Prigioniero delle scadenze. Il governo greco assomiglia a quei debitori che, disperati, si presentano dall'usuraio onorando ogni pregresso ma che di fronte si trovano un creditore avido che non si accontenta mai.
Atene ha pagato il 9 aprile 450 milioni di euro di debiti. Ma ciò non basta.
In maggio dovrà rimborsare 750 milioni al Fmi e altri 400 milioni per gli intersssi. Giugno sarà un mese particolarmente difficile, con una scadenza di 2 miliardi e 700 milioni da onorare.
Se Tsipras sta ottemperando a tutti gli impegni dell'accordo del 20 febbraio, la Troika non fa altrettanto. Ritarda l'elargizione di 1,9 miliardi di euro di prestito fino a che non sarà “completato l'esame” sul programma proposto da Atene. Dai summit europei e nei viaggi che Tsipras e Varoufakis hanno condotto ai quattro lati del pianeta, Syriza è tornata a mani vuote.
Intanto la fuga di capitali continua. I depositi bancari, conteggiando sia quelli dei privati che delle imprese, sono diminuiti ancora di 1,9 miliardi di euro a marzo, arrivando a 138,6 miliardi, il livello più basso dal gennaio 2005. Dal dicembre del 2014, momento in cui sono state annunciate le elezioni anticipate, la fuga di capitali ammonta a quasi 26 miliardi di euro, ovvero il 16% del totale. Le agenzie di rating declassano la Grecia, mentre le previsioni di crescita del Pil per il 2015 si sono ridotte dall'1,2% dell'inizio del 2014 allo 0,5% (fonte: http://www.bankofgreece.gr).
La mancanza di liquidità ha dimensioni drammatiche. Lo scorso 22 aprile Dimitris Mardas, viceministro dell'Economia, annunciava che nelle casse statali mancavano 400 milioni per pagare salari e pensioni. Soldi poco dopo trovati, ma lo stesso Mardas ha avvertito che il problema si ripresenterà, e in misura maggiore, a maggio.
Per rispondere a questa crisi di liquidità, il governo ha licenziato il 20 aprile un decreto che impone alle autorità locali di versare le proprie riserve di valuta nella casse della Banca centrale. Questo prelievo forzoso non sarà destinato alle spese sociali, ma messo a garanzia dei creditori. É dunque particolarmente grave che i parlamentari della sinistra di Syriza abbiano dato il loro assenso alla conversione in legge del decreto.
Il caso Varoufakis
Dopo il fallimento dell'Eurosummit di Riga la scorsa settimana, il governo Tsipras ha proceduto al ridimensionamento dekl ruoll di Yannis Varoufakis, l'istrionico ministro dell'Economia. Euclid Tsakalotos, il viceministro degli esteri, è il nuovo coordinatore del gruppo che dovrà negoziare con Fondo monetario internazionale e commissione UE. Yorgos Houliarakis e il vicepremier Yannis Dragasakis avranno invece la responsabilità di negoziare con i rappresentanti dell’ex troika.
Alexis Tsipras intervistato dalla trasmissione "Ston enikò" |
Tsipras assicura che Varoufakis ha tutto l'appoggio del resto del governo, ma “l'affiancamento” è avvenuto subito dopo le critiche della troika a Riga secondo cui la responsabilita del mancato accordo “è principalmente sulle spalle delle autorità greche”. Strano modo di dimostrare l'appoggio a chi è sotto attacco.
La mossa non è dunque casuale. Varoufakis non è un pericoloso rivoluzionario ma ha uno spirito troppo indipendente per soddisfare le esigenze della controparte. La necessità assoluta per Tsipras, ribadita in una recente intervista-maratona di tre ore sull'emittente greca “Star Channel” è quella di raggiungere un “compromesso onesto” con la troika.
Il problema è che non c'è alcuna possibilità di raggiungere un compromesso onesto con degli usurai, come si sono dimostrati in questi anni le istituzioni internazionali.
Che non ci si possa fidare lo ammette fra le righe anche lo stesso leader di Syriza “Abbiamo sbagliato a non chiedere per iscritto ciò che avevano promesso, ovvero la garanzia che dopo l'accordo del 20 febbraio avrebbero lasciato mano libera alle banche consentendo loro di investire di più nei titoli di stato.” (il manifesto, 28 aprile 2015). Osservazione giusta, ma che dovrebbe far capire una cosa ad Atene: il capitalismo internazionale non è disposto a considerare la Grecia al pari degli altri paesi europei, fino a che Syriza non metta mano, in maniera pesante “alla legislazione sul lavoro, alle pensioni, alle provatizzazioni e al sistema fiscale”, come spiegato nella stessa intervista da Tsipras.
