Le elezioni di aprile in Ungheria hanno visto una netta vittoria del Fidesz, il partito di destra del premier Viktor Orban, che ha raccolto il 44,4% dei consensi, mentre la principale forza di opposizione, Alleanza democratica (una coalizione di centro-sinistra che comprende socialisti e liberali) si è fermata al 25,9%. Il risultato più clamoroso è stato però quello di Jobbik, una formazione apertamente fascista e anti-semita, che è passata dal 16,6% al 20,7%.
La natura della destra ungherese
Dopo la sua prima vittoria nel 2010 Orban, potendo contare sui due terzi del parlamento, ha potuto portare avanti pesanti modifiche alla Costituzione senza essere costretto a ricercare il dialogo con l’opposizione. La nuova Costituzione del 2012 ha uno stampo chiaramente reazionario e antidemocratico: la libertà di espressione e di opinione è fortemente limitata in caso leda la “dignità della nazione ungherese”; nelle radio e tv private sono proibiti i dibattiti elettorali; la corte costituzionale non può più vagliare la legittimità del contenuto delle leggi parlamentari; agli studenti è fatto divieto di espatrio fino a dieci anni dal conseguimento della laurea; i senzatetto sono colpevoli di reato penale; nella categoria di famiglia, avente diritto alle agevolazioni statali, non vengono più comprese le coppie senza figli, le coppie non sposate e le coppie che non siano formate da un uomo e una donna; il vecchio partito comunista viene definito un’organizzazione criminale. Addirittura nella carta costituzionale i riferimenti repubblicani sono stati eliminati (il nome dello stato è stato modificato da “Repubblica ungherese” in “Nazione magiara”) e sostituiti dai valori cristiani.
Ma tutto questo non è abbastanza per l’ultra-destra di Jobbik, che si ispira alle Croci frecciate, le milizie collaborazioniste di Ferenc Szalasi, il primo ministro filo-nazista che venne portato al potere nel 1944 dalle truppe tedesche di occupazione. Uno dei leader del partito, Marton Gyöngyösi, ha proposto in parlamento la schedatura di tutti i deputati ebrei e tra gli slogan elettorali c’era: “Votate Jobbik per sconfiggere gli zingari”. Ma Jobbik non si limita alle parole, essendo legato alla Guardia magiara, un gruppo paramilitare responsabile di numerose spedizioni punitive contro i rom.
Le ragioni della vittoria
Come si spiega il successo elettorale di simili forze politiche? Soprattutto con la profonda delusione provocata dai precedenti governi a guida socialista, la cui natura corrotta è emersa apertamente nel settembre 2006, quando venne diffusa un’intercettazione in cui l’allora premier, Ferenc Gyurcsany, ammetteva placidamente di aver ingannato la popolazione sulla situazione economica del paese per vincere le elezioni. Soprattutto i governi di centro-sinistra, in cambio degli aiuti del Fondo monetario internazionale e dell’Unione europea, hanno approvato pesanti misure di rigore e austerità che hanno drasticamente peggiorato le condizioni di vita di milioni di ungheresi. Di fronte ai suoi avversari Orban ha quindi avuto gioco facile nel fare leva sul nazionalismo contro le ingerenze dell’Europa, così come Jobbik che ha proposto il referendum per uscire dall’Unione europea.
Anche in questa tornata elettorale Alleanza democratica è stata completamente incapace di contrastare efficacemente il populismo della destra. Il candidato di Alleanza democratica, il socialista Attila Mesterhazy, ha incentrato tutta la sua propaganda elettorale sulla proposta di un “fiorino più forte” e per la riduzione delle tasse alle banche, posizioni rivolte a ricercare più l’appoggio delle élite finanziarie europee che quello delle masse popolari ungheresi. Orban invece nei suoi discorsi attacca le banche straniere e, grazie alle tasse più alte alle imprese del settore energetico, ha fatto abbassare le bollette, mentre Jobbik ha rivendicato la creazione di nuovi posti di lavoro e si oppone al pagamento del debito pubblico. Non è un caso che i fascisti abbiano ottenuto i risultati più alti soprattutto nelle province del Nord-Est al confine con l’Ucraina e la Slovacchia, le più povere e arretrate, dove in alcune circoscrizioni hanno addirittura sfondato la soglia del 35%.
Orban ha peraltro potuto avvantaggiarsi di una parziale ripresa economica, con il Pil in leggera crescita e la disoccupazione in calo, soprattutto grazie agli investimenti stranieri: molte delle imprese che delocalizzano in occidente hanno infatti trasferito le proprie attività in Ungheria e particolarmente attiva nel paese è l’industria tedesca (Audi, Mercedes, Siemens).
Quale alternativa?
Nonostante la retorica anti-europeista di Orban, in realtà i rapporti tra Budapest e Bruxelles non sono così tesi. Per esempio le procedure di infrazione aperte dall’Unione europea contro l’antidemocraticità delle riforme costituzionali di Orban sono finite in una bolla di sapone. Dopo tutto il Fidesz è membro del Partito popolare europeo, di cui Orban è stato per ben tre volte vice-presidente, tanto che ha ricevuto il sostegno da illustri e rispettabili esponenti della destra europea, dal presidente della Commissione europea Barroso all’ex cancelliere tedesco Kohl. Il premier ungherese in questi anni ha garantito il rispetto dei famigerati parametri europei, portando peraltro il rapporto tra deficit e Pil ben al di sotto della fatidica soglia del 3%, e oggi può presentarsi agli occhi dell’establishment europeo come l’unico in grado di arginare una forza incontrollabile come Jobbik.
In Ungheria un terzo della popolazione vive sotto la soglia di povertà. La natura deformata del regime stalinista in Ungheria e la corruzione dei suoi eredi del partito socialista hanno avuto una parte decisiva nel provocare uno scivolamento a destra della società ungherese. Ma la restaurazione del capitalismo non ha risolto nessuno dei problemi del popolo ungherese e oggi ha assunto la faccia ributtante dell’autoritarismo e del fascismo. Un’alternativa è stata tentata dai lavoratori ungheresi nel 1956, quando si ribellarono contro il regime stalinista e cercarono di costruire un socialismo democratico. Solo riscoprendo quella tradizione si potrà ricostruire un’avanguardia rivoluzionaria e spezzare l’egemonia dell’estrema destra in Ungheria.