L'increscioso problema sociale del non essere sposata
Giovane donna nubile, under trenta. Facendo una statistica approssimativa probabilmente si inserirebbe il soggetto fra i maggiori consumatori di anticoncezionali di emergenza. È senz'altro capitato a tutti di trovarsi in situazioni di una certa urgenza: prese le consuete precauzioni, sfortunatamente trovarsi a rischio gravidanza. Ad ogni modo questa ragazza, giovane o addirittura adolescente, trovandosi alle prese con il rischio di una gravidanza non programmata potrebbe ragionevolmente aspettarsi di poter contare su un servizio medico pubblico preposto alla fornitura di rimedi idonei. Se molto giovane o non ancora indipendente la circostanza potrebbe causarle uno spaesamento, ma facilmente penserebbe di trovare un appoggio rassicurante in consultori aperti ad orari adeguati alle esigenze della gente comune o in presidi presso cui richiedere dei contraccettivi accessibili alle più disparate condizioni economiche. In una città come Milano, armata di queste logiche (ma disgraziatamente ingenue) convinzioni, la ragazza si preparerebbe a far fronte a questa situazione. Purtroppo la realtà si mostrerebbe completamente diversa dalle sue aspettative.
Gli esempi che seguiranno sono tratti da una testimonianza reale, li riportiamo allo scopo di illustrare come funzionano quelle che dovrebbero essere strutture sanitarie pubbliche. In un caso come quello citato, la prima cosa che verrebbe in mente alla persona in questione sarebbe indubbiamente quella di rivolgersi ad una Asl o ad una grossa realtà come un ospedale pubblico. Ora, posto che alcune cose non accadono in giorni e in orari prestabiliti, se il bisogno si presentasse in un giorno festivo o in orari oltre la chiusura d'ufficio, il pronto soccorso di uno dei maggiori ospedali milanesi come la Mangiagalli avvertirebbe che non c'é nessun medico in grado di scrivere una ricetta (indispensabile per acquistare la pillola del giorno dopo) e che non sono presenti ginecologi. Anche il numero verde dell'ospedale Ca'gran-da darebbe la stessa risposta (dopo un minimo di otto minuti di attesa), aggiungendo però l'indicazione di diversi presidi di guardie mediche come alternativa. Per trovare guardie mediche notturne o festive non si hanno infinite possibilità: stazione centrale, via Coper-nico o viale Jenner e poche altre. La ricerca quindi continuerebbe e comunque il tempo a disposizione della nostra protagonista non sarebbe infinito: il Norlevo va necessariamente assunto entro 72 ore ma diminuisce la possibilità che abbia un effetto utile se non lo si ingerisce entro 12 ore dal rapporto.
...Dunque, scelta giocoforza l'opzione guardia medica, l'utente comincerebbe a sentirsi in un perverso videogioco a timer, visto che per ottenere una ricetta potrebbe dover procedere secondo logiche da gioco d'azzardo: si vince se si riesce a beccare un istituto non privato e non gestito da religiosi. Cosa non facilissima visto che in dodici ore sarebbe possibile visitare al massimo i centri elencati prima e sono tutti gestiti da associazioni private. Comunque, la nostra speranzosa protagonista, essendo ancora ignara di tutto ciò, si appresterebbe a sottoporre al medico del primo punto trovato sulla sua strada quella si riterrebbe (ovviamente) una normale e civilissima richiesta. Invece di ottenere una risposta professionale però, guadagnerebbe una specie di predica tra il paternalistico e il pietoso, un insensato sproloquio sull'efficacia della contraccezione naturale basata sul calcolo dei giorni fertili, e per finire una saggia indicazione salutista sugli effetti collaterali di un medicinale come il Norlevo, che verrebbe presentato alla richiedente come un veleno tale per cui non andrebbe assolutamente assunto, nemmeno per risolvere "l'increscioso problema sociale che deriva dal non essere sposata e trovarsi in certe condizioni... " (testuali parole, ndr). Facendo appello a tutto il suo sangue freddo la poverina raggiungerebbe, andando per esclusione, la successiva guardia medica disponibile, ma guarda caso si ripeterebbe l'assurda situazione sopradescritta. Intanto il tempo passa inesorabile, l'ansia e la frustrazione la spingerebbero a rivolgersi nuovamente ad un pronto soccorso.
"...Sono cattolico, non voglio nemmeno sapere il nome di quel prodotto..." sembra una barzelletta ma sarebbe invece possibilissimo sentirsi dire una frase del genere da un medico di Niguarda... Finalmente però un miraggio nel tetro corridoio bianco: una donna, forse una ginecologa forse un'infermiera… magari solo un'inserviente non importa, in ogni caso pochi minuti dopo ecco la ricetta, proprio allo scoccare dell'undicesima ora, la fine di un'incubo! Riteniamo che l'episodio si commenti da sé. È doveroso comunque interrogarsi sulle conseguenze che l'arroganza di militanti ciellini travestiti da medici può causare nella vita della gente comune. Si pensi in particolare ad una ragazza molto giovane e inesperta, un'esperienza del genere la farebbe sentire colpevolizzata, la traumatizzerebbe e le renderebbe un disagio rivolgersi ad un dottore in futuro. Per non parlare poi di possibili risvolti ancora più drammatici: donne in precarie condizioni economiche costrette da questi irresponsabili a scelte future di interruzioni di gravidanza, con tutti i drammi che questo comporta. In ogni caso, é evidente come quanto abbiamo descritto si inserisca perfettamente nel clima generale di attacco ai diritti delle donne, basti pensare alla battaglia clericale contro la 194. Commentando con dei lavoratori questi fatti, abbiamo registrato un'osservazione azzeccata: si notava come l'obiezione di coscienza sia consentita non ad un operaio che avrebbe tutte le ragioni per rifiutarsi "in coscienza" di sottoporsi ai rischi che, per lavoro deve correre, ma ad un medico reazionario criminale, espressione di un sistema folle che trasforma il diritto alla salute in una merce e che consegna a dei pazzi integralisti il potere di decidere della vita altrui.