PostalMarket
La PostalMarket dal 1990 ad oggi ha subito vari processi di ristrutturazione passando da 1700 addetti agli attuali 900 (di cui l’80% donne).
Nel 1993 l’azienda è stata rilevata dalla multinazionale Otto Versand che ha fatto pieno utilizzo degli ammortizzatori sociali come la legge 223, cassa integrazione e dal 1995 ha usufruito dei contratti di solidarietà dando ai lavoratori uno stipendio decurtato del 25%.
Il 25 luglio in una manifestazione pubblica mentre cercavano di occupare i binari della stazione ferroviaria a Lambrate (Milano) i lavoratori sono stati attaccati e malmenati dalla polizia perché colpevoli di voler difendere il diritto al lavoro.
La vertenza PostalMarket riporta in primo piano una questione fondamentale che sempre più coinvolge i lavoratori di tutto il mondo. Come difendersi dallo strapotere delle multinazionali. Dopo l’Ups, la Philips, Black&Deker, Ansaldo e tante altre ecco che ancora una volta il conto della competizione internazionale viene presentato ai lavoratori. Pensiamo che il problema delle ristrutturazioni e il ruolo che le multinazionali giocano in questi processi debbano essere affrontati in modo approfondito.
Per questo nei prossimi numeri del giornale cercheremo di dedicargli lo spazio necessario.
Abbiamo intervistato il delegato Filcams-Cgil dell’azienda Antonio Amoruso e la lavoratrice Angela Schembri per farci
spiegare quale è la situazione alla PostalMarket e quale proposte hanno da contrapporre alla chiusura.
Antonio: Le multinazionali hanno fatto sempre il bello e cattivo tempo e noi non vogliamo che si instauri la logica che tanto vincono sempre loro e che non c’è niente da fare. Per questo vogliamo che la lotta dei lavoratori PostalMarket diventi un caso emblematico. Un caso che riapra la discussione sia tra chi ci governa e nel sindacato su come far sì che le multinazionali debbano sottostare a regole ben precise. Non possono arrivare, usufruire di tutti gli sconti sulla manodopera, gli incentivi e ammortizzatori sociali e poi andarsene.
Il governo e il ministero del lavoro devono trovare dei meccanismi a priori, prima che queste cose succedono, mettere dei picchetti allo strapotere delle multinazionali. Le multinazionali devono avere un controllo che parta dal ministro che gli dice: "Tu dismetti la fabbrica o l’attività e allora devi supportare economicamente tutti gli aspetti di questa decisione accollandoti la spesa dei prepensionamenti e della ricollocazione dei lavoratori". Comunque non possiamo accettare a priori la chiusura. Non crediamo alla crisi di settore per mancanza di clienti. Crediamo a una crisi per volontà dei dirigenti.
Anche se fosse vero che la vendita per corrispondenza è in crisi perché non possiamo convertire l’azienda in qualche cosa d’altro? La chiusura è l’unica soluzione? Lo Stato avrebbe questa possibilità e i finanziamenti necessari, magari si potrebbe aprire un tavolo di trattative dove coinvolgere anche la Confcommercio per avere nuovi investitori.
Le iniziative come quella a Lambrate, che è stata presentata esclusivamente come un problema di ordine pubblico, pensiamo possano servire per sensibilizzare la gente sul problema dell’occupazione. Sbaglia Prodi quando dice che gli scioperi non servono a cambiare le cose.
Angela: Sulla questione dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali bisogna ribadire una cosa: la PostalMarket non sarebbe arrivata a questo punto se il governo dopo aver raggiunto l’accordo sull’utilizzo degli ammortizzatori con l’azienda, avesse esercitato un controllo su come venivano usati.
Bisognava controllare che l’azienda, grazie a questi soldi, non si preoccupasse solo di mettere in mobilità o in contratto di solidarietà i lavoratori ma anche di preparare un piano di rilancio.
Ora dopo 5 anni hanno presentato un piano, alternativo alla chiusura, sapendo che il sindacato non avrebbe potuto accettare. Vogliono toglierci tutte le conquiste ottenute nei contratti interni degli ultimi vent’anni. Questo significa, tenendo conto che rimarrebbero i contratti di solidarietà, che se va bene avremo uno stipendio di 800mila lire.
I lavoratori non sono rassegnati, vedono poche prospettive perché hanno poche speranze in questo governo. Abbiamo un governo che ci dovrebbe difendere e invece al telegiornale tutti i giorni ti dicono che aumenta la produttività ma cala l’occupazione. La prospettiva che questo governo ci aveva dato era che l’occupazione sarebbe cresciuta, invece queste prospettive sono state deluse.
Alla PostalMarket l’80% delle lavoratrici ha oltre 40 anni con una media di 20-25 anni di contributi. Che prospettive abbiamo senza lavoro con per giunta una riforma pensionistica sulle spalle che ti costringe a lavorare 40 anni?
La PostalMarket può benissimo continuare a vivere, può contare su un pacchetto di 11 milioni di clienti, è stata affossata volutamente per poter riaprire più avanti con le modalità che fanno più comodo alla multinazionale. La sua è una chiusura tattica, per riaprire il giorno dopo con maestranze più giovani e senza sindacato, quindi più flessibili e quindi più economici di lavoratrici con 25 anni di anzianità.