In queste ultime settimane la n’drangheta, vittima di qualche arresto di troppo, è balzata nuovamente sotto l’attenzione dei media dopo aver compiuto una serie di attentati che avevano come obiettivo la magistratura.
Noi comunisti e militanti rigettiamo questa operazione di immagine. In primo luogo, perché si militarizza un territorio che già vede uno spiegamento enorme delle forze dell’ordine, totalmente inefficaci per combattere la criminalità organizzata, ma soprattutto è un procedimento inutile perché non va alla radice del problema. La n’drangheta è diventata una vera e propria multinazionale del crimine, con radici ben profonde nel sistema capitalistico, tanto da non essere più un fenomeno prettamente locale, ma con interessi economici e politici che toccano le regioni padane, con Milano in testa, sino ad allargarsi all’estero (Germania, Belgio, Russia) se la sola arma per combattere la mafia fosse l’esercito l’Italia dovrebbe militarizzare mezzo mondo.
La forza della n’dragheta sta nella miseria e nel degrado del Sud, tale contesto fornisce alla borghesia mafiosa manovalanza a basso costo, sottoposta ad una forte ricattabilità, quando la disoccupazione giovanile supera in alcuni casi il 40 o il 50% è chiaro a tutti che se vuoi lavorare le condizioni sono queste, altrimenti ne se ne trovano subito cento pronti a fare il tuo lavoro.
Per questo pensiamo che l’unica grande arma che può combattere la mafia su tutti i terreni sia la classe lavoratrice di questo paese e la mobilitazione di massa. Le migliaia di persone scese in piazza a Reggio Calabria lo scorso 25 settembre dimostrano che la voglia di lottare contro la n’drangheta esiste.
Per demolire l’impero barbarico delle n’drine è necessario espropriare tutti i beni in possesso alla mafia, tutti i mezzi di produzione, in poche parole bisogna lottare contro il capitalismo, è altrettanto sbagliato affidare alla sola magistratura tutte le speranze della sconfitta definitiva della mafia, i magistrati pur buoni che siano, non possono andare contro lo stato borghese perchè ne sono parte integrante. Il ritrovamento di bazooka davanti alla direzione antimafia che appaiono e scompaiono per la provincia di Reggio, fanno pensare ai depistaggi dei servizi piuttosto che ai classici metodi di intimidazione mafiosi.
Così come è da rigettare l’ipotesi che la n’drangheta sia un mero fenomeno culturale, basta qualche lezione di educazione civica, magari far parlare qualche procuratore o magistrato e si insegna ai ragazzi quanto sia orrenda la mafia.
Peccato che ai più sfugga che una volta tornati a casa, si troveranno in una famiglia che dovrà scegliere se pagare la luce o il gas, e che infine costringe molti giovani a lasciare la scuola prematuramente.
Le analisi superficiali, che girano intorno al problema senza toccarlo mai, servono solo a buttare dei fumogeni negli occhi dei tanti giovani che ogni anno decidono di alzare la testa e ribellarsi.
Per un futuro emancipato dalle barbarie di questo sistema e per godere in pieno delle bellezze della nostra terra senza dover emigrare, è necessario oggi più che mai seguire l’esempio degli operai di Pomigliano, figli dello stesso Sud, che invece di chinare la testa hanno intrapreso la via della lotta.
15 ottobre 2010