Le amministrative del capoluogo siciliano rivestono un ruolo fondamentale poiché, nei fatti, propedeutiche alle regionali del 2013 e laboratorio per alleanze nazionali future.
Da dicembre scorso ad oggi abbiamo assistito ad una vera e propria farsa che ha visto lo scomporsi ed il ricomporsi di alleanze politiche nel tentativo di soddisfare le esigenze della classe padronale siciliana: in questo contesto va letto il ricorso alle primarie del centrosinistra fortemente volute dal Pd come chiaro segnale di apertura nei confronti del terzo polo. Se la strategia del Pd è chiara non si può dire altrettanto però di quella del Prc che, nella sua vocazione all’istituzionalismo (il leit motiv degli ultimi anni), si è buttato a capofitto nell’ennesima negoziazione di un’alleanza elettorale.
Ancora una volta la maggioranza del nostro partito sbaglia la propria collocazione e persevera a percorrere la strada della subalternità al centro. L’errore è tanto più evidente a causa dell’adesione alle primarie del centrosinistra: le primarie rappresentano per la borghesia un ottimo metodo per imbrigliare la sinistra, l’espediente attraverso cui far accettare la subordinazione ai poteri padronali da parte della classe lavoratrice.
A ciò s’aggiunga ciò che era opportuno prevedere: la sconfitta del candidato sostenuto dalle sinistre (in questo caso Sel, Idv e Fds). Ci sorprende a tal proposito che molti compagni abbiano parlato dell’esito delle primarie come indicativo di uno spostamento a destra della coalizione del centrosinistra: viene da chiedersi se davvero ci si voglia nascondere dietro un dito. Non è forse indicativo di un partito neoliberale e pertanto votato agli interessi padronali quanto accaduto in Sicilia fino ad oggi?
Il Pd siciliano supporta le scelte del terzo polo dal 2009: lo sanno bene i siciliani che hanno subìto la riforma della sanità vedendosi tagliare nosocomi di fondamentale importanza, per non parlare poi della gestione dei servizi tra cui spiccano rifiuti, acqua e trasporti, o delle vertenze siciliane relative a Rfi, Termini Imerese e la cantieristica (per citarne alcune), sui quali il Pd non ha speso una parola o ha, al peggio, sostenuto privatizzazioni e avallato la perdita di posti di lavoro. In questo contesto conta ben poco la moralità e l’onestà della candidata Rita Borsellino (eurodeputata Pd) se spesa per nascondere agli occhi di chi vota a sinistra la natura liberale e moderata della coalizione.
Come tutti sanno, alla fine ha vinto Ferrandelli, un candidato orientato all’apertura nei confronti del terzo polo, aprendo un conflitto durissimo del centrosinistra.
Il Prc siciliano si è trovato del tutto impreparato a questo esito, e ha operato di conseguenza svolte degne di un equilibrista da circo: dapprima si è appellato alla Borsellino perché si candidasse ugualmente a sindaco di Palermo con un’azione antagonista a quella del Pd, per poi, una volta incassato l’ovvio no, sollecitare ancora una volta il Pd a prendere una posizione rispetto alla vittoria di Ferrandelli per non scardinare l’equilibrio del centrosinistra. Infine, i vertici del Prc locale insieme a Ferrero accolgono con entusiasmo la candidatura di Orlando, alternativa a Ferrandelli, affermando di “avere a lungo lavorato senza tentennamenti per raggiungere questo obiettivo”. Se c’è una cosa su cui il partito non ha avuto tentennamenti è nella sua continua subalternità alle scelte di altri, il vero zenit della propria politica.
Era proprio impossibile nei mesi scorsi lanciare una candidatura di classe alternativa fin dal principio alla destra, al terzo polo e al centrosinistra, rivolgendosi ai protagonisti dei conflitti e dei movimenti presenti a Palermo?
Questa vicenda ha decretato il fallimento della linea strategica del gruppo dirigente del Prc, e indebolirà con ogni probabilità il nostro partito in termini di militanza e rappresentanza.
A riguardo riteniamo indispensabile sottolineare che per risolvere il problema della rappresentanza di Rifondazione non esistono alternative ad un paziente lavoro di radicamento nella società e all’attuazione di un programma comunista basato su una difesa intransigente dei diritti dei lavoratori che rompa le compatibilità imposte da questo sistema.