Non sembra errato affermare che la confusione ideologica della sinistra italiana ed europea (confusione che assume sempre più i tratti di una liquidazione ideologica) passi soprattutto per un mancato rigore teorico nello studio dei meccanismi fondamentali del sistema capitalistico.
Di qui la necessità di rendere nuovamente disponibile, per i tipi della nostra editrice, un testo come Salario, prezzo e profitto, che nacque dalla volontà di Karl Marx di rispondere ad una polemica sorta in seno alla Prima Internazionale sul rapporto tra salari operai, profitti capitalisti e prezzi delle merci.
Si tratta di un’anticipazione, in forma succinta e popolare (ma non per questo meno rigorosa) dei contenuti della più complessa teoria economica di Marx,
esposta nel suo capolavoro, Il Capitale. Il testo si rende assai utile per chi vuole approcciarsi allo studio della teoria economica del rivoluzionario tedesco e per comprendere alcune nozioni base dei meccanismi del capitalismo. Ma il lettore non si inganni: non si tratta dell’esposizione di puri concetti economici o di rapporti matematici. Si tratta anzitutto di un testo dal valore profondamente politico.
Come avvertiva lo stesso Marx in una lettera ad Engels del 20 maggio 1865, se le idee di Weston (che negava ogni utilità pratica della lotta per il salario in quanto queste avrebbero determinato automaticamente un aumento dei prezzi) si fossero diffuse nel movimento, “saremmo alla catastrofe, sia a cagione delle trade unions di qui, sia a cagione dell’infection of strikes (epidemia di scioperi), che adesso domina sul continente”. Idee pericolose che avrebbero minato alla base il concetto e la necessità della lotta di classe.
Di qui il dovere di dimostrare, con grande rigore scientifico, i meccanismi che legano il profitto dei capitalisti, il salario degli operai e il prezzo delle merci per riaffermare il valore concreto e decisivo della lotta operaia per gli aumenti salariali a danno del padrone.
D’altra parte lo stesso Marx affermò una volta che in ultima analisi la lotta di classe non è altro che la lotta per l’appropriazione del plusvalore prodotto dagli operai stessi. Questa lotta poteva, e può, andare in un senso o nell’altro. In fondo, in tempi in cui il padronato prepara la sua guerra di classe al grido di “Aumentare la produttività!” e “Abbassare il costo del lavoro!” (basterebbe dare un’occhiata agli ultimi contratti firmati in varie categorie su orari e produttività per rendersene conto), giova ad ogni militante rivoluzionario, politico e sindacale, lo studio delle tesi economiche fondamentali di Marx in merito al rapporto tra i profitti dei padroni e i salari degli operai e la lotta che si apre proprio attorno all’appropriazione del plusvalore.
Una lotta che si combatte necessariamente su fronti opposti e inconciliabili poiché, come afferma lo stesso Marx, il capitalismo “esclude ogni diminuzione del grado di sfruttamento del lavoro o ogni aumento del prezzo del lavoro (…) tali da esporre a un serio pericolo la costante riproduzione del rapporto capitalistico” (Il Capitale, Volume I).
Lo sforzo di Marx fu dunque quello di fornire una base scientifica e razionale all’utilità e alla necessità delle lotte per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori ma, nel riaffermare il valore decisivo delle lotte parziali per gli aumenti salariali, Marx non pensò mai di scindere questi passaggi dalla lotta più generale per l’abolizione dello sfruttamento. Nelle sue parole: “per la liberazione definitiva della classe operaia, cioè per l’abolizione definitiva del sistema del lavoro salariato” (Salario, prezzo e profitto, XIV).
L’edizione è arricchita da un’utile introduzione a cura dell’editore che completa il testo e mira a sciogliere alcuni nodi teorici attorno ai concetti più importanti della teoria economica marxista.
Karl Marx - Salario, prezzo e profitto
AC Editoriale, Milano, 2013
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