Institution of Mechanical Engineers ha recentemente pubblicato uno studio sulla capacità di produzione di beni alimentari a livello mondiale in rapporto al previsto aumento della popolazione.
Stimando che la popolazione mondiale arrivi a 9,5 miliardi di persone per il 2075, si pone il problema di garantire adeguata alimentazione a tutti. Da un lato questo necessita di una discussione sulla produttività di campi e allevamenti, ma lo studio si sofferma su un altro problema: quanto cibo viene perso dal campo alle bocche dei consumatori?
Si stima che fra il 30 e il 50 per cento del cibo prodotto si perde prima di raggiungere lo stomaco umano. In termini assoluti parliamo di 1,2 – 2 miliardi di tonnellate di cibo buttate.
Soprattutto nei paesi meno sviluppati il cibo si perde per inadeguati sistemi di raccolta, conservazione, stoccaggio e trasporto. In Cina, nonostante il rapido sviluppo, si perde il 45% del riso prodotto. In Vietnam l’80%.
Nei paesi sviluppati sono i criteri di marketing a selezionare: in Gran Bretagna il 30% della produzione agricola non viene raccolta perché non rispecchia le indicazioni di dimensione e aspetto richieste dai rivenditori. Si aggiunga il cibo eliminato dai supermercati perché invenduto e quello non usato dai consumatori indotti ad acquistarne più del dovuto con le cosiddette “offerte” (si stima un 30-50% di cibo buttato in casa).
Lo studio non considera un’altra voce: il cibo in perfette condizioni distrutto consapevolmente per non far abbassare il prezzo di mercato, con trattori che passano su campi di arance, quote-latte o incendi di campi.
Questi dati gridano vendetta considerando che secondo i dati Fao nel periodo 2011-2013 nel mondo, le persone denutrite sono ben 842,3 milioni!
Le tecnologie per eliminare questo problema esistono e lo studio si conclude con alcune indicazioni che, temiamo, resteranno lettera morta. Il problema in fondo è semplice: la produzione e la distribuzione del cibo deve essere tolta dalle mani delle grandi aziende e gestita sotto il controllo dei lavoratori, che hanno come obiettivo l’adeguata nutrizione di tutti e non l’obesità dei portafogli di pochi.