Nella giornata di lunedì 9 maggio si è tenuto il Comitato Centrale della Fiom-Cgil. La riunione era stata richiesta da diversi dirigenti della Fiom per avere un chiarimento sulla vertenza Bertone, dal momento che, a differenza di quanto accaduto per le vicende di Pomigliano e Mirafiori, non si erano mai riuniti gli organismi dirigenti del sindacato (Segreteria nazionale compresa) per affrontare una questione così importante e carica di valenza generale.
La riunione si è conclusa con la presentazione di due documenti contrapposti. Il primo redatto dal Segretario Generale Maurizio Landini ed il secondo presentato dalla minoranza congressuale e redatto dal compagno Fausto Durante. La votazione si è conclusa con 106 voti a favore del testo presentato dal Segretario Generale e 29 a favore del documento di Durante. In 15, tra cui chi scrive, hanno espresso un voto di astensione. La ragione dell'astensione è dovuta essenzialmente al persistere di un punto di dissenso su un aspetto centrale, ovvero l'assegnare o meno alle Rsu la titolarità di poter firmare accordi che prevedano la rinuncia di diritti indisponibili sanciti dalla costituzione e dallo Statuto dei lavoratori e la rinuncia al contratto nazionale. Caricare sulle spalle della Rsu questa responsabilità, così come è stato consentito alla Bertone, crea un precedente e sottoporrà in futuro le stesse Rsu delle aziende in crisi o che vogliono delocalizzare a delle responsabilità che non potranno essere in grado di sostenere. A quel punto il rischio di avere nel giro di poco tempo un moltiplicarsi di casi Bertone è davvero concreto.
Nel dibattito sono poi emerse due posizioni differenti all'interno dei sostenitori del documento presentato dal segretario generale. Da un lato c'è chi, come Landini stesso, ritiene quella della Bertone una mossa tattica che vuole però essere in linea con le decisioni assunte dalla Fiom negli scorsi CC in merito alla vertenza generale del gruppo Fiat. Dall'altro c'è chi, come il compagno Giorgio Airaudo, ha esplicitamente chiarito che la valenza di quanto accaduto a Grugliasco è di carattere strategico. Non è un caso peraltro che sia stato proprio e solo il quotidiano della famiglia Agnelli, La Stampa, a cogliere questa articolazione di posizioni. Sostenere, come ha fatto Airaudo nel suo intervento, che le condizioni nel gruppo Fiat dalla vertenza di Pomigliano a oggi sono mutate (e quindi sottintendendo che conseguentemente si deve rivedere la linea) e che negli stabilimenti Fiat dove si produce non abbiamo i rapporti di forza per reggere il conflitto. Affermare inoltre che nella vicenda del contratto nazionale non si deve più parlare di “riconquista” (che invece è stato il termine attorno a cui si è costruita la linea di Landini all'assemblea dei 500 tenutasi a Cervia il 2 e 3 febbraio scorsi) ma di “ricostruzione” (affermando in sostanza che si è disposti a partire da zero e quindi a ridiscutere con i padroni anche quei principi fondamentali che finora sono stati il caposaldo della strategia della Fiom) significa implicitamente preparasi a mettere in discussione la linea portata avanti dalla Fiom negli ultimi 10 anni.
Dobbiamo tutti trarre una lezione da questo episodio; non possiamo restare continuamente sulla difensiva, presto o tardi cadiamo in errore. Dobbiamo riorganizzare le nostre fila e prepararci al rilancio dell'iniziativa senza aspettare che sia Marchionne a decidere i tempi e il terreno su cui i lavoratori saranno nuovamente sotto attacco. Questo è stato lo spirito con cui la Fiom ha lanciato la manifestazione del 16 ottobre e lo sciopero di fine gennaio. Questa è la direzione in cui riprendere il cammino, in un anno in cui oltre a sostenere lo scontro contro la Fiat si apre anche la partita per la riconquista del contratto nazionale.
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Intervento di Paolo Brini al Comitato Centrale del 09 Maggio 2011
(N.B. Dato il numero elevato di interventi, la presidenza del Comitato centrale ha ritenuto di assegnare a ciascun intervento massimo 5 minuti. Perciò non è stato possibile esporre una parte dell'intervento per ragioni materiali di tempo. Tale parte è comunque qui sotto trascritta e contraddistinta dal carattere in corsivo)
Compagni, la discussione di oggi è importante, delicata e complicata. Avrei preferito fosse fatta prima, come avvenuto per Pomigliano e Mirafiori, perchè ovviamente parlare a cose fatte ha un valore diverso.
Tuttavia vorrei in primo luogo chiarire cosa, a mio avviso, non è e non deve essere questa discussione. Questo non è un dibattito sul segretario generale. Questa è una discussione di merito e come tale deve essere affrontata. Personalizzare il dibattito è un metodo sbagliato che, riducendo tutto ad atti di fedeltà o meno nei confronti di una persona, impedisce nella sostanza di discutere di contenuti in maniera costruttiva.
In secondo luogo eviterei di parlare di “mosse del cavallo” o di “genialità operaia” per descrivere quanto accaduto alla Bertone. Perché quando si fanno incontri riservati con Marchionne e Chiamparino la Genialità operaia non centra nulla. Il punto è un altro.
Ovvero, mentre da un lato il segretario generale nella sua relazione ha descritto la scelta fatta alla Bertone come una mossa tattica (con cui si può essere d'accordo o meno e tra breve spiegherò cosa non mi convince di questa vicenda) in coerenza con quanto deciso in precedenza dal Comitato Centrale in merito alla vertenza Fiat, dall'altro c'è un pezzo della maggioranza congressuale Fiom che ritiene quella della Bertone una svolta strategica. Ritiene cioè che si debba andare a trattare con Marchionne alle condizioni date e stante questa situazione. Altrimenti, ripeto, come si spiegherebbero gli incontri riservati che sono stati fatti con Chiamparino e Marchionne?
