Di immediata pubblicazione!
Russia: dalla rivoluzione alla controrivoluzione
Quando nel 1989 crollò il muro di Berlino e iniziò lo sgretolamento dei regimi del cosiddetto “socialismo reale” l’euforia dei capitalisti in tutto il mondo arrivò alle stelle. Tante volte avevano dichiarato la morte del comunismo ma ora sembrava che i fatti davano loro ragione…
Dichiararono la vittoria finale del capitalismo e di conseguenza l’inizio di una nuova era di “pace e tranquillità” dove i conflitti sarebbero sempre meno e comunque facilmente governati dai vincitori. Ma in pochi anni abbiamo visto nuove guerre non solo in Asia e Africa, ma - e non succedeva da 50 anni - anche in Europa. Quando nell’agosto di quest’anno la nuova Russia capitalista ha fatto bancarotta l’imbarazzo dei capitalisti è stato superato solo dalla paura per la recessione mondiale in arrivo. Così operazioni propagandistiche come il lancio del “Libro nero del comunismo” servono a poco in presenza della realtà bruciante del capitalismo in crisi. Serve a poco spendere fiumi di inchiostro per “dimostrare” che le rivoluzioni non sono che “golpi” organizzati dai soliti “agitatori” quando interi paesi - come l’Indonesia - si alzano contro la tirannide dei mercati in quello che non può essere definito che una rivoluzione.
Comunque non ci può bastare vedere le code di paglia dei calunniatori capitalisti. Il movimento operaio deve fare i conti con la sua storia, serve non solo a capire, ma soprattutto a ricostruire le basi della lotta per il comunismo nel 2000. Questo doveva essere stato un compito centrale del processo della Rifondazione Comunista. Il libro Russia: della rivoluzione alla controrivoluzione può aiutare in questo dibattito. Di seguito pubblichiamo ampi stralci dell’introduzione.
(…) L’odio per l’Urss non aveva nulla a che vedere col regime totalitario di Stalin, dato che questi stessi “amici della democrazia” non si facevano scrupolo di lodare regimi dittatoriali quando faceva loro comodo. (…) La loro ostilità implacabile verso l’Unione Sovietica non dipendeva, dunque, da un disinteressato amore della libertà, ma dal gretto interesse di classe. Odiavano l’Urss non tanto per quello che aveva di cattivo, ma precisamente per i suoi aspetti positivi e progressivi e quello che osteggiavano non era la dittatura di Stalin (anzi i crimini dello stalinismo facevano molto comodo come strumento per infangare il nome del socialismo in occidente), ma le forme di proprietà statalizzate che erano quanto restava delle conquiste dell’Ottobre. Il pericolo era tutto qui: la Rivoluzione aveva abolito radicalmente la proprietà privata dei mezzi di produzione e per la prima volta nella storia fu dimostrata la vitalità di un’economia statalizzata e pianificata, non nella teoria, ma nella pratica. Su un sesto della superficie terrestre, in un esperimento gigantesco e senza precedenti, fu dimostrata la possibilità di gestire la società senza capitalisti, proprietari terrieri e usurai.(…)
Tutti i colossali progressi dell’alfabetizzazione, della sanità e della previdenza sociale sono stati nascosti da una cascata di menzogne e distorsioni volta a cancellare le autentiche conquiste del passato. Tutte le carenze della vita sovietica - e queste non mancavano - sono state ingrandite in modo sproporzionato e utilizzate per “dimostrare” che non c’è alternativa al capitalismo. (…)
È ironico il fatto che questa revisione della storia echeggi con forza i vecchi metodi della burocrazia stalinista, capace di capovolgere la storia, trasformare figure dirigenti in nullità o demonizzarle, come nel caso di Lev Trotskij, sostenendo sovente che il nero non era proprio nero, anzi era uguale al bianco. (…)
Alcuni degli esempi peggiori di questa scuola provengono proprio dalla Russia, ma ciò non deve sorprendere, in primo luogo perché questa gente è cresciuta nella scuola stalinista di falsificazione, che considerava la verità come un semplice strumento al servizio dell’élite governante. (…)
Occorre considerare però anche un altro motivo ben distinto. Molti dei nuovi capitalisti nella Russia attuale sono loro stessi membri della vecchia nomenclatura, gente che fino a poco tempo fa aveva la tessera del Partito comunista in tasca e parlava nel nome del “socialismo”, ma in realtà non aveva nulla a che fare con il socialismo, il comunismo o la classe operaia. Essi erano parte integrante di una casta dominante parassitaria che viveva nel lusso sulle spalle dei lavoratori sovietici ed ora, con lo stesso cinismo, sono passati apertamente dalla parte del capitalismo. Ma una tale conversione miracolosa non si può consumare così facilmente; l’intellighenzia convertita sente un bisogno impellente di giustificare la sua apostasia coprendo di maledizioni la fede che professava fino a ieri.
