Malgrado l’incessante propaganda dei mass media, il divario tra ricchi e poveri cresce continuamente su scala globale. A differenza di quello che vorrebbero farci credere, ciò che abbiamo davanti agli occhi è un trasferimento di ricchezza dai paesi più poveri a quelli più ricchi ad una scala mai vista prima nella storia.
Le Nazioni Unite e i suoi numerosi organismi, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), sono tutti presi a propagandare, in maniera ridicola, un’iniziativa dopo l’altra per dimostrarci che stanno facendo del proprio meglio per ridurre la maledizione della povertà. Analogamente, le ONG e molte altri istituzioni simili si sono trasformati in una vera e propria industria per eliminare la povertà, ma hanno fallito completamente nel realizzare quest'obiettivo perfino in questo 21° secolo così avanzato. Sono diventate organizzazioni affariste e hanno un interesse diretto nel proseguire e far perdurare la miseria. Non deve sorprendere il fatto che ogni volta che i lavoratori si sibellano contro questa povertà, tali organizzazioni e istituzioni vengono spinte a versare lacrime di coccodrillo e, nel frattempo, fanno tutto il possibile per far deragliare e screditare i movimenti attraverso l’uso dei media internazionali.
Nel Capitale , Marx scrisse che “Ogni capitalista ne ammazza molti altri. (...) Con la diminuzione costante del numero dei magnati del capitale che usurpano e monopolizzano tutti i vantaggi di questo processo di trasformazione, cresce la massa della miseria, della pressione, dell’asservimento, della degenerazione, dello sfruttamento, ma cresce anche la ribellione della classe operaia che sempre più s’ingrossa ed è disciplinata” (libro primo, capitolo 24°, pag. 825. Editori riuniti, 1980)
Non ha importanza quanto gli economisti borghesi provino a nascondere questa situazione allarmante: le previsioni di Marx non sono mai state così vere quanto lo sono oggi. La concentrazione della ricchezza a livello nazionale, regionale o continentale è diseguale e sproporzionata. Di tutta la ricchezza globale (200 trilioni di dollari), la parte che va all'Africa, India, America Latina e Cina è, rispettivamente, dell 1%, 2%, 4% e 8%. Sommando tali percentuali, il 15% della ricchezza viene spartita tra 4,2 miliardi di persone (il 60%) su una popolazione mondiale di 7 miliardi. Dall’altro lato, Europa e Nord America arrivano a spartirsi uno sbalorditivo 63% di ricchezza, mentre la popolazione complessiva in queste due aree del mondo è di appena 1,3 miliardi (il 18.6%).
Questa disparità, tuttavia, è solo un lato della medaglia. In ogni paese o regione la distribuzione della ricchezza è estremamente diseguale. Non tutte le persone che abitano in un paese ricco sono ricche e, analogamente, chi vive in un paese povero non è automaticamente povero. Ad ogni modo, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi è un fenomeno comune in entrambi gli scenari.
A livello globale, gli Stati Uniti sono uno dei paesi più iniqui in termini di distribuzione della ricchezza, dal momento che l’1% più ricco della popolazione controlla 57 mila miliardi di dollari cioè il 35% della ricchezza, mentre il 10% più ricco controlla effettivamente l’80% della ricchezza. Una base pari all’80% della popolazione ha accesso solo al 7% della ricchezza. Allo stesso modo, l’India è uno dei paesi più poveri, ma tra i 100 uomini più ricchi nel mondo, tre provengono proprio dall’India, malgrado tutta la loro ricchezza sia nascosta nelle banche dei paesi dell’occidente, lontano dagli istituti finanziari.
Un’analisi della disparità economica su scala globale mostra che l’1% più ricco del pianeta possiede il 43% della ricchezza e che il 10% della popolazione ne controlla l’83%. Inoltre, il 50% delle persone più povere ha accesso ad appena il 2% delle ricchezze, e l’80% della popolazione possiede solo il 6% della ricchezza mondiale. Le 300 persone più ricche al mondo hanno più ricchezza di quanta ne possiedano i 3 miliardi di persone più povere. Osservando il processo da un'altra angolazione, le 200 persone più ricche al mondo hanno più di 2,7 mila miliardi di dollari di beni patrimoniali, mentre 3,5 miliardi di poveri hanno accesso a soli 2,2 mila miliardi di dollari. Negli ultimi 20 anni, il reddito dell’1% più ricco della popolazione è cresciuto del 60%, e dalla crisi del 2008 questa ingiustizia è cresciuta di parecchio. Non ha importanza in che modo si esamini questa profonda disuguaglianza sociale, il risultato finale è spaventoso e straziante.
La novità principale dal punto di vista economico e finanziario dell’epoca attuale è stata l’eliminazione di tutte le barriere e dazi doganali per garantire un continuo, inarrestabile, violento e totale flusso libero della finanza. Questo libero scambio di valuta ha giocato un ruolo decisivo nell’odierno tracollo e crisi finanziaria del capitalismo, rendendo gli stati nazionali totalmente impotenti alla mercè del capitale finanziario.
