Il mese di febbraio ha visto una crescita del clima razzista verso gli immigrati, con un aumento di violenze xenofobe, giustificate da governo e mass-media borghesi come risposta agli stupri commessi dagli stranieri, e con il varo del pacchetto sicurezza e dei nuovi Cie (Centri di identificazione ed espulsione).
Il governo Berlusconi continua ad agitare, in compagnia di fascisti e leghisti, lo spettro dell’immigrazione clandestina per provare a distrarre le masse dalla feroce crisi economica che sta distruggendo il tenore di vita dei lavoratori, siano essi italiani o migranti, e agisce su due piani: uno è il piano legislativo, con leggi sempre più restrittive e discriminatorie, l’altro è il piano delle aggressioni, che con l’istituzione delle “ronde” vengono addirittura legittimate.
Il pacchetto sicurezza e i Cie
I riflettori puntati sugli stupri commessi dagli immigrati sono serviti ad alimentare un clima di tensione e di paura che può essere solo creata attraverso una campagna di propaganda xenofoba e a senso unico. La violenza non ha passaporto, e l’equazione immigrato uguale stupratore è da respingere come provocatoria e infamante. Si dovrebbe invece parlare delle condizioni in cui vivono gli immigrati in Italia, ammassati in decine in piccoli monolocali, se non in vere e proprie baraccopoli (come capita a Roma e nelle campagne del Mezzogiorno), con lavori svolti in condizioni di asservimento e brutalità nei campi e sui cantieri, dove in caso di incidenti si abbandonano i lavoratori sul ciglio della strada, come è successo la scorsa estate nel mantovano, e succede per ogni ferito sui cantieri delle città italiane.
Nel pacchetto sicurezza è stato incluso l’obbligo per il personale sanitario di denunciare i clandestini a cui vengono prestate cure e assistenza negli ospedali, venendo meno a ogni tipo di umanità nei confronti di chi sta male, e di fatto incentivando il ricorso a strutture private dove poter rischiare la vita: se una donna clandestina vorrà abortire, si rivolgerà a qualche mammana o a un ospedale dove rischia di essere denunciata e trasferita in un Cie?
I Centri di identificazione e espulsione (Cie) sono una versione riaggiornata e peggiorata dei vecchi Cpt, con 4.300 posti e da insediare vicino a reparti mobili della polizia e lontani dai centri abitati, per evitare che sia possibile una nuova Lampedusa. Questi centri verranno costruiti in provincia di Caserta, a Chieti, Falconara e nei pressi di Verona, in località ancora sconosciute (trapelano voci, come quella di insediare il Cie a Caserta, nelle ex caserme delle forze alleate, una baraccopoli piena d’amianto e a 30 minuti dall’aeroporto di Capodichino) e del demanio militare, facendo somigliare questi centri a vere e proprie galere.
Le ronde, squadracce istituzionalizzate
Le prime ronde sono state organizzate dalla Lega Nord e da Alleanza Nazionale a metà anni novanta, ma soltanto da qualche anno sono al centro del dibattito, e sono ben viste anche da molti amministratori del Partito Democratico (basti ricordare la benedizione data ad esse da Cofferati a Bologna e da Penati a Milano). Di fatto, si vuole legalizzare ciò che, sotto la copertura dei passamontagna e della “reazione popolare”, da qualche tempo organizza Forza Nuova e la Fiamma Tricolore a Roma e nel Lazio: rappresaglie contro migranti, siano essi rumeni, bengalesi o maghrebini, incendi di negozi, intimidazioni di varia natura.
All’interno del cosiddetto decreto anti-stupri, si prevede che soltanto ex agenti di polizia, e membri delle forze armate, possano far parte delle ronde, chiamandosi “volontari per la sicurezza”. A parte l’assonnanza con la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale del Ventennio fascista, i compiti di queste pattuglie non sono ben chiari, visto che saranno d’ausilio alle forze dell’ordine, ma disarmati, grazie a un emendamento di un Pd la cui opposizione è riuscita a essere a dir poco trasparente, forse perchè i loro sindaci, come De Luca a Salerno, si dicono disposti ad accogliere i Cie e a organizzare le ronde.
Contro la deriva xenofoba del governo Berlusconi, c’è bisogno di organizzare la solidarietà e l’unità di classe tra gli sfruttati: il 30% della forza lavoro in Italia è composta da migranti, che lavorano nelle stesse condizioni dei loro compagni di lavoro italiani, ma rischiando oltre alla perdita del posto di lavoro, l’espulsione (il permesso di soggiorno è legato al lavoro).
Per disinnescare la bomba ad orologeria avviata dalla borghesia italiana per dividere gli sfruttati in una guerra tra poveri e per animare una vera e propria caccia al migrante, dobbiamo rivendicare la parità di diritti, lottare contro il pacchetto sicurezza e le ronde, fare in modo che Rifondazione Comunista e i sindacati uniscano i proletari su un programma in difesa del lavoro e dei diritti civili, combattendo le condizioni di brutalità che permettono gli stupri, e portando la difesa dei diritti dei migranti all’interno delle battaglie politiche e sindacali di questa primavera, provando a sconfiggere il governo nelle piazze.