Contro questa campagna di menzogne e calunnie è essenziale ristabilire la verità. Non vogliamo sovraccaricare il lettore di cifre, ma è necessario dimostrare oltre ogni dubbio gli enormi progressi compiuti grazie all’economia pianificata. Nonostante i mostruosi crimini della burocrazia, i progressi dell’Unione Sovietica non solo costituiscono una conquista storica, ma soprattutto hanno consentito di palesare le enormi possibilità implicite in un’economia statalizzata e pianificata, particolarmente se questa venisse gestita in modo democratico. Tali progressi si stagliano in netto contrasto con il crollo spaventoso delle forze produttive avvenuto nell’ultimo periodo in Russia e nell’Europa dell’Est. La transizione verso il capitalismo si è rivelata un incubo che ha condannato alla miseria la massa della popolazione. (…)
Nell’arco di 50 anni l’Urss aumentò il prodotto interno lordo di ben nove volte e, nonostante la terribile distruzione della Seconda guerra mondiale, il Pil si quintuplicò tra il 1945 e il 1979, ad un ritmo tale che, se nel 1950 il Pil dell’Urss rappresentava appena il 33% di quello statunitense, nel 1979 aveva raggiunto il 58%. L’Urss era la seconda produttrice industriale del mondo dopo gli Usa ed era la maggior produttrice di petrolio, di acciaio, di cemento, di amianto, di trattori e di molti tipi di macchine utensili. Il programma spaziale sovietico era invidiato da tutto il mondo.
Queste cifre non sono sufficienti da sole per esprimere l’entità del progresso, occorre tener conto del fatto che tutto ciò fu realizzato praticamente senza disoccupazione né inflazione. (…)
La questione centrale, naturalmente, è perché l’Urss è crollata. L’autore spiega tutto il processo in grande dettaglio e dimostra quali furono i fattori che, dopo il 1965, frenarono il ritmo di crescita dell’economia sovietica. Dal 1965 al 1970 il tasso di crescita fu del 5,4 per cento mentre nei sette anni successivi, dal 1971 al 1978, il tasso medio fu solo del 3,7 per cento, da confrontare con una media del 3,5 per cento raggiunta dalle economie capitaliste sviluppate dell’Ocse, a sancire il fatto che il tasso di crescita dell’Unione Sovietica ormai non superava di molto quello raggiunto dai paesi capitalisti. La quota sovietica della produzione mondiale totale addirittura subì un lieve calo passando dal 12,5 per cento nel 1960 al 12,3 per cento nel 1979, mentre nello stesso periodo il Giappone aveva aumentato la sua quota dal 4,7 al 9,2 per cento. Il tasso di crescita sovietico continuò a calare fino alla fine del periodo di Breznev, battezzato da Gorbaciov “il periodo della stagnazione”, quando raggiunse lo zero.
Una volta raggiunto questo punto la burocrazia cessò di giocare anche il ruolo relativamente progressista che aveva avuto in passato e questa fu la ragione per cui il regime sovietico entrò in crisi. (…)
La caduta del Muro di Berlino e il crollo dello stalinismo hanno sollevato molti interrogativi anche nella Russia stessa. Questo libro si pone l’obiettivo di chiarire questi problemi e di rispondere alla propaganda dei nemici del socialismo, basandosi su dati, cifre ed argomentazioni. È un compito atteso a lungo. Non si tratta di un esercizio scolastico, ma rappresenta una preparazione per il futuro. Che cos’era l’Unione Sovietica, perché è crollata e dove sta andando ora la Russia? Furono queste le domande poste da Trotskij nel suo capolavoro La rivoluzione tradita, scritto nel 1936, che conserva a tutt’oggi il pieno vigore e rilevanza di allora. Chi desidera seriamente comprendere ciò che è successo in Russia non può ignorare questa grande opera di analisi marxista, che è il punto di partenza anche del presente libro. In questo libro, al pari della Rivoluzione tradita, ci si pone l’obiettivo di gettare luce sul carattere del regime emerso dalla Rivoluzione d’Ottobre, di analizzarne le tendenze contraddittorie, di delinearne l’ascesa e la caduta e, infine, di indicare la via del futuro.
Questo libro si pone l’obiettivo di chiarire questi problemi e di rispondere alla propaganda dei nemici del socialismo, basandosi su dati, cifre ed argomentazioni. È un compito atteso a lungo. Non si tratta di un esercizio scolastico, ma rappresenta una preparazione per il futuro. Che cos’era l’Unione Sovietica, perché è crollata e dove sta andando ora la Russia?