Il Canton Ticino, quella parte di Svizzera che parla italiano che tutti
considerano un modello di tranquillità e di pace sociale, è stato
sconvolto da una lotta senza precedenti nella storia recente del paese.
Il 7 marzo scorso il direttore di Ffs Cargo, la società addetta al trasporto merci delle ferrovie svizzere, annunciava un piano di ristrutturazione dell’azienda che prevedeva la chiusura delle Officine di Bellinzona. Immediatamente i 420 dipendenti dello stabilimento scendevano in sciopero, occupando le officine. Da quel giorno è partita una mobilitazione che ha coinvolto tutta la popolazione ticinese in una straordinaria gara di solidarietà.
Le motivazioni addotte dai vertici delle Ffs sono simili a quelle di tanti altri processi di ristrutturazione. Le officine di Bellinzona sono in attivo, ma siccome le Ffs-Cargo hanno accumulato negli ultimi anni nel 2007 un deficit pari a 190 milioni di franchi svizzeri, a pagare per la crisi non devono essere i dirigenti responsabili del buco finanziario, ma i lavoratori. Licenziamenti sono previsti anche a Friburgo e in altre officine di manutenzione.
I lavoratori di Bellinzona hanno respinto questo piano e durante un mese di occupazione, la lotta è cresciuta progressivamente di intensità.
Già l’8 marzo si è tenuta a Bellinzona una manifestazione di solidarietà alla quale hanno partecipato circa 8.000 persone. Il 19 marzo 6mila persone provenienti da tutto il Ticino sfilano nella capitale, Berna. Sabato 30 marzo oltre diecimila persone invadono le strade di Bellinzona, in quello che è stato il più grande corteo che il Ticino ricordi.
Dal primo giorno i lavoratori si erano preparati ad una lunga e dura lotta. Era stato stabilito un piano di picchetti. I binari che portano all’officina sono stati bloccati in modo che né locomotive, né treni merci potessero lasciare l’officina o arrivarvi. È stato eletto un comitato di sciopero dai lavoratori, responsabile di organizzare la lotta e delle trattative con la direzione aziendale, mentre tutte le decisioni vengono prese in assemblea dai lavoratori stessi.
Comitati di appoggio si sono formati in diverse città e hanno raccolto soldi per le strade, nelle partite di calcio e di hockey su ghiaccio, nelle fabbriche. In totale le offerte a sostegno della lotta hanno superato il milione di franchi (oltre 600mila euro).
Scesi dal treno all’uscita della stazione della piccola cittadina (meno di ventimila abitanti) durante i giorni della lotta ci si poteva immergere in un’atmosfera elettrizzante. Alle finestre ed ai balconi delle case, centinaia di bandiere rosse con la scritta “Giù le mani dall’officina”. Lavoratori che raccoglievano fondi e firme ai principali angoli delle strade. Entrando nelle officine occupate, una mensa che forniva un pasto a prezzi popolari a centinaia di persone, quotidianamente.
La classe operaia è diventata la protagonista della scena politica dell’intera regione. Dalla discussione collettiva i lavoratori hanno proposto soluzioni molto avanzate per il futuro dello stabilimento. Risoluti rispetto alla rivendicazione che le Officine dovevano rimanere proprietà delle Ffs, nel caso che quest’ultima rimanesse ferma sulla volontà di chiusura, i lavoratori hanno avanzato la proposta della creazione di un polo tecnologico industriale nel settore del trasporto pubblico. Tale proposta prevedeva l’esproprio delle officine da parte del Cantone, che sotto la pressione popolare non aveva dimostrato contrarietà a questa soluzione, almeno a detta di diversi esponenti politici. Nel giro di una giornata questa rivendicazione, trasformata in proposta di legge di iniziativa popolare, ha raccolto oltre cinquemila firme!
Davanti alla determinazione dei lavoratori ed al pericolo che la lotta si potesse estendere ad altre parti della Svizzera (era previsto un corteo per giovedì 10 aprile a Friburgo) il capo del Dipartimento federale dei trasporti (l’equivalente del Ministro) Moritz Leuenberger ha avocato a sé la trattativa ed ha ritirato il piano di ristrutturazione proposto dalle Ffs-Cargo.
“Una battaglia stata vinta, ora dobbiamo trionfare nella guerra” ha affermato Gianni Frizzo, presidente del Comitato di sciopero. Infatti ora comincerà la discussione sul piano di sviluppo delle officine, che occuperà i prossimi due mesi. Ma è chiaro che i lavoratori ora si siedono al tavolo delle trattative da una posizione di maggiore forza.
I lavoratori hanno infatti piegato l’azienda, dimostrato che quando la classe operaia si muove, nulla la può fermare. Hanno trascinato a sinistra i vertici sindacali, creato aperte divisioni all’interno della direzione del partito socialista. Inizialmente infatti lo stesso Leuenberger (dirigente del Ps) aveva condannato lo sciopero come un errore!
La battaglia contro tutte le privatizzazioni e per il controllo dei lavoratori delle aziende pubbliche acquista in Svizzera dunque nuovo vigore dopo questa lotta vittoriosa, da cui anche noi abbiamo tanto da imparare.
18 aprile 2008