La Corte costituzionale ha sancito il rientro della rappresentanza Fiom nelle fabbriche del gruppo. Il sindacato può di diritto stare in fabbrica anche senza firmare accordi! Ne esce bocciata tutta la linea strategica della Fiat, che voleva ad ogni costo escludere i dissidenti dalle proprie fabbriche.
I delegati di ogni fabbrica si stanno rimpossessando delle salette sindacali, potranno richiedere le assemblee e dovranno essere avvertiti in caso di riunioni importanti dall’azienda. Se dal punto di vista teorico tutto ciò è praticabile, la realtà è ben diversa. A Pomigliano ad esempio viene impedito alle Rsa di entrare in contatto con i lavoratori. La Fiom continua ad essere convocata in sede separata, così come accaduto per la proroga della cassa a Mirafiori. Ci dobbiamo aspettare ogni tipo di ostruzionismo: l’assemblea ad esempio potrebbe essere concessa ma depotenziata attraverso minacce ai lavoratori affinché non vi partecipino o impedendo la partecipazione di coloro che sono in cassa.
La discriminazione dei lavoratori Fiom continua: sono quelli che fanno cassa integrazione più di tutti e, come succede a Pomigliano, non hanno più la possibilità di stare nel cuore produttivo, cioè sulle linee di montaggio. Tutti gli stabilimenti sono in difficoltà, perché non esistono al momento modelli tali da garantire l’occupazione per tutti i lavoratori, specie se non ci sono investimenti.
La reazione della classe lavoratrice proprio per le condizioni in cui versa, tarda a venire. A differenza di chi crede che ci sia un rapporto automatico tra il peggioramento delle condizioni di lavoro e la presa di coscienza dei lavoratori, bisognerà lavorare molto per far comprendere fin dove possono arrivare i padroni. La Fiom, sul tema Fiat, continua a svolgere un ruolo fondamentale in questa partita, ma deve impegnare tutte le sue energie per convincere i lavoratori ad avere fiducia nella loro forza con una piattaforma e una strategia adeguata.
In un’assemblea svoltasi il 4 ottobre a Pomigliano la Fiom si è impegnata a rilanciare la vertenza a livello nazionale. Occorre farlo con determinazione: rivendicare la riduzione dell’orario di lavoro, la distribuzione del lavoro che c’è tra tutti gli stabilimenti, mettere in discussione le scelte di Marchionne.
Rivendicazioni tanto semplici quanto inaccettabili per un capitalismo tutto lanciato al massimo sfruttamento per spremere più profitto possibile. Occorre fornire una prospettiva a quegli stabilimenti che sono stati chiusi come Termini Imerese e Irisbus, per i quali è necessario iniziare a discutere della nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori visto che il padrone se ne è andato.
Il ritorno della Fiom in Fiat è un passo importante, ma appunto un primo passo. Non basta invocare il rispetto della Costituzione o dei diritti, da tempo in gran parte azzerati, bisogna rinsaldare il rapporto con i lavoratori e far sì che l’aspettativa creatasi tra molti nel ritorno della Fiom in Fiat si trasformi nei prossimi mesi nella consapevolezza della necessità di lottare per difendere e migliorare le condizioni di vita e di lavoro.
*operaio Fiom Fiat Pomigliano