In lotta per salvare la Polti sud! - Falcemartello

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In lotta per salvare la Polti sud!

Cosenza - Mercoledì 25 gennaio uno sciopero generale blocca la valle del Savuto per protestare contro la decisione della proprietà di chiudere la Polti Sud di Piano Lago (Cosenza) che rischia di lasciare 180 famiglie senza un reddito e sancire la progressiva desertificazione industriale di un territorio sempre più colpito dalla crisi e dalla speculazione dei padroni.

Il corteo è numeroso, oltre 2.000 tra operai, cittadini e studenti. Per due ore l’autostrada Salerno-Reggio Calabria è bloccata. Rivendicano l’apertura di una trattativa che la proprietà rifiuta: decisione “irrevocabile”, dicono.

Aperto nel 1999 per usufruire dei finanziamenti previsti dalla 488 (i contributi pubblici ammontano al 60% dell’investimento totale), per alcuni anni il nuovo stabilimento ha garantito alla famiglia Polti (di origine calabrese, ma con stabilimento principale a Como) profitti da capogiro, anche grazie agli sgravi previsti dalla L. 407 che esenta dal pagamento dei contributi per tre anni e ad un regime di bassi salari, con i lavoratori inquadrati arbitrariamente al secondo livello. I finanziamenti pubblici continuano a cadere a pioggia per interventi di ammodernamento produttivo e per il conseguimento delle certificazioni.

In assenza di qualsiasi tutela sindacale i lavoratori sono stati sottoposti per anni ad uno sfruttamento selvaggio e ad una pressione costante per aumentare i ritmi di produzione (vengono negate perfino le pause per andare al bagno) fino a quando non sono riusciti ad eleggere una Rsu per rispondere ai continui abusi. La risposta dell’azienda è stata immediata: tre licenziamenti tra cui un delegato Fiom, un attacco a cui i lavoratori risposero con 15 giorni di sciopero ad oltranza cominciato il 29 maggio del 2004, costringendo l’azienda ad un passo indietro.

Un anno dopo, scaduti i vincoli della L. 488, la proprietà tenta, durante un periodo di cassa integrazione, di svuotare lo stabilimento dei macchinari, un’operazione sventata ancora una volta dall’intervento dei lavoratori che hanno bloccato i cancelli. A settembre la minaccia di non pagare i salari se non si fosse permesso il trasferimento di 6 macchine (su 22) nello stabilimento principale della Polti, a Como. L’atteggiamento predatorio della famiglia Polti emerge anche da alcuni dettagli: vecchi macchinari pagati a caro prezzo a suo tempo alla Polti, sono stati riammodernati a spese della Polti Sud e rivenduti alla casa madre ad un prezzo irrisorio. Il 5 gennaio l’annuncio dello smantellamento definitivo “per crisi di mercato”. I lavoratori entrano di nuovo in sciopero ad oltranza e presidiano i cancelli. Ne abbiamo parlato con due operai dello stabilimento.

Quali sono le novità?

Il quadro ci sembra molto chiaro: la famiglia Polti si è messa in tasca tutti i benefici del finanziamento pubblico ed ora vuole fuggire con la cassa, invocando una pretesa “crisi di mercato”. In realtà sappiamo che parte degli ordinativi saranno dirottati su fornitori cinesi. Questa non è una situazione nuova per il nostro territorio, anzi si potrebbe definire ormai cronica. Sono ormai numerosi i casi simili al nostro in tutta la regione. A pagare come sempre siamo noi lavoratori e le nostre famiglie.

Durante la manifestazione “miracolosamente” è giunto l’annuncio della convocazione di un tavolo di trattativa a Roma per il 30 gennaio. Parteciperemo direttamente alla trattativa. I sindacalisti potranno consigliarci, ma a decidere dovranno essere i lavoratori. Chiediamo il ritiro immediato dei licenziamenti. Il nostro obiettivo minimo è ottenere la Cassa integrazione straordinaria per un anno ed avviare una discussione con l’azienda su un piano industriale di rilancio.

Se la trattativa non dovesse portare a nulla di positivo è chiaro che la lotta dovrà intensificarsi. Avremo bisogno dell’appoggio e della solidarietà degli altri lavoratori ancora più di prima. La situazione economica delle nostre famiglie comincia ad essere difficile perché viene a mancare spesso l’unica fonte di reddito. Nel giugno 2004 la Fiom ci aiutò durante lo sciopero ad oltranza a sostenere le famiglie. Una cassa di resistenza sarà necessaria se vogliamo durare a lungo nella lotta.

 

Avete provato a stabilire contatti con i lavoratori della Polti a Como?

Purtroppo i tentativi fatti finora non hanno dato risultati. L’unica rappresentanza sindacale sembra essere della Fim-Cisl e finora non hanno risposto agli appelli. Forse c’è paura, o qualcuno pensa che la famiglia Polti garantirà i livelli occupazionali a Como. A tutti i lavoratori di Como chiediamo di riflettere attentamente: se è vero che una parte della produzione sarà spostata in Cina, cosa impedirà in futuro al padrone di seguire questa strada colpendo i lavoratori dello stabilimento principale? A quel punto, se noi avremo perso la lotta, saranno da soli a lottare. No, il momento giusto per lottare è questo. Se sapremo essere uniti possiamo vincere.