La seconda invasione israeliana (la prima fu nel 1978) di un Libano dilaniato dalla guerra civile e diviso fra fazioni armate in lotta fra loro, nasceva con il preciso obiettivo da parte israeliana di distruggere le basi d’appoggio dell’Olp. L’azione scattò all’alba del 6 giugno 1982. Le colonne corrazzate israeliane dilagano in tutto il sud, investito da massicci bombardamenti aerei, e passano come un rullo compressore sulle città e i campi profughi presso Tiro e Sidone. La resistenza palestinese è tenace, ma le vittime delle prime due settimane di guerra sono oltre 14mila. In pochi giorni gli israeliani occupano l’aeroporto di Beirut. Il loro arrivo è accolto trionfalmente dai falangisti, nemici giurati dei palestinesi. L’imperialismo americano, che ha appoggiato l’intervento israeliano, vorrebbe immediatamente sfruttare la posizione di forza per costringere l’Olp ad una resa "onorevole", ma Sharon vuole annientarli e dà il via al tristemente famoso assedio di Beirut che in 78 terribili giorni costerà la vita di 7mila civili libanesi e di un numero ignoto di palestinesi. Il mostruoso bombardamento di Beirut Ovest del 12 agosto, durato oltre 11 ore, costringe il presidente Reagan ad un intervento diretto per fermare Sharon e forzare un accordo che vede alla fine d’agosto l’evacuazione di 12mila palestinesi, guerriglieri e dirigenti dell’Olp.
I campi profughi restano così privi di protezione, esposti alla vendetta dei falangisti e degli israeliani. Cogliendo il pretesto dell’assassinio del presidente fantoccio, il falangista Gemayel, Sharon invade Beirut ovest, violando l’accordo appena sottoscritto. L’esercito israeliano mette a ferro e fuoco Beirut ovest e circonda i campi profughi, lasciando mano libera alla milizia falangista.
Al tramonto del 16 settembre i miliziani penetrano nel campo di Sabra e Chatila con la connivenza del comando israeliano e danno inizio ad un sistematico massacro dei palestinesi che andrà avanti per oltre 40 ore. La caccia all’uomo avviene con colpi d’arma da fuoco, bastoni, a colpi d’ascia. Durante la notte gli israeliani, che impediscono alla gente di uscire dal campo, lanciano bengala per illuminare la scena ai falangisti.
Solo alle 10 del 18 settembre gli israeliani si decidono a bloccare la strage, quando ormai è diventata di dominio pubblico. Il bilancio è di tremila vittime.
La responsabilità di Sharon emerse in modo così chiaro da costringere il governo Beghin a dimetterlo dalla posizione di ministro della difesa.