Arriva anche in Italia la Ru486, la pillola abortiva tanto demonizzata dalla Chiesa e da una Lega Nord sempre più arrogante che detta la linea politica del Governo anche su questo versante. Dobbiamo fare chiarezza su questo nuovo metodo abortivo e fugare ogni dubbio innescato da chi tutto d’un tratto si scopre paladino dei nostri corpi e della nostra salute, ma soprattutto di una legge, la 194, che in realtà mai come in questo momento è sotto attacco.
Con l’arrivo della Ru486 anche in Italia ora si può abortire per via farmacologica senza dover passare dalla sala operatoria. Il farmaco blocca i recettori del progesterone (ormone fondamentale per lo sviluppo della gravidanza), inibisce lo sviluppo embrionale, favorendo così il distacco dell'embrione dalla parete uterina: il processo di espulsione è simile a quello di una mestruazione. Può avvenire poche ore dopo o entro i due giorni successivi. Questo trattamento deve avvenire entro la settima settimana di gestazione a differenza dell'aborto chirurgico il cui limite è di 12 settimane e 6 giorni. La novità sta nel fatto che la pillola è molto meno invasiva perché evita la sala operatoria e così l’anestesia. A chi dice che la Ru486 mette a rischio la vita delle donne rispondiamo che la sicurezza della pillola abortiva è ormai comprovata da un’esperienza ventennale in più parti del mondo. Nel 2003 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ne ha confermato la validità inserendola, nel 2005, nella lista dei farmaci essenziali.
La pillola del Demonio
In Europa gli unici paesi a non adottarla sono Polonia, Lituania e Irlanda dove l’aborto è vietato. Il percorso di approvazione è stato al centro di aspre polemiche. Dopo che il 30 luglio scorso il consiglio d’amministrazione dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) aveva espresso il suo parere favorevole alla commercializzazione del farmaco, una volata di scudi si è alzata da parte della componente cattolica in Parlamento perché ci fossero ulteriori indagini. Minacce di scomunica sono arrivate dalla Chiesa e continui appelli sono giunti contro la cosiddetta pillola killer. Dopo vari stop e nuove verifiche, l’Aifa ha riconfermato che non ci sono controindicazioni che impediscano la circolazione della pillola. Dal 10 dicembre 2009 dunque, la Ru486 è entrata definitivamente a fare parte dei farmaci utilizzabili. Tuttavia, il nodo ora è quello del ricovero. Come già detto il metodo chirurgico necessita dell’ospedalizzazione, diversamente l’aborto farmacologico può essere eseguito in regime di day hospital. Se sul fronte dell’immissione del farmaco non si è riusciti ad ottenere gran che, ci riprovano ora sui modi di somministrazione, rilanciando con una campagna che punta al ricovero coatto delle donne.
Il Consiglio superiore di Sanità ha così deliberato che la pillola dovrà essere somministrata solo in ospedale e che la donna dovrà rimanere ricoverata dal momento dell'assunzione del farmaco fino alla verifica dell'espulsione del prodotto del concepimento, quindi per un periodo che può arrivare ad essere di tre giorni. In questo modo non si vuole fare altro che colpevolizzare ulteriormente le donne alle prese con una scelta così difficile e dolorosa, oltre che continuare a sostenere che questa pillola è pericolosissima e che quindi è necessario un monitoraggio continuo attraverso il ricovero.
Secondo la destra, infatti, con la Ru486 non si fa altro che rendere ancora più facile l’aborto, le donne saranno sole al momento dell’espulsione e questo fa gridare allo scandalo. Il Ministro del welfare Sacconi ha aggiunto che “se non si riscontrerà la effettiva, diffusa, pratica del ricovero ospedaliero, si evidenzierà una manifesta incompatibilità con la legge 194”. In altre parole staremo in agguato pronti per tornare all’attacco. Va precisato, che resta salvo il diritto costituzionale secondo il quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario e quindi ciascuna donna, dopo aver preso la pillola sotto il controllo del medico, potrà comunque decidere di firmare e lasciare l’ospedale, come di fatti sta già avvenendo.
L’assalto leghista...
