Dalla lotta dei portuali allo sciopero generale
La Francia è sconvolta da un’ondata di mobilitazioni di grande portata. Martedì 4 ottobre tutto il paese si è fermato a causa dello sciopero generale indetto dai sindacati. Con più di un milione di persone in piazza in 150 città, questa è senza dubbio la più riuscita mobilitazione francese da 10 anni a questa parte. Centocinquantamila a Parigi, centomila a Marsiglia, trentamila a Bordeaux e Lione: sono solo alcune cifre delle tante manifestazioni in tutta la Francia.
Il No alla costituzione europea del maggio scorso rifletteva una rabbia crescente verso le politiche di sacrifici proposte dal governo di destra. Dal voto le masse francesi sono velocemente passate alla lotta.
Il pacchetto di misure contro cui si è convocato lo sciopero sono particolarmente odiose: ad esempio in estate sono stati introdotti dei “nuovi contratti di assunzione”, che permettono alle aziende di assumere più facilmente a tempo determinato e con un'ampia libertà di licenziamento nei primi due anni. Le parole d’ordine delle manifestazioni erano contro la precarietà e per l’aumento dei salari. I lavoratori francesi infatti non possono fare a meno di notare che, mentre i servizi sociali peggiorano ogni anno il governo regala 22 miliardi di euro alle imprese sotto forma di aiuti. Si indignano, giustamente, perché la Hewlett Packard, che ha dichiarato utili in aumento del 9% nel secondo trimestre di quest’anno, annuncia che vuole lasciare a casa 1240 dipendenti solo in Francia. Non sorprende quindi che, secondo tutti i sondaggi, il 70% dei francesi è d'accordo con le ragioni degli scioperanti.
La lotta dei lavoratori della Sncm
Nei giorni precedenti allo sciopero generale tutta l’attenzione si è concentrata sulla lotta dei dipendenti della Sncm, la Société Nationale Corse-Méditerranée, che gestisce i traghetti pubblici tra la Corsica, il Nordafrica e i porti del sud della Francia. Il governo di De Villepin voleva privatizzare totalmente l’azienda, licenziando 400 dei 2400 lavoratori. Tutta l’operazione in realtà è una svendita: la Scnm vale almeno 400 milioni, ma il governo ne chiede solo 35 e riassorbirebbe il debito, con 113 milioni di euro versati all’acquirente! La lotta è scoppiata subito, durissima. Dopo anni di divisioni, la Cgt (sindacato a maggioranza comunista) e la Stc (quello nazionalista corso) hanno ritrovato l’unità sotto la spinta della base. Per dieci giorni lo sciopero dei marinai e dei portuali ha bloccato il porto di Marsiglia e tutti quelli della Corsica. A Bastia ed Ajaccio, i due principali centri della Corsica, la polizia ha impiegato diversi giorni per riprendere il controllo della situazione.
Il corteo del 4 ottobre a Parigi |
Di fronte alla forza dimostrata dai lavoratori e dalla solidarietà dimostrata soprattutto da tutta la popolazione corsa, il governo ha fatto un parziale passo indietro, proprio mentre scriviamo, proponendo che lo Stato conservi non più del 25% della Sncm. Il governo minaccia: senza la privatizzazione, almeno parziale, la Sncm è destinata a dichiarare fallimento. Un ricatto che giustamente i lavoratori non sono disposti ad accettare. Tutta la combattività dimostrata in questi giorni deve essere utilizzata per collegare ed estendere la lotta agli altri settori della classe lavoratrice sotto attacco in tutta la nazione: il nazionalismo corso non può essere una soluzione e se la vertenza si ripiega su una logica tipo “Corsica contro il continente” l’isolamento e la successiva sconfitta sarebbero inevitabili. Lo sciopero della Scnm sta rivelando in maniera eclatante che la soluzione al problema nazionale può avvenire solo in termini di classe, attraverso l’unità di lavoratori corsi e francesi contro il padronato e i suoi partiti di riferimento.
Dal voto alla lotta
Le lotte di massa che stanno avvenendo in Francia sono la risposta migliore a chi pensava che il “No” alla Costituzione europea del 29 maggio avesse un contenuto reazionario ed “intimamente egoista”. Al contrario, il voto ha avuto un carattere del tutto progressista. La destra è entrata in difficoltà, come dimostrano le dimissioni di Raffarin e la sua sostituzione con de Villepin, una figura debole che sta preparando la strada a Nicolas Sarkozy, neo ministro degli interni, il quale propone una destra con una politica molto più aggressiva sia contro gli immigrati che contro i lavoratori. La spaccatura all’interno del Partito Socialista (Psf) si sta approfondendo sempre più. Al prossimo congresso Laurent Fabius presenterà una mozione in contrapposizione alla linea maggioritaria del partito. Fabius era stato il principale artefice della svolta a destra del governo Mitterand negli anni ottanta, ma oggi si è riciclato guidando il fronte del “No” nel referendum. Una mossa opportunista, ma che rivela chiaramente la spinta esistente dal basso. La stessa spinta dal basso che aiuterà senz’altro la sinistra del Psf, rendendo ancora più difficile la posizione del segretario Francois Hollande.
Che il proletariato francese dimostri un’aumentata consapevolezza della propria forza era dimostrato dai discorsi tra i manifestanti il 4 ottobre. I lavoratori erano tutt’altro che appagati ma si chiedevano che si fa da domani, dimostrando in questo modo la chiara volontà di continuare la lotta. Su questo la direzione sindacale si dimostra reticente, quando afferma, nelle parole di Bernard Thibault segretario della Cgt: “Non vedo alternativa per il governo e il padronato che di mostrare nei prossimi giorni, attraverso atti precisi, di aver capito il messaggio che oggi arriva dagli scioperi e dalle manifestazioni”. Come in Italia anche oltralpe i dirigenti sono ben lontani dall’esprimere i reali desideri della base. Oggi sarebbe interamente possibile far cadere il governo di destra, ed invece dirigenti come Thibault chiedono all’Esecutivo più comprensione!
Un nuovo governo delle sinistre in Francia non sarà una mera ripetizione dell’ultimo governo Jospin, ma sarà sottoposto ancora di più alle pressioni delle rivendicazioni della classe lavoratrice da una parte e a quelle della borghesia dall’altra. Nonostante tutti gli sforzi della burocrazia sindacale e dei partiti della sinistra, nulla potrà fermare l’avanzare della lotta di classe nel paese. Esplosioni sociali come quelle legate alla lotta della Sncm saranno all’ordine del giorno. Questa voglia di lottare dovrà però trovare un’espressione nel programma e nell’azione della direzione del movimento operaio, dei partiti socialista e comunista.
7 ottobre 2005.