Vota 4 sì per i diritti delle donne
Il 10 marzo 2004 è stata approvata la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, una legge contro le donne che, come tante altre del governo Berlusconi, deve essere abrogata. L’ampio fronte che l’ha sostenuta in Parlamento (molti voti a favore sono venuti anche dal centrosinistra) ci impone una battaglia a tutto campo per mettere in piedi una solida campagna politica in difesa dei diritti delle donne. Purtroppo il referendum per l’abrogazione integrale della legge non è stato accettato dalla Corte costituzionale e questo ci mostra la debolezza degli strumenti istituzionali per tutelare i nostri interessi. Ciononostante sarà importante promuovere un’ampia partecipazione se non altro per mandare un segnale alle “alte sfere della politica” che i nostri diritti non possono essere calpestati come se nulla fosse.
Vediamo brevemente i temi dei quattro quesiti referendari.
Il primo quesito richiede l’abrogazione delle parti della legge che vietano il congelamento degli embrioni non impiantati nell’utero della donna e vietano la ricerca sulle cellule staminali degli embrioni non utilizzati.
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Scienza al servizio della collettività
Al tempo stesso non possiamo negare come lo sviluppo della scienza abbia migliorato enormemente le condizioni di vita dell’umanità, a partire da quell’atto elementare che è nascere e per il quale tanto facilmente in passato le donne morivano. Le donne hanno beneficiato dello sviluppo della scienza medica ed è immorale impedire loro l’accesso ai risultati di questo sviluppo.
Tuttavia la ricerca scientifica è fortemente condizionata dal sistema sociale in cui viviamo, il capitalismo, perché gran parte dei finanziamenti derivano dalle varie multinazionali le quali sostengono i progetti più redditizi dal loro punto di vista. La stessa moralità della scienza è piegata a questi interessi. Gli studi genetici che, secondo alcuni studiosi, influenzerebbero il comportamento umano hanno trovato un’applicazione negli uffici aziendali dove si opera la selezione del personale, o rappresentano la guida agli interventi nelle realtà sociali disagiate, che vengono ritenute tali a causa di deviazioni genetiche e che per questa ragione vengono trattate con sostanze psicotrope.
Quindi non è necessario risalire fino ai nazisti e ai loro esperimenti per dimostrare la superiorità della razza ariana per trovare un utilizzo “immorale” della scienza: ciò che conta è al servizio di chi opera la ricerca scientifica.
La soluzione non può che passare per una critica profonda del capitalismo e che veda nel suo rovesciamento l’emergere di un sistema che ponga al servizio della collettività le risorse economiche e scientifiche, attraverso la nazionalizzazione delle multinazionali e del sistema finanziario e ponga sotto il controllo dei lavoratori queste risorse come primo passo nella giusta direzione. Di una cosa siamo certi: non saranno i divieti della legge ad assolvere l’opera di moralizzazione: quando in Italia esisteva il divieto di aborto e la quasi totalità del corpo medico si copriva dietro la moralità di questa legge, ciò non impediva ad una gran parte di questi benpensanti di aggirare la legge facendo abortire le donne nelle loro cliniche private per cifre astronomiche.
Difendere il diritto alla salute della donna
Il secondo quesito riguarda la salute della donna e la sua autodeterminazione. In esso si chiede l’abrogazione di tre parti della legge: 1) dove si limita l’accesso alla Pma alle coppie con problemi di infertilità/sterilità, escludendo quindi quelle con gravi malattie, 2) dove si impone alla donna l’impianto di tre embrioni per ciclo, senza poter tornare indietro sulla propria decisione, 3) dove si vieta la diagnosi pre-impianto, ovvero si impone di impiantare in utero anche eventuali embrioni malati, con il risultato di dover sottoporsi, a gravidanza iniziata, ad un amniocentesi che può indurre ad un aborto terapeutico. Queste parti della legge sono particolarmente odiose perché molto invasive, intanto perché la cifra dei tre embrioni stabilità per legge costringe molte donne, dopo estenuanti trattamenti ormonali, o a dover ricominciare da capo perché nessuno dei tre embrioni ha attecchito o a dover portare avanti una gravidanza plurigemellare. In nessun momento la legge prevede che il percorso del trattamento sia nelle mani della donna con l’ausilio del suo medico: questa legge espropria la donna del controllo sul proprio corpo e sulla sua maternità.
Giù le mani dal diritto d’aborto!
Il terzo quesito riguarda la natura dell’embrione; il referendum chiede di abrogare quelle parti che conferiscono all’embrione personalità giuridica. Secondo la legge 40, l’embrione ha gli stessi diritti della madre ai diritti della quale può anche contrapporsi. Con questa parte della legge si completa l’attacco al diritto all’autodeterminazione delle donne. È evidente qui il tentativo di sovvertire uno dei principi fondamentali della 194, la legge che tutela il diritto all’aborto, ovvero il diritto pieno della madre di decidere se avere o meno un figlio, di decidere del proprio corpo perché l’embrione altro non è che una parte del corpo della donna.
Il quarto quesito chiede l’abolizione del divieto della fecondazione eterologa ovvero del divieto ad utilizzare gameti di donatori esterni alla coppia. Questo divieto è particolarmente assurdo perché impedisce a chi ha problemi di sterilità totale di accedere alle tecniche di riproduzione assistita e quindi l’obiettivo stesso della legge è quasi inficiato. L’argomentazione del legislatore è legata alla tutela dell’integrità biologica della coppia e della famiglia; questa argomentazione è particolarmente penosa per tutte quelle famiglie con figli adottivi, che a questo punto pare vengano considerati di serie B, e in generale offre una visione di integrità familiare che non corrisponde alla realtà della vita quotidiana. Basti qui ricordare il rapporto di Amnesty International secondo il quale il 70% delle donne vittime di un omicidio sono state uccise dal loro partner. Vale quindi la pena di ribadire che il legame genitori/figli che deriva da una scelta consapevole è superiore a qualsiasi legame biologico.
Questa legge riguarda direttamente un numero molto limitato di persone (26mila sono le coppie che hanno fatto richiesta di intervento ai centri specializzati), ma è chiaro che quanto si afferma nella legge riguarda tutti, in primo luogo le donne, ma non solo. Lo scontro politico aperto dalla convocazione di questo referendum è sintomatico della portata politica della legge 40. Ruini ha fatto appello a disertare le urne, fortunatamente (sic!) la Cei esclude la scomunica per i cattolici che non si atterranno alle direttive, ma il cardinale Mario Francesco Pompedda parla di “disobbedienza grave e imprudente”. Buttiglione ha affermato che un cattolico che va a votare “o è uno stupido o è un traditore”.
La ragione di tali intemperanze è legata all’esigenza della Chiesa e della destra in generale di veicolare l’idea della subordinazione della donna, all’uomo, allo Stato, alla Chiesa e su queste basi promuovere la conservazione sociale, lo status quo. In un contesto di crisi del sistema sul piano economico, sociale, politico e dei valori, la Chiesa ha iniziato la sua campagna per riaffermare il suo ruolo.
È ora anche per le donne di riaffermare i propri diritti contro l’oscurantismo della Chiesa e per dire che con questa ideologia nessuno ci guadagna se non le classi abbienti. Esigiamo il rispetto dei nostri diritti, contro chi vuole affossare il diritto all’aborto, la sanità pubblica, rivendichiamo uno stato sociale degno di questo nome e il diritto ad un lavoro dignitoso. Siamo consapevoli che solo così si difende la vita, quella vera, vissuta da milioni di donne e di uomini.