Tra la fine del 2008 e l’inizio del 2010 Rosarno è balzata all’attenzione dei media per ben due volte. Sfruttati, ammassati in baraccopoli, emarginati e spesso aggrediti, in un crescendo di tensione e violenza i migranti lottano per il diritto al lavoro ma anche per quello alla vita. In un comune commissariato per infiltrazioni mafiose, la voce degli africani è l’unica a levarsi con forza contro le ’ndrine (cosche malavitose Ndr) e a far paura al sistema.
La rivolta di Rosarno è stata sconfitta ma è stata decisiva per una presa di coscienza collettiva che ha permesso l’organizzazione del primo sciopero nazionale dei lavoratori immigrati del 1° marzo scorso. È in questo contesto di crisi economica che i lavoratori a tutto campo subiscono gli attacchi più beceri da parte dei padroni travestiti da imprenditori legati alla criminalità organizzata. I fatti di Rosarno riportano la vera essenza del sistema capitalista che sfrutta i lavoratori fino all’estremo e attraverso il razzismo li divide dal resto della classe determinandone l’isolamento.
L’arretramento dei diritti dei lavoratori attraverso l’attacco all’art 18, la perdita del potere d’acquisto di salari e pensioni, la minaccia di chiusura dei principali poli produttivi con i conseguenti licenziamenti e cassa integrazione non risparmia il territorio pianiggiano già martoriato dalla eccessiva disoccupazione. Il porto di Gioia Tauro ne è un esempio emblematico essendo già quasi duecento lavoratori in cassa integrazione e molti altri dell’indotto in mobilità.
In uno scenario simile dove le condizioni di tutta la classe lavoratrice vengono messe sotto scacco non possiamo tacere di fronte alla rinuncia da parte della dirigenza sindacale di cogliere l’occasione per trasformare lo sciopero degli immigrati in uno sciopero collettivo in cui lavoratori italiani e immigrati potessero scendere in piazza assieme superando i pregiudizi e tessendo la rete della solidarietà di classe contro il comune sfruttamento che il sistema capitalista perpetra nei loro confronti.
Ci pare oltretutto riduttivo anche se non inutile ricordarsi di quei lavoratori immigrati in un momento di festa quale il primo maggio evitando però di compiere quel salto di qualità che permetterebbe di sconfiggere i piani di governo e padroni, con un processo di coinvolgimento attivo del sindacato nella creazione di una piattaforma rivendicativa ad ampio respiro che colleghi le ragioni dei lavoratori immigrati di Rosarno a quella dei portuali di Gioia Tauro e di tutti i lavoratori della Piana.
Il primo maggio a Rosarno può rappresentare un momento di svolta se il sindacato coglierà l’occasione per rilanciare il conflitto contro il malaffare, la destra, il ricatto patronale, lo sfruttamento e il lavoro nero ricercando la tanta ricercata unità d’azione tra i lavoratori immigrati e italiani per un grande sciopero generale con rivendicazioni quali:
• diritto di tutti al lavoro e alla casa
• l’assegnazione del permesso di soggiorno a tutti i lavoratori migranti, al fine di sottrarli alla marginalità e al ricatto della malavita
• assistenza sanitaria
• diritto di voto
• blocco dei licenziamenti
• difesa di tutti i posti di lavoro
• abrogazione di tutte le leggi antiimmigrati come la Bossi-Fini
• chiusura dei Cie, veri e propri centri di detenzione
• ad uguale mansione uguale salario
Le associazioni, i partiti di sinistra, i sindacati hanno oggi una grande responsabilità, quella di creare un grande movimento antirazzista che su queste basi ponga in essere il superamento delle discriminazioni etniche. Al fine di evitare ogni separatismo e creare quei rapporti di forza tali da portare la controparte a cedere. Solo così il primo maggio non sarà uno di quei tanti contenitori vuoti in cui i problemi reali dell’intera classe lavoratrice pianigiana resteranno solo in vetrina.