Dopo anni di scontro nelle aule dei tribunali e nelle piazze, la Fiom ritorna a fare le assemblee negli stabilimenti Fiat. Un passo in avanti che avviene dopo il riconoscimento delle Rsa e la riappropriazione delle salette sindacali, anche se parecchio resta ancora da fare affinché il ruolo di rappresentanza della Fiom in Fiat non sia solo formale.
La concessione dell’assemblea a Pomi-gliano è stata caratterizzata da un percorso travagliato, tant’è che dalla data della richiesta all’effettivo svolgimento sono passate alcune settimane. Un ritardo dovuto a un rifiuto iniziale sancito da un comunicato ufficiale della Fiat, che negava l’assemblea alla Fiom, motivandola con il raggiungimento delle ore disponibili, perché richieste dalle altre organizzazioni sindacali, quando ne mancavano ancora 8 su 10.
Le dichiarazioni fatte dai segretari territoriali dei sindacati firmatari non facevano nulla per evitare questo clima di ostilità, nonostante avessero tenuto fino ad ora solo 2 ore di assemblea a fronte dei mille problemi interni (sulle condizioni di lavoro e la mancanza di prospettive dopo il progetto Panda) ed esterni (con ancora 1.800 lavoratori in cassa, rientrati, e non tutti, solo per una breve rotazione). La stessa situazione si è ripresentata anche alla Ferrari, dove l’assemblea è stata impedita con le stesse motivazioni, con la differenza che mentre a Pomigliano c’è poi stato un passo indietro, con un ulteriore comunicato che smentiva le stesse dichiarazioni dei segretari provinciali e una concessione impropria dei sindacati firmatari alla Fiom, nello stabilimento Ferrari è stato mantenuto l’atteggiamento di chiusura. Altre invece le dinamiche che si sono svolte in altri siti, con una linea molto più morbida, che ha permesso lo svolgimento delle assemblee senza grossi problemi e che hanno tra l’altro visto un alta partecipazione dei lavoratori, come alla Maserati, o allo stabilimento di Grugliasco ex Bertone. Le assemblee ovunque si siano svolte hanno avuto buona partecipazione.
Non si può dire lo stesso per quella di Pomigliano, dove pure c’è stato il dato positivo della buona partecipazione dei cassintegrati all’assemblea del primo turno, che per la prima volta hanno avuto la possibilità di parteciparvici, a differenza di quelle precedentemente convocate dai sindacati firmatari. Ma nello stabilimento campano il clima di terrore instaurato nel corso degli ultimi anni, la divisione perpetrata tra chi è dentro e chi è fuori, lo scorporo prima tra nuova e vecchia società e poi la divisione in fasce dei lavoratori, hanno minato la partecipazione degli operai in produzione.
Nei giorni di assemblee a Pomigliano si respirava il classico clima intimidatorio, con i vigilanti fuori da ogni varco dei reparti produttivi, e i sindacati firmatari impegnati in modo subdolo nel boicottaggio delle assemblee Fiom.
Ricucire i rapporti tra queste due differenti condizioni (i cassintegrati senza prospettiva e i lavoratori in fabbrica impauriti), rimane la sfida essenziale per rivendicare un futuro per l’intero sito produttivo.
Tanto la situazione a Pomigliano quanto quella di crisi e chiusura di stabilimenti come quello di Termini Imerese e dell’Irisbus, rendono sempre più attuale il tema della riduzione di orario di lavoro come elemento per tenere insieme l’intero gruppo, indotto compreso.
Se il lavoro non c’è lo si divida tra tutti i lavoratori, riducendo l’orario di lavoro settimanale a parità di salario per tutti i lavoratori del gruppo, in modo che non siano questi a pagare la crisi. Riprendere le mobilitazioni su una proposta come questa, è un elemento complesso ma allo stesso tempo decisivo, per rilanciare la vertenza Fiat e far capire ai lavoratori che senza lottare il loro destino sarà sempre più in bilico.