Unità di classe contro i licenziamenti
Lunedì 4 ottobre, arrivati nel piazzale della Necchi di Pavia con l’intenzione di raccogliere firme contro i referendum della Bonino, troviamo una decina di lavoratori che presidiano l’entrata con due gazebo, uno striscione storico del Consiglio di Fabbrica e una bandiera del Flmu. Tutti leggono attentamente la lettera aperta e la sottoscrivono.
Si inizia a discutere sulle prospettive dell’azienda, Pasquale di Tomaso ci racconta la situazione: "A fine gennaio il padrone della Necchi, Beccaria, dichiarò degli esuberi per la crisi aziendale. Il piano era di passare da 1050 dipendenti a 550 entro il 2003. Dopo l’agitazione sindacale si arrivò a un accordo con le organizzazioni sindacali che prevedeva 625 contratti di "solidarietà" (27 ore alla settimana) e 170 lavoratori in Cassa Integrazione a zero ore. Anche se era un accordo a perdere lo abbiamo sottoscritto perché alternative non esistevano e perché per il futuro si prevedeva una certa ripresa.
Una settimana dopo però, la fabbrica non è più di Beccaria, che vende la maggioranza delle azioni (l’85%) a una multinazionale indiana, la Videocom. L’accordo così non è più valido e tutti i lavoratori vengono messi in Cassa Integrazione; ne restano in produzione solo 120.
Così facendo ogni lavoratore rientra in fabbrica ogni 3 mesi per 15 giorni, o meglio dovrebbe, visto che la rotazione sarà per così dire imperfetta discriminando come al solito i lavoratori più attivi sindacalmente. Ci troviamo così da oltre sei mesi con una riduzione salariale del 35%.
La nuova proprietà voleva portare fuori dall’azienda i macchinari. In un primo momento siamo riusciti ad impedirlo con un picchetto, alla lunga l’azienda ci ha presi per stanchezza ed è riuscita a smontare alcune macchine che per adesso sono ancora all’interno della fabbrica.
La direzione vuole portarle fuori e consegnarle agli indiani, cosa che fino ad adesso siamo riusciti ad impedire.
La Videocom ha promesso che oltre ai 555 lavoratori previsti dal Piano, potrebbero restare altri 84 (62 per le nuove produzioni di TV, 22 per i condizionatori d’aria). Altri 120 dovrebbero essere ricollocati ma su questo ci sono solo promesse vaghe. La realtà è che oltre 300 posti di lavoro sono in discussione se non di più. Infatti il timore dei lavoratori è che la Videocom una volta preso il marchio sposti la produzione in India dove la manodopera ovviamente costa molto meno."
Tra molti lavoratori come ci racconta Pasquale, c’è ancora l’illusione che alla fine tutto si sistemi e proprio per questo il coinvolgimento alla lotta non è totale. Di certo non aiutano i funzionari della Fiom che si accordano con l’azienda, contro il parere dei lavoratori come è avvenuto recentemente sulla questione degli orari.
Ma questa volta fanno sul serio e non c’è altra strada che lottare in modo unitario per difendere il posto di lavoro.
Salutiamo i compagni che ci invitano il giorno 15 ad andare di nuovo davanti ai cancelli a raccogliere le firme contro i referendum della Bonino (è il giorno di paga, unico momento in cui è possibile trovarli tutti). Ci aiuteranno a raccoglierle perchè se passa l’attacco della Bonino tutti i lavoratori saranno più deboli.
E a tal proposito ci chiedono: "avete dei contatti con i lavoratori dell’Olivetti di Ivrea"? Il 16 ottobre andremo a Roma, alla manifestazione di Rifondazione Comunista per metterci in contatto con loro e con i lavoratori di altre aziende in crisi.
Solo uniti si può vincere.