All’inizio del mese di luglio, la direzione della Motori Minarelli, azienda del Gruppo Yamaha e marchio storico nel settore del motociclo di Calderara di Reno (Bologna), ha aperto una procedura di mobilità per 56 operai.
Il tentativo di licenziamento si inserisce nel piano di ristrutturazione che dal 2009 la multinazionale porta avanti in Giappone, negli Usa e in Europa, e che ha significato nel 2010 la chiusura di un reparto di montaggio e il licenziamento di 66 dipendenti di Yamaha Italia presso la sede di Monza e la chiusura dello stabilimento Yamaha in Spagna l’anno successivo.
Attualmente, il piano di ristrutturazione prevede anche uno sfoltimento dell’organico delle varie sedi commerciali europee e il licenziamento di circa 57 dipendenti dell’insediamento tecnico e commerciale di Monza.
È dal 2008 che alla Minarelli i lavoratori sottoscrivono una serie di accordi che limitano il più possibile gli effetti negativi di una crisi non creata da loro ma che però sono gli unici a pagare mentre i veri responsabili (azionisti, banche e dirigenti) continuano a mantenere inalterati i loro profitti. Abbiamo così accettato cassa integrazione ordinaria e speciale, mobilità volontaria e incentivata e contratti di solidarietà.
Lo scorso mese di luglio ha visto crescere la lotta contro i licenziamenti, all’indomani della comunicazione della procedura unilaterale di mobilità che terminerà, espletati i tentativi di trovare un accordo diverso dal licenziamento, il 16 ottobre prossimo.
Le 27 ore di sciopero finora sostenute dalla stragrande maggioranza dei lavoratori operai sono servite a discutere e decidere in assemblea la conduzione della vertenza; a presidiare due incontri di trattativa presso la sede di Unindustria a Bologna; a mettere in campo un presidio con volantinaggio sotto gli uffici della Direzione aziendale e al mercato settimanale di Calderara di Reno; ad articolare scioperi improvvisi e mirati a colpire nel modo più efficace possibile la produzione: dallo sciopero per numero pari o dispari del badge a quello per tratti di linea di montaggio, per reparti o aree produttive, nell’avvicendamento dei turni.
L’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori e la Rsu hanno inoltre realizzato un volantino che spiega per che cosa stiamo lottando, utilizzabile in ogni occasione di iniziativa esterna. L’autofinanziamento e la raccolta di sottoscrizioni hanno permesso la costituzione di un fondo di lotta consistente, che abbiamo intenzione di aumentare ancora per ogni necessità presente e futura.
Le trattative finora hanno portato alla decisione da parte dell’azienda di sospendere per il mese di agosto la decorrenza della procedura, data la nostra indisponibilità a trattare con la fabbrica vuota. Si è guadagnato così un altro mese prezioso per intensificare la lotta e nei prossimi incontri calendarizzati il 3, il 10 e il 16 settembre si tratterà per un possibile accordo che preveda il ritiro dei licenziamenti.
Le iniziative da mettere in campo saranno discusse in assemblea. Da parte nostra, sono diverse le proposte che riteniamo possibili: dalle iniziative di pressione interne a quelle di comunicazione e visibilità esterne; dalle iniziative mirate sulla produzione al blocco delle merci o all’occupazione. In base allo svolgimento e alle necessità della lotta, non ci sentiamo di escluderne nessuna a priori. Come abbiamo scritto nel nostro volantino, in questi anni abbiamo fatto degli accordi “con la speranza che servissero a fronteggiare la crisi; con la consapevolezza di dover accettare, provando a migliorarle, condizioni difficili; ma anche con la certezza che avremmo difeso con le unghie e con i denti il nostro posto di lavoro”. Ed è quello che faremo. Noi abbiamo diritto al lavoro. Forza e dignità, uniti si vince!