Questa situazione è stata descritta correttamente da Marx ed Engels nel loro Manifesto Comunista del 1848. Hanno previsto che l’evoluzione del capitalismo e la sua globalizzazione avrebbero reso gli stati nazionali impotenti. Una delle ragioni della crescita continua dei debiti degli stati è che per le multinazionali e per chi è più ricco è semplicissimo evadere le tasse. Questo costringe gli Stati a chiedere più prestiti e, di conseguenza, i debiti nazionali finiscono per crescere a livelli allarmanti. Nessuna forma di regolamentazione o legge e nessun tentativo di imporre tasse sui profitti e su tali patrimoni vergognosi, impediscono a questi enti avvoltoi il trasferimento di quell’illecita ricchezza verso i paradisi fiscali esteri. Ciò, a sua volta, porta ad un aumento dei deficit della bilancia commerciale e di quella dei pagamenti in deficit, svalutazione delle valute e un peggioramento della crisi economica.
Nessun paese sulla terra è al sicuro dalle ruberie e dal saccheggio delle multinazionali. Le multinazionali sono in prima fila nel trasferimento, ogni anno, di miliardi di dollari nei paradisi fiscali esteri. Per dare un’idea a tale riguardo, General Electric, Pfizer, Microsoft, Apple e Merck hanno trasferito, rispettivamente, 108, 73, 60, 54 e 53 miliardi di dollari. Evadendo in questo modo le leggi sulle imposte, appena 60 grandi società hanno trasferito, annualmente, 1300 miliardi di dollari in questi paradisi fiscali. Secondo una stima, le persone più ricche al mondo hanno depositato 32.000 miliardi di dollari nei paradisi fiscali. Questa somma è 8 volte più elevata del debito complessivo dei paesi del terzo mondo, che è di circa 4000 miliardi di dollari.
Nel mondo in via di sviluppo, l’economia nascosta è una via importante per queste transazioni monetarie. Secondo l’ente nazionali anti-crimine dell’India (CBI), nel 2012, gli abitanti più ricchi dell’India hanno depositato 500 miliardi di dollari nelle banche svizzere. Il governatore della Banca di Stato del Pakistan, Yasin Anwar, il 2 ottobre ha detto che 25 milioni di dollari al giorno sono stati fatti uscire in maniera illegale dal Pakistan. In altre parole, su base annuale, 9 miliardi di dollari sono stati portati fuori. Questa cifra è 1,5 volte più elevata del pacchetto di salvataggio che il FMI ha previsto di dare a questo paese nell’arco di tre anni, con condizioni severe ed elevati tassi di interesse. Ciò dimostra che il carattere della borghesia dei paesi in via di sviluppo non è diverso da quello delle grandi società imperialiste. Secondo un report della Global Integrity, dal 1990 al 2008 sono stati trasferiti dai paesi più poveri come l’Angola, l’Etiopia e lo Yemen 97 miliardi di dollari.
Duecento anni fa i paesi ricchi erano tre volte più ricchi di quelli poveri. Alla fine degli anni ’60, quando il periodo coloniale stava giungendo al termine, questo rapporto era pari a 35 volte. Oggi i paesi più ricchi hanno una ricchezza 80 volte superiore rispetto a quella dei paesi poveri, il che è la riprova che lo sfruttamento del Terzo Mondo è cresciuto di molto dalla fine formale dell’era coloniale. Le nazioni ricche dell’occidente imperialista hanno fornito “aiuti” per circa 130 miliardi di dollari alle nazioni povere, ogni anno; tuttavia i monopoli multinazionali, hanno trasferito 900 miliardi di dollari dai paesi in via di sviluppo alle banche delle nazioni ricche ogni anno. Inoltre, i paesi poveri pagano un interesse annuale di 600 miliardi di dollari sui propri debiti ai paesi ricchi e agli enti finanziari imperialisti, prestiti che sono stati ripagati più volte!
Le politiche e le leggi (tagli invece che diritti, lavoro a basso costo e materiali scadenti, prodotti finiti e tecnologia sovrapprezzo, ecc.) imposte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto), dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e dalla Banca Mondiale costano 500 miliardi di dollari alle nazioni in via di sviluppo. Solo nell’ultimo decennio, le multinazionali hanno occupato terre in diversi paesi del terzo mondo per un’area equivalente all’intera Europa Occidentale. Il prezzo di mercato di queste terre non scende sotto i 2000 miliardi di dollari.
Tutto ciò serve per evidenziare il fatto che il capitalismo non è il destino ineluttabile dell’umanità. Solo per mezzo di una rivoluzione socialista si può porre termine a questa terribile disparità economica e rendere l’umanità libera nel vero senso della parola.