Il 26 febbraio, Cisl, Uil e ConfCommercio hanno siglato l’ipotesi d’accordo del rinnovo del contratto del Commercio, contribuendo ad un ulteriore precarizzazione delle condizioni lavorative e un’ulteriore passaggio di poteri nelle mani dei padroni nell’organizzazione del lavoro.
Un epilogo nei suoi contenuti che introduce fedelmente l’applicazione del collegato al lavoro e l’accordo separato del 22 gennaio 2009.
I punti principali:
1. sono previste deroghe peggiorative al contratto nazionale per gli accordi di secondo livello (territoriale o aziendali) mentre la stessa contrattazione decentrata è svuotata per le possibili modifiche “migliorative”;
2. c’è un peggioramento del pagamento della malattia: nei primi tre giorni, è previsto il pagamento al 100% solo per le prime due malattie all’anno, poi per la 3° e la 4° malattia l’azienda paga solo il 50%, e dalla 5° malattia in poi: zero retribuzione per tutti e tre i giorni (sono escluse solo le malattie superiori a 11 giorni); si prevede la possibilità della “fuoriuscita” dall’assicurazione Inps per le malattie;
3. si introducono le norme del collegato del lavoro su certificazione dei contratti e sull’arbitrato;
4. il monte ore dei permessi individuali è legato all’anzianità di servizio; si incrementa il sistema degli enti bilaterali e dei fondi previdenziali e sanitari integrativi; contratti part-time di 8 ore settimanali per i fine settimana; aumento dei periodi di prova; aumento delle domeniche lavorative obbligatorie; tregua sindacale (cioè divieto di sciopero) proprio durante le trattative sindacali;
5. Aumento di 86 euro nel triennio al 4 livello, esattamente il valore stabilito dall’Ipca (da sottrarre 2 euro mensili che i lavoratori dovranno versare al FondoEst).
La Filcams ha immediatamente convocato il proprio direttivo e la segreteria ha proclamato 4 ore di sciopero in aggiunta a quello che si terrà il 6 maggio. Sosterrà l’esigenza di un referendum certificato. In oltre ha convocato un’assemblea nazionale dei delegati del commercio il 14 marzo a Milano. Da una prima riunione nazionale convocata urgentemente però sono emerse con grande evidenza le arretratezze ed i limiti oggettivi dei segretari territoriali, riassunte anche nella relazione iniziale del segretario generale. Posizioni difensive, preoccupate dalla rottura dei rapporti unitari e dall’agibilità che si deteriorerà negli Enti Bilaterali: insomma sono letteralmente disorientati da un passaggio per loro inaspettato che li terrà fuori dai giochi.
A differenza dello scorso accordo separato, poi rientrato da una scelta assurda in cambio di un “patto per il lavoro”, specchio per le allodole in termini di garanzie occupazionali e contrattuali delle aziende in periodo di crisi, ovviamente mai applicato, oggi le condizioni sono complessivamente diverse. Il piano complessivo dei padroni è di ottenere la totale libertà di sfruttamento del lavoro sia sul piano legislativo che contrattuale, con la scusante della crisi e aiutati dall’assenza sul piano politico di un riferimento di massa delle esigenze dei lavoratori oltre che da un sindacato nel suo complesso collaborazionista del potere ed una Cgil fortemente titubanti. Tutto ciò si scontra tuttavia con la resistenza crescente dei lavoratori, che non consentirà un rientro ed una normalizzazione dei rapporti.
Proprio l’investimento sul conflitto e le lotte dei lavoratori, l’apertura di una grande stagione di contrattazione nelle aziende per ripristinare i diritti rubati negli ultimi accordi, anche attraverso mobilitazioni innovative che coinvolgano i consumatori, rimane l’unica ricetta che permetta di ridare dignità delle condizioni di lavoro e una crescita dei livelli di coscienza di classe a quasi 2 milioni di lavoratori e lavoratrici.