Che alla Bertone poi, l'atteggiamento da noi tenuto sia stato opposto rispetto a quello avuto a Pomigliano e Mirafiori mi pare un dato oggettivo. In queste ultime l'organizzazione e la Rsu Fiom, ognuno con le proprie prerogative e i propri ruoli, hanno contrastato gli accordi imposti dalla Fiat. Alla Bertone non solo la Rsu ha organizzato il referendum nonostante lo ritenessimo illegittimo, ha dato indicazione di votare Sì ed ha firmato l'accordo, ma la stessa Fiom in quanto organizzazione ha avvallato questa decisione.
Sono convinto che questa scelta sia stata sbagliata, perché nulla nella situazione data poteva giustificare una tale inversione di marcia. Il ricatto cui sono stati sottoposti i lavoratori della Bertone non è forse lo stesso subito a Pomigliano e a Mirafiori? La minaccia non era la stessa “o mangi questa minestra o salti dalla finestra”? Se negli altri due stabilimenti avesse vinto il NO, la Fiat non avrebbe avuto la stessa scusa per chiudere tutto e licenziare i lavoratori? Evidentemente si. Ricordo inoltre a tutti noi che già quando discutemmo di Mirafiori la minoranza congressuale Fiom aveva proposto che firmasse la sola Rsu e non l'organizzazione. All'epoca noi però respingemmo quella tesi dicendo che il far firmare la Rsu e non la Fiom era come nascondersi dietro ad un dito ed avvallare una sorta di “firma tecnica” (che ritenevamo giustamente sbagliata) sotto altra forma. Perché mai allora in questo caso non dovrebbe avere lo stesso significato?
Certo alla Bertone c'è una differenza di rilievo rispetto agli altri due stabilimenti. Qui la Fiom è ampiamente maggioritaria tra i lavoratori e le Rsu. Se però il punto era questo, allora sorgono due tipi di obiezioni.
O avevamo paura di vincere il referendum e dare così la scusa a Marchionne per chiudere lo stabilimento facendo ricadere su di noi la colpa. Ma in questo caso, mi si permetta, se le cose stanno così, rischiamo davvero di offrire il fianco a chi dice, in primis Fim e Uilm, che noi facciamo i “rivoluzionari” quando sappiamo che siamo minoranza e invece diventiamo “responsabili” e “moderati” quando il cerino è in mano nostra.
Oppure avevamo paura che, nonostante avessimo la maggioranza degli iscritti e delle Rsu, potessimo perdere il referendum ed essere “sconfessati”. Certamente questo rischio era presente e ovviamente uno scenario di quel genere non sarebbe stato facilmente gestibile. Tuttavia sono convinto che se avessimo perso il referendum mantenendo però la stessa linea di Pomigliano e Mirafiori oggi saremmo comunque in una situazione di maggior compattezza e chiarezza nei confronti della nostra base ed inoltre saremmo in una posizione politico-sindacale decisamente di maggior forza.
Nei fatti, con la scelta fatta alla Bertone, è passato il messaggio che da oggi, se si abbatte direttamente su di noi il ricatto “diritti in cambio di lavoro”, nella migliore delle ipotesi andiamo in pezzi e che, in ogni caso, i padroni il modo per imporre le loro condizioni tramite le Rsu lo trovano.
Su questo, non nascondiamoci dietro al dito dell'autonomia delle Rsu. Primo perché non si posso adottare due pesi e due misure a seconda della situazione. Non è possibile che alla Piaggio l'organizzazione ha “sparato a zero”, con tanto di articoli sui giornali ed interviste, contro la Rsu Fiom perchè questa aveva “osato” opporsi alla firma di un accordo di mobilità volontaria, mentre alla Bertone, dove la Rsu ha accettato di rinunciare a diritti indisponibili ed al contratto nazionale, se ne tesse le lodi.
Se facciamo passare il principio per cui le Rsu possono firmare accordi di tal genere, si crea un precedente che aprirà una voragine senza fine nelle centinaia di aziende che sono nella medesima situazione della Bertone. Di fatto, dato che le Rsu sono la nostra base, in questo modo rischiamo di minare alle fondamenta la nostra organizzazione.
È naturale, per altro, che in questo contesto gli 11 rsu di Melfi che volevano firmare l'accordo sull'Ergouas ora ringalluzziscano, rivendichino il diritto di poter firmare quell'intesa e pretendano ora di poter fare il referendum a scrutinio segreto in Sata sulla vicenda.
Allo scorso CC mi ero permesso di far notare che l'episodio di Melfi non era casuale, ma era un campanello d'allarme. A fronte di quel che è successo alla Bertone sono ancora più convinto di questo.
Questi episodi sono l'effetto di un limite nella strategia complessiva adottata dall'organizzazione e cioè la non chiarezza su che cosa faremmo qualora avessimo la forza e i numeri in un qualche stabilimento, come alla Bertone appunto, per respingere il ricatto di Marchionne. Questa domanda vale pure nel caso noi vincessimo il ricorso in tribunale contro l'accordo di Pomigliano/Mirafiori. Il nostro limite, nella sostanza, è su quale alternativa di sistema noi contrapponiamo al modello Marchionne e con quali mezzi e metodi di lotta pensiamo di perseguire questo obbiettivo.
Credo che la discussione di oggi chiarisca definitivamente che c'è un pezzo della maggioranza della Fiom che pensa si debba cambiare linea rispetto a quella tenuta a Pomigliano e Mirafiori. Io credo invece non solo che quella linea vada mantenuta, ma che vada rafforzata ed approfondita.
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