Quello che la troika vuole è la capitolazione, non un compromesso. È l'unica condizione per un nuovo prestito: su questo sono tutti concordi, da Draghi a Junker, da Obama al “socialdemocratico” Moscovici.
Quali possibilità ha lo scenario di una “Grexit”(l'uscita dall'euro) di concretizzarsi? In teoria nessuno la vuole, ma allo stesso tempo all'interno dei circoli della borghesia internazionale pensano che sia meglio prepararsi al peggio. “Se un accordo non potrà essee raggiunto, lo scenario “meno peggio” sarebbe accettare la realtà del default e lasciare che sia la Grecia a decidere cosa fare. Sarebbe sicuramente una pessima soluzione. Ma chi può credere che ce ne possa essere una migliore?” Sono le riflessioni del Financial times del 27 aprile scorso, nella penna di un suo editorialista, Martin Wolf.
La borghesia sta lavorando dunque anche allo scenario peggiore. Certo, potrebbe essere costretta in qualche modo a subirlo, ma lo farebbe sicuramente da una posizione di forza incommensurabilmente maggiore rispetto al governo Tsipras.
Syriza arriva infatti all'ennesima prova della verità in affanno, sotto una pressione interna e internazionale formidabile e senza un piano “B” alternativo a quello della trattativa ad oltranza. Dopo il 20 febbraio non si è fatto alcun appello alla mobilitazione popolare. Eppure l'appoggio attivo delle masse, con ripetute manifestazioni di piazza era stato considerevole nelle tre settimane successive alla vittoria elettorale.
La miniera di Skouries
La linea dell'attesa ha permesso alla destra e ai giornali della grande borghesia di alimentare un clima di panico e di incertezza che, seppure oggi è ben lungi da essere maggioritario, è tuttavia in crescita.
Il caso della chiusura della miniera d'oro di Skouries è un primo segnale emblematico. A metà aprile alcune migliaia di minatori sono scesi in piazza ad Atene per protestare contro la scelta del governo di sospendere le licenze e dunque di interrompere l'attività di un impianto altamente inquinante. La battaglia per la sua chiusura ha coinvolto attivamente la massa della popolazione delle cittadine limitrofe della penisola Calcidica ed era una delle promesse elettorali di Syriza. La manifestazione antigovernativa è stata organizzata dai proprieari delle miniere (tra cui una multinazionale canadese) ma ha ottenuto un appoggio fra i minatori preoccupati di perdere il lavoro e di venire lasciati in mezzo a una strada.
Due delle misure promesse in campagna elettorale da Syriza, infatti, come l'aumento del salario minimo e l'introduzione di un'indennità di disoccupazione sono rimaste ancora nel cassetto. Senza un'alternativa da sinistra, la propaganda della destra può guadagnarsi uno spazio.
Il ministro delle risorse energetiche Lafazanis (leader di “Piattaforma di sinistra” principale corrente di sinistra del partito) è stato oggetto di pesanti minacce di morte da parte di numerosi deputati di Nuova democrazia.
Certo, la posizione della direzione del Kke non aiuta. Immersa nel proprio settarismo, rifiuta ogni politica di fronte unico con Syriza, anche nel caso di una rottura da parte del governo con l'Eurozona.
La direzione di Syriza deve liberarsi da una stretta ormai soffocante. È necessario passare al contrattacco e prepararsi allo scontro, sia contro i nemici interni sia contro quelli esterni. Le mezze misure in ambedue i casi non sono praticabili e alimentano solo confusione fra i giovani e i lavoratori. Tsipras promette un referendum nel caso non si riuscisse ad arrivare a un accordo con la troika, ma a tale referemdum ci si dovrebbe arrivare da una posizione di forza e con una chiara alternativa, non da una di debolezza.
Il rifiuto del pagamento del debito e di ogni scadenza con la troika, insieme alla nazionalizzazione del sistema bancario e dei gangli fondamentali dell'economia sono misure fondamentali per portare avanti il programma di riforme sociali delineato a Salonicco.
Gli alleati di Syriza non si trovano nei grattacieli di Bruxelles o di Francoforte (e nemmeno al Cremlino) ma nelle piazze, nelle scuole, nelle università dei quartieri popolari di Atene, di Salonicco e di Patrasso. Sono quei giovani e quei lavoratori che devono essere mobilitati per rendere concreta la speranza che la vittoria elettorale del 25 gennaio aveva suscitato in Grecia e in tutta Europa. Non è affatto troppo tardi.
*sulla base del materiale prodotto dai compagni della Tendenza comunista di Syriza