Centrodestra sconfitto, ma l’alternativa non c’è
Se quelle promesse si nutrivano anche della viltà dell’allora governatore Soru, dimessosi nel bel mezzo di una crisi economica senza precedenti perché non era riuscito a imporre il suo diktat agli alleati in consiglio sul piano paesaggistico, e rinunciando così, per volontà propria, a mostrarsi come interlocutore nelle vertenze, ora è chiaro che solo la lotta (che non si avvia certo al termine) può portare a casa il risultato. E che questa presa d’atto sia diffusa tra i lavoratori nonostante siano a tutt’oggi privi di direzione politica e sindacale, ha certo i suoi risvolti, anche sul dato elettorale. Aggiungendo anche il fatto che altre promesse, come il rifacimento della Sassari-Olbia (ribattezzata la strada della morte), sono svanite nel nulla, notiamo come gli elementi di disaffezione nei confronti della Giunta Cappellacci ci siano tutti.
Ma è tutto oro quel che luccica? In un comunicato stampa dei vertici della Fds sarda si parla di “avviso di sfratto per Cappellacci”. Vale però la pena di prendersi la colpa di provare a contraddire questa rinnovata euforia, se non altro per non illudere i militanti sinceri di Rifondazione e Pdci.
Innanzitutto bisogna tenere conto dell’astensionismo. Quando una grossa fetta della popolazione manifesta un distacco dalla politica e dai partiti, quando l’astensionismo non punisce forze che si collocano al di fuori degli schieramenti (come ad esempio gli indipendentisti di Irs), quando questo astensionismo è dovuto a un mancato radicamento sociale della sinistra, è ovvio fare fronte, snaturando il Dna di un partito comunista, alle alleanze come unica ancora di salvezza.
Così, all’indomani del secondo turno, ecco pronto anche il comunicato stampa di Ferrero: “il centrosinistra unito vince!”. Lasciando perdere il poco luccichio di questa affermazione che, solo per fare un esempio, contraddice quanto successo nella sua regione (il Piemonte) nelle amministrative di marzo, è utile anche guardare le dinamiche dello schieramento opposto per comprendere meglio il dato del ballottaggio.
È indubbio che nella vittoria di Milia a Cagliari abbia pesato anche in termini di voti la spaccatura tra Farris (Pdl) e il senatore dissidente Massidda fermo al primo turno.
Non è azzardato pensare al ruolo attivo di quest’ultimo nel punire il suo partito. Idem per quanto riguarda la città di Porto Torres dove la destra sconfitta al primo turno ha preferito la “sinistra” di Scarpa (già assessore di destra al comune qualche anno fa) al Pd dell’uscente Mura.
C’è quindi poco da gioire per i risultati odierni, soprattutto se li si vuole utilizzare per giustificare le politiche di domani. La Fds non brilla (eccezion fatta per il Medio Campidano) di fronte ai suoi competitors: Sinistra e Libertà certamente, ma anche Irs, che raccoglie innanzitutto un voto giovane, ma anche di protesta nei confronti dei due schieramenti (italiani per loro, borghesi per noi).
Quello che manca è una prospettiva generale di intervento nelle lotte, invischiati come siamo nelle politiche delle alleanze e nell’istituzionalismo sfrenato a discapito del radicamento. Ma proprio in Campania, la regione dove abbiamo ottenuto il peggior risultato elettorale nel marzo scorso, vediamo il rovescio della medaglia, ovvero la costruzione del partito della lotta operaia, come ci stanno dimostrando i compagni del circolo Fiat-Avio del Prc di Pomigliano. Solo in questo modo si può risalire la china.
7 luglio 2010