LECCO – Se a Lecco chiedi della Leuci la maggior parte delle persone te ne saprà parlare. Anche dalle colonne di questo giornale abbiamo seguito la loro vicenda fino all’accordo del 25 marzo dello scorso anno, dopo sette mesi di presidio e di blocco ai cancelli. Un accordo che aveva strappato un prolungamento della solidarietà di nove mesi e, cosa più importante, la disponibilità del padrone, Pisati, a trattare sui capannoni necessari per dare vita al progetto di reindustrializzazione promosso dagli operai stessi, la “Cittadella della luce”.
I lavoratori avevano accettato clausole pesanti e un notevole dilazionamento nel rientro delle spettanze dopo la chiusura della fabbrica. Era stato accettato che alcuni macchinari e alcune linee, bloccate dal presidio, fossero messe a disposizione della proprietà.
Sulla buonafede dei lavoratori si possono dormire sonni tranquilli, su quella dei padroni quasi sempre no.
Il 15 novembre scorso è arrivata la doccia gelata. La trattativa è fallita, le istituzioni, subito pronte a gettare la spugna, parlano di una distanza “incolmabile” tra domanda e offerta, cosa tutt’altro che fondata.
Si ripete il copione già visto con i lavoratori che rimettono in riga gli interlocutori istituzionali affinché tornino a fare pressione su Pisati e si riaprano i tavoli.
I lavoratori hanno sempre cercato il confronto con il sindacato, ma non hanno mai rinunciato a tenere in mano direttamente la direzione della loro lotta.
Riprendono a presidiare la portineria, giorno e notte, e portano la vicenda di fronte al prefetto Bellomo, chiedendo di convocare i tavoli in prefettura per far aumentare la pressione.
Arriva il 31 dicembre e con esso lo scadere della solidarietà.
La Leuci, dopo novantacinque anni di lavoro e un ruolo nella storia della resistenza lecchese, chiude i battenti. La lotta dei lavoratori, da quel momento, diventa non solo una lotta per la tutela dei propri diritti ma soprattutto per il futuro e i diritti, di tutti. Con il progetto della Cittadella vogliono dare un segnale, in un paese dove tutti accettano con fatalismo la deindustrializzazione come un destino inevitabile, che resistere e reindustrializzare
invece è possibile.
Nel frattempo la giunta regionale approva la legge sulla competitività, che potrebbe trovare applicazione nell’area Leuci. La legge prevede agevolazioni di ogni genere per chi decida di produrre garantendo un rilancio industriale innovativo.
Fermo restando che ogni speranza di salvare posti di lavoro è benvenuta, non si può non pensare che, in questa come in altre vicende, i lavoratori creano i progetti industriali, le istituzioni aprono lo scrigno dei doni e agli imprenditori viene chiesto in ginocchio… che facciano impresa e profitto. Non crediamo sia questa la strada per salvare il tessuto produttivo e i posti di lavoro.
Anche dopo una firma sofferta dell’accordo sulla mobilità, il 30 gennaio scorso, i lavoratori restano nella fabbrica per vigilare sui tempi della realizzazione della Cittadella e la loro tenacia strappa un primo risultato: la disponibilità di Pisati a riaprire la trattativa con due degli imprenditori coinvolti nel progetto della Cittadella per la cessione di una parte dell’area.
Lo scorso 13 marzo si è tenuto un tavolo provinciale al quale uno degli imprenditori coinvolti non si presenta, senza peraltro riuscire a far saltare il banco.
Anche ora gli operai, assieme a molti altri solidali con la loro lotta, restano a presidiare l’area Leuci e a fare da motore agli ingranaggi del progetto di rilancio: sono convinti che lì ci può essere ancora un futuro, per tutti.