È proprio dal mare che parte lo splendido libro-inchiesta di Andrea Palladino “Bandiera Nera – le navi dei veleni” (edito da manifesto libri); qualche mese fa infatti le dichiarazioni di un pentito di ‘ndrangheta, Francesco Fonti, fecero riapparire una vecchia storia che parla dell’affondamento nel mare del nostro paese di numerose navi cariche di ogni tipo di rifiuto, comprese scorie nucleari e radioattive. In particolare al largo di Cetraro (provincia di Cosenza) sarebbe stata affondata la nave Cunski. Questo episodio riaprì per poi richiudere quasi immediatamente l’attenzione su queste losche vicende. Il governo infatti dopo frettolosi e misteriosi controlli, cui è stato vietato assistere ai giornalisti presenti sul luogo, ci fece subito sapere che la storia delle navi dei veleni era solo una storiella inventata dalle solite malelingue e che a Cetraro il relitto trovato era di una vecchia nave passeggeri della prima guerra mondiale.
Da qui Palladino parte, studiando le storie di queste navi citate da Fonti, risalendo a episodi un po’ più lontani che però si intrecciano in maglie sempre più oscure per arrivare fino a noi. Queste navi sono state utilizzate tutte per strane operazioni che portano verso il Libano, il Venezuela e la Nigeria. Cosa hanno in comune queste tre rotte? In tutti i casi vi erano delle strane società che gestivano lo scarico di merci nei loro porti e tutte queste società avevano una relazione stretta con la Jelly Wax, una società milanese che si occupava di gestione e smaltimento di rifiuti industriali. Questa società acquistava le navi e si riforniva di rifiuti e scarti industriali, organizzando i carichi quasi sempre da porti secondari del nord e centro Italia; tutti carichi che, come spiega bene l’inchiesta, saranno poi al centro di veri e propri casi internazionali. In pratica questi fusti carichi di ogni tipo di veleno, che formalmente sarebbero dovuti viaggiare in tutta sicurezza per attraccare in centri specializzati allo smaltimento, venivano poi abbandonati in terreni isolati in giro per il mondo spargendo morte e distruzione. All’inizio degli anni ’80 il governo italiano fu costretto ad andare a riprendersi questi rifiuti in Venezuela e in Libano organizzando delle spedizioni che si guadagnarono allora il soprannome di “navi dei veleni”.
Ma non è certo questo l’aspetto più drammatico della vicenda; infatti Palladino ci spiega come tutto ciò fosse in pratica coperto dallo stato italiano (considerato dalla comunità internazionale una sorta di “stato canaglia” in tema di reati ambientali). Nell’ 87 dopo aver accertato i crimini commessi dalla Jelly Wax, lo stato italiano la considerava ancora una “grande società” assolutamente affidabile e la regione Lombardia continuava a dargli gli appalti per lo smaltimento delle scorie industriali.
Quando parlando di smaltimento illegale di rifiuti pensiamo al clan dei Casalesi o alle altre organizzazioni criminali del sud Italia, parliamo solo di una parte della verità. Impressionanti i nomi delle aziende che dalle indagini della magistratura si sono avvalse di questi “servizi a basso costo” senza farsi alcuno scrupolo ad avvelenare mezzo pianeta nel nome del Dio Profitto: Acna, Agip, Basf, Bayer, De Longhi, Enichem, Ilva, Monsanto, Montedison, Pirelli, Shell, solo per fare alcuni nomi. Il gota del capitalismo mondiale! La malavita organizzata è solo il braccio di un sistema marcio che è il sistema capitalista, che pur di arricchirsi, non si fa alcuno scrupolo.
Da quest’inchiesta emerge che in Italia c’è un ciclo dei rifiuti eternamente irrisolto, con le scorie industriali che avvelenano sistematicamente le nostre terre e i nostri mari da un tempo immemorabile. Basta fare due conti, accostando la quantità di rifiuti industriali prodotti con il numero di tonnellate legalmente smaltite per capire come il ciclo criminale dei veleni sia qualcosa di sistematico; dati di Legambiente ci dicono che in Lombardia, a fronte di circa 7 milioni di tonnellate di rifiuti annue, solo 2 milioni e mezzo erano quelle smaltite in siti autorizzati.
La conclusione di “Bandiera Nera” si limita a fare un elenco di domande finora senza risposta. Starà a noi fare in modo che si possa intaccare questo sistema andando al cuore del capitalismo e che sia il protagonismo dei lavoratori a fare sì che si possa andare verso una forma di sviluppo che abbia a cuore gli interessi di tutti e non il profitto di pochi.
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