Il vero problema ora sarà nel passaggio alle Regioni le quali agiscono in autonomia per quanto riguarda le prestazioni sanitarie e quindi sta a loro inserire nel prontuario regionale il farmaco, oltre che fissare le linee guida per la sua somministrazione, quindi decidere se optare per il ricovero o il day hospital. Cota, il neo presidente leghista della regione Piemonte è stato chiaro: “Per me può anche rimanere nei magazzini”, così anche l’altro neoeletto in casa Lega, Luca Zaia, presidente della regione Veneto. Altre regioni hanno visto i loro rappresentati schierarsi nella campagna contro la Ru486, come Calabria e Lombardia, e certamente hanno nelle mani ampi strumenti per rallentare o scoraggiare l’utilizzo della pillola.
Le previsioni di commercializzazionedella Ru486 fanno pensare a numeri piuttosto risicati, ma lo spazio dedicatovi dalla Lega e dalle gerarchie vaticane che si sono schierate contro il farmaco suggerisce la natura del tutto politica di questo argomento.
In particolare il Presidente della Conferenza episcopale italiana, Angelo Bagnasco, una settimana prima del voto è entrato a piedi uniti nella campagna elettorale per orientare il voto cattolico: “Quale solidarietà sociale è possibile se si rifiuta o si sopprime la vita, specialmente la più debole?”. Per i vescovi italiani con l’impiego della Ru486 “l'aborto sarà prolungato e banalizzato”, così Bagnasco si auspica “che la cittadinanza inquadri con molta attenzione ogni singola verifica elettorale, sia nazionale sia locale e quindi regionale”. Un attacco frontale alle candidate del centrosinistra in Lazio e Piemonte, Bonino e Bresso, che si erano appena espresse a favore dell’impiego della pillola abortiva nelle strutture sanitarie che dipendono dalle regioni.
…e quello del Vaticano
La Chiesa cattolica strumentalizza la salute della donna e il diritto alla vita solo ed esclusivamente al fine di garantirsi una diretta rappresentanza politica a tutti i livelli delle istituzioni.
Viene in mente il fenomeno “pedofilia”. L’ex portavoce del Vaticano Joaquin Navarro-Valls scopre che il 33% delle bambine e il 20% dei bambini subisce atti di pedofilia, che solo una piccolissima parte sono a carico dei rappresentanti di Dio e che dunque è in atto una grave strumentalizzazione contro la Chiesa e il Papa in generale.
In questo caso la vita non è un valore in sè, e l’offesa della vita da parte di un prete va relativizzata a un più ampio dramma sociale. Senza vergogna: due pesi e due misure.
L’obiettivo è sempre lo stesso: l’autorità del capo consacrata dalla Chiesa non si tocca, chi è destinato ad essere discriminato, che siano donne, lavoratori o bambini indifesi deve subire in silenzio, accettando il suo posto, in onore ai valori del capo. Proprio una bella ideologia, che trova una piena identificazione di obiettivi fra il Vaticano, la destra e la Lega in particolare. Ciò che è certo è che nel frattempo c’è stato tutto il tempo per demonizzare quanto basta chiunque farà uso della pillola.
Del fiato che è stato sprecato a sostegno delle donne per non lasciarle sole, non una parola è stata spesa perché lo Stato con le sue strutture e le sue risorse si impegnasse per investire nella salute delle donne.
Se le donne oggi sono sempre più sole, questo non succede perché possono abortire con metodi meno invasivi ma perché c’è chi gli aumenta l’età pensionabile, come ha fatto il Ministro Sacconi o perché non esiste uno stato sociale di qualità sul quale poter contare. Colpevoli sono governi e amministratori, di centrodestra e centrosinistra, responsabili del progressivosmantellamento dello stato sociale, di privatizzazioni e dei lauti finanziamenti dati ad organizzazioni come Cl o ai movimenti per la vita che si scagliano come belve contro una donna che decide del proprio corpo. Al centro non c’è la salute della donna, ma si vuole usare a pretesto questo dibattito per condannare e demonizzare le donne.
La legge 194 è il frutto della lotta di lavoratori e lavoratrici che più di trent’anni fa lottavano uniti per ottenere maggiori diritti, sul proprio posto di lavoro ma anche per la propria vita e la propria autodeterminazione. Non è un caso che molte delle conquiste di allora siano oggi sotto attacco. Nel momento in cui la crisi del capitalismo incombe sulla vita di milioni di lavoratori e lavoratrici alla classe dominante serve avere un maggior controllo sulla vita delle persone, a partire dalle donne, anello più debole di questa società patriarcale; e lo fa anche per mezzo di quel potente strumento di controllo ideologico che è la Chiesa.
La risposta a questo affronto è solo una. La ridiscesa in campo delle donne e della classe lavoratrice.