India-Pakistan: un’altra guerra all’orizzonte
Mentre continua la guerra in Afghanistan, la frontiera orientale del Pakistan confinante con l’India sta affondando nell’isteria bellica. Il massiccio schieramento di truppe, gli spari sul confine e la fuga degli abitanti della zona, sembrano preparare un’altra guerra tra i due paesi. Se così fosse, sarebbe il quarto conflitto militare tra India e Pakistan nei 54 anni che ci separano dalla separazione post-coloniale.
Ma le guerre del passato durarono poco e l’armamento era relativamente primitivo. Oggi una guerra provocherebbe una devastazione massiccia e centinaia di migliaia di morti tra i civili (...)
Anche nei periodi di "pace" c’è stata una costante tensione e relazioni difficili tra i due paesi con scaramucce al confine.
I servizi segreti, l’Isi del Pakistan e la Raw dell’India, hanno fomentato il terrorismo e il sabotaggio in territorio nemico per destabilizzare la situazione, mantenendo la popolazione in continua tensione, alimentando lo sciovinismo, l’odio e il patriottismo nella società con l’intenzione di perpetuare il dominio dell’élite capitalista decadente (...)
Per il governo indiano, non è in gioco solo "l’onore della nazione", ma anche il futuro elettorale. Il Bjp (forza di governo.NdR) di Vajpayee, che dirige una coalizione di 26 partiti a Nuova Delhi, dovrà affrontare le elzioni legislative nell’Uttar Pradesh e nel Punjab Orientale in primavera.
L’Utter Pradesh, attualmente governato da un’altra coalizione sempre diretta dal Bjp è uno Stato chiave, il più popoloso dell’India, dove secondo i sondaggi il Bjp può uscire sconfitto. Molti dirigenti del Bjp hanno ammesso che una sconfitta nell’Uttar Pradesh potrebbe condurre al termine anche la coalizione nazionale. Il collasso del regime potrebbe provocare una crisi politica seria. Il conflitto con il Pakistan e il "terrorismo" può dare al Bjp qualche speranza elettorale. Ma nonostante la pazzia del regime del Bjp, i settori più seri dello Stato e della classe dominante sono piuttosto scettici sui risultati di una operazione bellica. Anche le forze armate indiane sono piuttosto reticenti a lanciare un attacco sull’Azad Kashmir (la zona del Kashmir in territorio pakistano).
Questo conflitto militare potrebbe durare settimane con la spaventosa possibilità di una escalation nucleare. Qualsiasi conflitto convenzionale tra India e Pakistan contiene implicitamente questa possibilità.
Uno studio scientifico sostiene che se anche venissero gettate bombe nucleari della prima generazione su Karachi o Bombay queste potrebbero uccidere immediatamente tra 800mila e due milioni di persone. Senza tener conto che la nube radioattiva si estenderebbe in tutta la regione provocando una strage in tutto il subcontinente indiano.
Crisi sociale ed economica
Senza dubbio, la causa principale del conflitto è da ricercarsi nella crisi socioeconomica che si è aggravata per gli effetti della recessione economica mondiale (...) Mentre ci sono stati tagli a non finire alle spese sociali sotto i dettami del Fmi, le spese militari hanno avuto un’impennata. Ironicamente i dirigenti tradizionali della sinistra e gli intellettuali fanno eco alla classe dominante in nome del "nazionalismo" e della "democrazia". La povertà è raddoppiata negli ultimi decenni. Si stanno estendendo le pratiche più mostruose in parecchie zone dell’India. Secondo un recente rapporto solo in Andhra Pradesh, due mila bambine sono state vendute alle agenzie di adozione per tramite delle Ong.
I genitori di queste sfortunate bambine ricevono 12 dollari, quando vengono vendute a genitori statunitensi a un prezzo di 14mila dollari. L’infanticidio, la magia nera, il fanatismo religioso, i roghi delle vedove, le caste, altri pregiudizi e pratiche del passato riemergono nella società. Esistono più scuole fondamentaliste indù (ashrams) dirette da Rss, Jinsang e altri gruppi reazionari indù in India che madrasse islamiche in Pakistan.
Questo riflette la crisi organica di un sistema che non è stato capace di sviluppare la società. L’industria indiana è alla rovina e si chiudono continuamente fabbriche. La situazione nel settore agrario è, se possibile, peggiore.
Parallelamente la situazione della classe dominante in Pakistan è patetica (...) L’economia pakistana è nel caos. Il tasso di crescita è passato dal 5% al 2,4% quest’anno. Il Pakistan è stato la principale vittima della guerra contro l’Afghanistan, sia economicamente che politicamente. Gli Usa gli hanno dato la miserabile cifra di 673 milioni di dollari quando per causa della guerra il paese ha perso 1.400 milioni di dollari di entrate dalle esportazioni.
