Poste - Fermare i licenziamenti politici
MILANO - Da quando l’Ente Poste lo scorso anno si è trasformato in società per azioni (controllate per adesso dal Ministero del tesoro), si è avviato con la collaborazione dei vertici di Cgil-Cisl-Uil un gigantesco processo di ristrutturazione in cui è previsto un selvaggio intervento sugli orari, stravolgendo le abitudini di migliaia di lavoratori, in grandissima misura pendolari.
Il 7 novembre nel Cmp di Roserio (centro di ripartizione di Milano, dove lavorano oltre 900 dipendenti), si comunica un cambiamento d’orario che in modo semiclandestino le segreterie di Cgil-Cisl-Uil avevano accordato con l’azienda la sera prima.
I lavoratori si ribellano, la direzione aziendale reagisce facendo intervenire la Polizia. Il delegato Rsa Cgil e militante di Rifondazione Comunista, Agatino Marzà decide di sostenere la lotta contro il volere della segretaria provinciale Cgil, Nerina Benuzzi, anch’essa militante del Prc.
La mobilitazione provoca un rallentamento dei ritmi di produzione, l’azienda ricattando i lavoratori (soprattutto i precari con la minaccia del licenziamento) comanda gli straordinari la domenica.
Domenica 29 novembre il circolo aziendale di Rifondazione Comunista promuove un presidio fuori dai cancelli contro lo straordinario nei giorni festivi e per sostenere la causa dei lavoratori in lotta. La manifestazione è assolutamente pacifica, ma l’azienda monta un caso con un crumiro che finge di essere stato malmenato dai manifestanti.
Cosa inesistente se si pensa che la Polizia presente non rileva nulla.
L’azienda su questa base prima sospende 5 attivisti sindacali di Roserio (tra cui il delegato Cgil e altri dello Slai Cobas) poi ne licenzia 4 di questi (considerando che il quinto non era neanche presente al presidio).
Il 16 dicembre c’è uno sciopero a Roserio organizzato da diverse sigle sindacali extraconfederali (Slai Cobas, Cub Cobas, Failp Cisal, ecc.) che riceve un’adesione altissima. I dirigenti sindacali di Cgil-Cisl-Uil pur solidarizzando formalmente con i licenziati emettono dei comunicati ma si guardano bene dall’aderire alla manifestazione.
Nel corso della mobilitazione in un’assemblea molto partecipata i lavoratori eleggono dei delegati di trattativa, per togliere la firma dall’accordo e ridiscuterlo completamente.
Questi delegati, eletti dai lavoratori, si presentano alla trattativa e vengono mandati via dalla stessa segretaria della Cgil (oltre che dalla azienda), che non gli riconosce il mandato (ma chi ha dato a lei il mandato?).
Si sappia che alle Poste le Rsa (uno dei pochissimi posti in cui avviene questo) non sono elette dai lavoratori ma nominate dai vertici sindacali, ovviamente a Marzà viene tolto il mandato di delegato Rsa, formalmente è il comitato degli iscritti Cgil a deciderlo.
Costerna che una segretaria di Rifondazione Comunista abbia agito in questo modo, ma non è la prima volta che queste situazioni si verificano con dei funzionari sindacali iscritti al partito che agiscono contro gli interessi dei lavoratori e contro militanti del partito (spesso con il silenzio delle segreterie federali).
Il circolo aziendale del Prc, invece, come sempre ha sostenuto e continua a sostenere con forza la lotta dei licenziati (organizzando anche una cassa di solidarietà) fino alla riammissione degli stessi.
Sono anche queste situazioni su cui dovrebbe riflettere molto il partito quando nei congressi (siamo alle soglie di una scadenza come questa) si interroga sul suo scarso radicamento nel movimento operaio.