Francia - Pcf a congresso - Falcemartello

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Francia - Pcf a congresso

Quale alternativa al liberismo?

La discussione congressuale del Pcf si svolge dopo otto mesi in cui la Francia è stata scossa da tre avvenimenti politici di prima grandezza: la vittoria del NO al referendum sulla Costituzione europea, la lotta in Corsica dei marittimi contro la privatizzazione- contrastata dal governo facendo intervenire reparti speciali dell’esercito - e la rivolta giovanile di novembre nelle periferie parigine e poi di tutto il paese. La polarizzazione di classe e politica è molto aspra. Grandi opportunità si aprono per l’azione dei comunisti.

Deciso a perseguire una politica padronale a costo dell’impopolarità, il governo di De Villepin continua a portare avanti un programma reazionario a tutto campo contro le condizioni di lavoro, l’indennità di disoccupazione, le pensioni e lo stato sociale. La Francia capitalista è seduta sopra un vulcano. La destra, pur se dotata di una ampia maggioranza parlamentare, sinora è stata salvata soltanto dall’indecisione della sinistra riformista e delle burocrazie sindacali, che in più occasioni hanno rinunciato a porre alle lotte l’obiettivo della caduta del governo.

Il peso del Pcf

Il Pcf è di gran lunga il partito con maggior radicamento nella Cgt, il principale sindacato dei lavoratori francesi. Questo elemento indica l’importanza delle scelte politiche assunte da quel partito per le sorti di tutto il movimento operaio. A destra come a sinistra, dopo il tracollo elettorale avuto alle presidenziali del 2002, si erano levate voci per predire “la morte del Pcf”. Non sta accadendo nulla di tutto questo. Anzi, sin dal 2002 la Gioventù Comunista (JC) ha conosciuto una certa rinascita e alle elezioni regionali del 2004 il Pcf ha recuperato voti. Quando la classe lavoratrice si trova di fronte un governo di destra, riemergono le riserve di appoggio di cui godono partiti che, per quanto abbiano un gruppo dirigente riformista, sono riconosciuti da decenni e a livello di massa come portavoce della classe lavoratrice.

Tuttavia, riconoscere questi fatti non basta a comprendere la posta in gioco davanti ai militanti comunisti. È infatti da constatare che, nonostante la ripresa della lotta di classe in Francia a partire dal 1995, il livello di militanza del Pcf è calato. Un calo di militanza mentre aumenta la combattività giovanile ed operaia rileva un problema nella linea seguita. Da anni cresce nella base del partito la rabbia per gli effetti disastrosi provocati dalle due ultime partecipazioni del Pcf al governo in alleanza col partito socialista (1981-1984 e 1997-2002). In entrambe i casi il Pcf si piegò alle politiche borghesi del Partito socialista accettando privatizzazioni, licenziamenti di massa nell’industria statale, leggi anti-immigrati, guerre imperialiste e ingenti regali fiscali al padronato francese. La questione della partecipazione ad un prossimo eventuale governo di sinistra è dunque per forza di cose uno dei temi al centro del dibattito. È un fatto positivo perché riflette i dubbi crescenti rispetto alla prospettiva di andare al governo per gestire le esigenze dei capitalisti.

I “27 obiettivi”

La direzione nazionale del Pcf, in vista del congresso, ha redatto un testo, “27 obiettivi per un programma politico orientato a sinistra”, che sarà discusso dagli iscritti in tutte le sezioni. Quali sono le idee cardine? Sin dalle prime righe il testo propone di rompere col “liberismo” ma non col capitalismo. È un gioco di parole? Sembra proprio di no. Infatti, si denunciano le ingiustizie e gli orrori del capitalismo fornendo poi l’idea di potere risolvere i problemi generati da tale sistema economico all’interno dello stesso quadro capitalista. Così, ad esempio, la direzione del Pcf presenta un piano per cancellare la disoccupazione basato essenzialmente su sovvenzioni statali e crediti agevolati per quei capitalisti che facciano “sforzi reali per il lavoro, la formazione ed i salari” o realizzino “investimenti creatori di impiego” (il testo intero si trova sul sito www.pcf.fr).

Sulle privatizzazioni regna un’ambiguità pericolosa. Il testo parla di “tornare indietro sulle privatizzazioni” ma non avanza la parola d’ordine della rinazionalizzazione dei settori privatizzati. Si propone invece la creazione di “poli pubblici e cittadini” da gestire in base ad “un senso di responsabilità pubblica e nazionale”. Queste frasi vaghe sono simili a quelle utilizzate dai dirigenti socialisti e sono state la copertura per l’ingresso di capitali privati nella gestione di servizi pubblici durante l’epoca dei governi Jospin (1997-2002) che privatizzarono per 31 miliardi di euro.