Adesso il debito estero del Pakistan equivale al 600% del bilancio e al 244% delle esportazioni. Il debito pubblico è al 105% del Pil (...)
La situazione in Pakistan
La dittatura di Musharraf è stata fedele all’imperialismo non solo nella guerra ma anche nell’economia. Ha applicato le ricette del Fmi e della Banca Mondiale con zelo e rapidità. Questo ha provocato l’aumento della disoccupazione e maggiore miseria per le masse pakistane.
Allo stesso tempo il governo indiano rende la vita sempre più difficile a Musharraf. Se Musharraf adotta misure punitive contro Lashkar-a-Tayyaba e Jaish-a-Mohammed (due organizzazioni fondamentaliste islamiche proibite dal regime che l’India accusa di essere responsabili dell’attacco del 13 dicembre) questo verrà considerato come una capitolazione alla pressione indiana. Se non adotta una posizione ferma contro questi due gruppi a irritarsi sarà il gran capo di Washington.
Uno dei metodi che il regime usava per ottenere il sostegno dei fondamentalisti era la retorica anti-indiana. Anche se l’esercito è terrorizzato dalla prospettiva di una guerra contro l’India, non gli resta altra strada che rispondere. Se Musharraf fa più concessioni potrebbe scontrarsi con una rivolta nell’esercito. Il prezzo che ha dovuto pagare l’esercito pakistano per l’avventura afghana è già stato eccessivo. Le divisioni nella casta militare sono già evidenti.
Il problema è che non si può fomentare l’isteria bellica per poi spaventarsi della guerra. La loro stessa retorica può spingerli nel precipizio. Questo è il tunnel senza uscita in cui il capitalismo ha spinto queste sfortunate zone.
Mentre continuano gli spari di armi e mortai, mentre si intensificano i movimenti delle truppe e gli aerei decollano dalle basi, i civili scappano dalle città e dalle località di confine. Se scoppia una guerra questa sarà estremamente violenta.
Anche se i rapporti di forza sono favorevoli all’India, comunque l’esercito pakistano è una forza formidabile e possiede un arsenale militare considerevole: mezzo milione di uomini armati, 350 bombardieri e una gran quantità di carri armati.
Il possesso da parte del Pakistan di armi nucleari rappresenta un freno alle opzioni indiane di una soluzione militare. Gli Usa tentano di contenere le pulsioni indiane.
Come risultato delle pressioni dell’imperialismo questo scontro si può evitare. Ma i fattori che hanno spinto i due paesi sull’orlo dell’abisso restano presenti. La cosiddetta pace sarà effimera.
Il subcontinente indiano fu diviso nell’agosto del 1947, perchè l’intensità del movimento operaio, dei marinai, dei soldati e dei contadini non rappresentava solo una minaccia per il re britannico, ma per lo stesso capitalismo. Per questa ragione l’imperialismo inglese si accordò con la borghesia induista e musulmana per la spartizione dell’India dal Pakistan.
La stupidità della direzione del Pci (Partito comunista indiano) fece sfumare l’opportunità storica di trasformare il movimento di liberazione nazionale in una rivoluzione socialista del subcontinente indiano.
Sono passati 54 anni e non si è risolto nulla. E con questo sistema di sfruttamento non si risoverà mai nulla. Dopo oltre mezzo secolo di "indipendenza" sotto il giogo dell’imperialismo, il livello di vita di centinaia di milioni di persone è sprofondato. La miseria, le malattie e l’ignoranza dilagano. La borghesia indiana e quella pakistana hanno fallito storicamente. Non hanno risolto un solo problema, né portato a termine nessuno dei compiti della rivoluzione democratica nazionale. Il loro ritardo sulla scena storica le ha rese incapaci di questo.
La situazione non può durare a lungo. I lavoratori, gli oppressi dell’India e del Pakistan devono sollevarsi ancora una volta. I lavoratori del subcontinente in questi anni hanno dimostrato una e più volte la loro capacità e il loro coraggio nel portare avanti i propri compiti storici. Una rivoluzione socialista in Pakistan o in India inevitabilmente attraverserebbe questi confini artificiali e creerebbe una federazione socialista del subcontinente. Questa è l’unica strada per porre fine alla spartizione, per unire i popoli e incamminarsi verso una Federazione socialista mondiale che ottenga l’emancipazione di tutta l’umanità.
(La versione completa di questo articolo è consultabile in inglese su www.marxist.com )