabbrica in questione (Cipla): accettando la tesi secondo cui tutto è lecito pur di mantenere mille posti di lavoro, si starebbe legittimando l’inaccettabile inosservanza delle leggi e abbattendo lo stato di diritto. Immaginate cosa succederebbe se diventasse una moda?”
Il giudice Oziel sa perfettamente quello che dice quando scrive “Immaginate cosa succederebbe se diventasse una moda?”. Secondo il giudice “l’effetto negativo del comportamento della fabbrica commissariata” è l’esempio pratico che la Cipla fornisce alla classe lavoratrice. Questo è il problema.
La Cipla è un esempio di lotta e di vittoria dei lavoratori, che hanno assunto il controllo e l’amministrazione di un’azienda totalmente in bancarotta ed hanno migliorato le condizioni di vita e lavoro. I lavoratori hanno messo in questa avventura tutto il loro coraggio e hanno sviluppato la coscienza necessaria per occupare e recuperare la produzione, controllando i mezzi di produzione, “cacciando via a calci” i padroni che avevano messo a repentaglio la società e tutti i lavoratori della Cipla per più di vent’anni.
Ed il giudice che parla di “stato democratico di diritto” manda le truppe come richiesto dall’Inss, quindi dal governo, e instaura il terrore. Il suo obiettivo era chiudere la Cipla e questo è palese nella decisione del giudice Oziel:
“In altre parole, probabilmente è questo il momento propizio perché la società di Joinville faccia la seguente riflessione: è proprio vero che il mantenimento del Grupo Cipla, in queste condizioni, è un bene per la società? Non sarà forse che, in questi termini, l’esistenza della Cipla non è più un male che un bene sociale, considerando che beneficia una minoranza a discapito della maggioranza?”
Se la Cipla è un male, allora bisogna estirparlo. E con il terrore armato. Nulla di più chiaro.
E per questo, dal 21 maggio, giorno in cui ha firmato la “Decisione giudiziaria”, il giudice ha preparato in segreto una cospirazione giudiziaria/poliziesca. E nel giro di dieci giorni ha organizzato e riunito truppe federali per realizzare l’operazione.
E il giudice fa tutto ciò spalleggiando, in maniera totalmente ipocrita, tutte le calunnie di quel gangster politico conosciuto come presidente del sindacato del settore della plastica, nonostante queste calunnie siano state confutate dallo stesso sistema giudiziario. Il traditore ha più di dieci procedimenti giudiziari in corso in seguito alle nostre denunce per diffamazione e calunnie.
Quindi il giudice basa la sua decisione su calunnie e affermazioni diffamatorie assurde, pur di giustificare la sua reale posizione: la difesa dei padroni e l’obiettivo di chiudere le fabbriche occupate.
Ed è per questo che, al di là della mobilitazione e della campagna nazionale e internazionale, stiamo prendendo tutte le misure legali per esigere l’immediata sospensione dell’intervento in Cipla e il reintegro della direzione della fabbrica eletta dai lavoratori.
Stiamo anche chiedendo al presidente Lula e al Ministro della Sicurezza Sociale, Luis Marinho, di disporre l’immediato ritiro del provvedimento contro la Cipla fatto dall’Inss.
Speriamo così di aprire una nuova fase di trattativa per riparlare di proposte e accordi, non solo con l’Inss ma anche con gli altri creditori, considerando però che lo Stato deve assumere la sua parte di responsabilità sotto tutti gli aspetti.
Non abbiate dubbi. Porteremo avanti la lotta e la resistenza fino alla fine. Stiamo parlando della classe lavoratrice e del suo diritto inalienabile di lottare per un lavoro ed una vita dignitosa. La nostra è un’impostazione socialista, ed i socialisti non hanno il diritto di abbandonare la lotta per liberare la classe lavoratrice da questo mondo di oppressione e sfruttamento.
Viva la lotta della classe lavoratrice in Brasile e nel mondo intero!
Viva la lotta delle fabbriche occupate per il futuro dell’umanità!
Joinville, 5 giugno 2007
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