Il testo alterna alcune proposte riformiste (aumento del salario minimo, diritto di voti per gli stranieri ecc.) a proposte di legge che si pretende possano obbligare i capitalisti ad “assumersi le loro responsabilità sociali ed ambientali”! In ultima analisi, si tratta della vecchia idea riformista di proporre alla classe dominante un’altra logica, diversa da quella della ricerca del massimo profitto.

Le opposizioni

Al precedente congresso circa il 45% dei militanti si era espresso a favore dei tre testi alternativi presentati in opposizione alla direzione uscente. Anche in questo congresso ci saranno tre testi critici della politica moderata della direzione (Gremetz, Gerin e i “Rosso vivo”). È però da sottolineare che i dirigenti di queste tendenze, alcuni di essi sono parlamentari o sindaci, non si sono in questi anni distinti dalla direzione nazionale. Basti per tutti l’esempio di André Gerin, sindaco di Venissieux, il quale durante la rivolta delle periferie si è espresso per il coprifuoco decretato dal governo di destra!

Anche in questo congresso, i testi alternativi sono ispirati da tendenze che, con qualche sfumatura, si rifanno a formulazioni staliniste tinte inevitabilmente di nazionalismo. L’abbandono di ogni germe di internazionalismo di classe è anche violento quando, ad esempio nel testo di Gerin, si avanza la parola d’ordine “produrre francese” come mezzo per contrastare le delocalizzazioni. Difficilmente i padroni francesi presteranno orecchio ad appelli patriottici quando si tratta di tutelare i loro profitti! Invece di organizzare l’unità dei lavoratori al di là della loro nazionalità su scala internazionale, gli “oppositori” si preoccupano di lanciare un’alleanza coi padroni “patriottici”. Sono deviazioni già conosciute. Negli anni ‘80 l’allora segretario del Pcf, Marchais, accettò un piano di licenziamenti previsto dalla Renault a condizione che essi fossero fatti in Spagna e non in Francia.

Dinanzi alla crisi dell’industria capitalista l’unica parola d’ordine in grado di rispondere all’urgenza ed alla profondità dei problemi che si ergono di fronte ai lavoratori in lotta contro le chiusure è quella della nazionalizzazione e del controllo operaio delle imprese. Di questo però non c’è traccia. Nei testi degli oppositori ci sono, è vero, alcune parole d’ordine più avanzate come l’introduzione del blocco dei licenziamenti, il controllo con potere di veto dei consigli di fabbrica sui licenziamenti “borsistici”, la rinazionalizzazione dell’azienda elettrica e del gas. Tuttavia, l’insieme di queste rivendicazioni si ferma a mezza strada senza avanzare l’idea di basare il programma di un partito comunista sulla necessità di spezzare il dominio dei monopoli con l’esproprio ed il potere dei lavoratori. Non dicendo questo si dà una prospettiva limitata e ristretta alla critica, generale nei testi degli oppositori, sull’ingresso nella Sinistra Europea, considerata socialdemocratica e filo-Ue.

Evitare il tema della presa del potere conduce gli oppositori a ricadute riformiste piuttosto grossolane: il documento di Gremetz chiede ad esempio la riforma dell’Onu e delle istituzioni finanziarie internazionali (Wto e Fmi) subito dopo aver tuonato contro l’imperialismo…

La discussione congressuale riveste grande importanza ma non è l’ultima parola nella lotta per un Pcf comunista. La Gioventù Comunista è da tempo entrata in una fase di fermento. Per la prima volta da decenni le idee autentiche del marxismo, comprese quelle di Trotsky, sono discusse in un partito la cui burocrazia per decenni le aveva bandite. La direzione nazionale della Gioventù comunista, ha recentemente cercato di commissariare la gioventù comunista di Tolosa, definita “non in linea”, perché schierata a sostegno delle posizioni della tendenza marxista organizzata attorno alla rivista la Riposte. Questo tentativo di imbavagliare delle idee sta causando una discussione vivace tra i giovani comunisti a livello nazionale.

I compagni francesi della Riposte stanno conquistando un consenso crescente anche nel partito. Non sono in condizione oggi di presentare un documento alternativo per il congresso ma il loro contributo sul programma e la partecipazione del Pcf al governo, pubblicato sull’Humanitè, il quotidiano del Pcf, sta suscitando interesse e discussione in tutto il partito a dimostrazione che nessun apparato potrà fermare in Francia la discussione sull’attualità del marxismo.

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Appendice

Tratto dal contributo dei compagni de “La Riposte” (pubblicato l’11 gennaio 2006 sulla Tribuna congressuale dell’Humanitè)

“…Lo sfruttamento e la disuguaglianza sociale dipende dalla proprietà privata dei mezzi di produzione. Il nostro programma deve spiegare chiaramente che è possibile sostituire il capitalismo con un sistema basato sulla proprietà pubblica dei mezzi di produzione. Non si tratta di espropriare i piccoli commercianti. Ma tutte le banche e le compagnie di assicurazione, i gruppi industriali e le grandi catene di distribuzione dovranno essere nazionalizzate e sottoposte al controllo democratico dei lavoratori…”