Cari compagni
non credo di esagerare se dico che siamo ad un passaggio epocale per la storia del movimento operaio di questo paese dal '45 ad oggi.
Perchè quando il più grande gruppo industriale di questo paese in sul colpo, con un solo accordo, fa carta straccia dei diritti democratici sanciti dalla costituzione, dei diritti democratici contenuti nello statuto dei diritti dei lavoratori, del contratto nazionale e dei contratti aziendali, vuol dire che a rischio ci sono i diritti democratici non solo dentro ma anche fuori dalle fabbriche, nella società.
Chiamiamo le cose con il loro nome. L'accordo di Mirafiori impone il fascismo in fabbrica! Quando non puoi più scegliere a quale sindacato iscriverti, non puoi più eleggere i tuoi delegati di fabbrica, non puoi più scioperare, non puoi più alzare la testa, ma l'unica cosa che puoi anzi devi fare è piegare la testa, lavorare come una bestia ed essere al servizio del padrone 24 ore su 24... come si chiama questo tipo di regime? Noi lo abbiamo già conosciuto nella nostra storia, si chiama fascismo!
Per questo sono convinto che questo non sia e non possa essere un semplice rinnovo del contratto nazionale. Qui c'è in ballo molto di più. Ci sono in ballo le condizioni di vita e di lavoro, c'è in ballo il futuro industriale di questo paese, e prima di tutto ci sono in ballo i diritti e la dignità della classe lavoratrice. La portata di questo rinnovo contrattuale è paragonabile a quella del contratto nazionale del 69, una vertenza che fu molto di più di un contratto nazionale, fu un passaggio costituente per i diritti e le condizioni dei lavoratori. E oggi come allora dobbiamo avere chiaro in testa che possiamo anche scrivere la più bella piattaforma di questo mondo, ma o noi scateniamo la rivolta nelle fabbriche contro questa offensiva padronale o sarà molto dura poter vincere. Questo è un compito che ha ciascuno di noi nella sua fabbrica, nella sua postazione, nel suo reparto di lavoro.
In questo contesto la Fiom sta giocando un ruolo decisivo. Il successo di tutte le mobilitazioni che abbiamo proclamato dimostra che la Fiom è diventato un punto di riferimento generale, forse purtroppo l'unico, per tutti i lavoratori, non solo metalmeccanici.
Dico fermamente e categoricamente che la Fiom non può essere l'unico punto di riferimento per la classe lavoratrice di questo paese. E lo dico innanzitutto alla Cgil. Alla Confederazione, al mio sindacato, dico che la Fiom non può essere lasciata sola, non potete lasciarci soli in questa battaglia!
A chi nelle scorse settimane aveva sostenuto che l'accordo di Mirafiori rappresentava una sconfitta per la Fiom, mi permetto di dire che l'esito straordinario e meraviglioso del referendum a Mirafiori dimostra l'esatto opposto! I lavoratori di Mirafiori, così come prima quelli di Pomigliano, ci hanno detto che i diritti e la dignità non si scambiano con nulla, non hanno prezzo e su questo non si accettano ricatti! Ma l'esito di quel referendum ha dimostrato per l'ennesima volta che la Fiom era con i lavoratori e per questo ne è uscita profondamente rafforzata, in termini di autorità e radicamento! Per questo davvero non è possibile e non è accettabile che a Bologna, allo sciopero del 27 gennaio, nelle sue conclusioni il segretario generale della Cgil in 35 minuti di intervento sia riuscita “nell'impresa impossibile” di non pronunciare nemmeno una volta le parole “sciopero generale”. Chiedo: ma cosa ancora deve accadere in questo paese per proclamare lo sciopero generale???Deve forse cadere un meteorite sulla villa di Arcore????
Data la portata appunto di questo rinnovo contrattuale, la nostra piattaforma deve essere innanzitutto la nostra risposta strategica, di classe, alla linea Marchionne/Confindustria. E per questo penso che siano 3 o 4 le questioni essenziali su cui soffermarsi.
Innanzitutto l'aspetto salariale. Su questa questione abbiamo una battaglia da fare che non è solo politico sindacale, ma anche ideologica e culturale. Se è vero, come è vero, che la logica del salario legato alla produttività è fallita (e lo dimostra il fatto che dal '93 ad oggi i dati sulla redistribuzione della ricchezza dicono che i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i lavoratori sempre più poveri) noi dobbiamo respingere questo concetto. Dobbiamo cioè tornare ad avanzare il concetto che il salario è e deve essere una variabile indipendente, slegata all'andamento delle aziende. Non è possibile che i padroni comandino e i lavoratori paghino in termini salariali per le loro scelte!
Il secondo aspetto da affrontare nella piattaforma deve essere quello delle condizioni di vita e di lavoro. Su questo Maurizio (Landini) nella sua relazione ha già detto alcune cose. Io ne aggiungo tre. Penso innanzitutto che, attraverso questo contratto, dobbiamo rendere inapplicabili la legge 30 e il collegato lavoro alla finanziaria. Inoltre dobbiamo far si che i lavoratori assumano un ruolo attivo e vincolante nello stabilire la metrica, le modalità ed i tempi di lavoro in fabbrica. Infine penso che dobbiamo eliminare il periodo di comporto dalla malattia. Non è possibile che un lavoratore oltre ad avere la sfiga di ammalarsi, anche seriamente, debba anche correre il rischio di perdere il posto di lavoro.
Il terzo aspetto da affrontare è quello della nostra risposta alla repressione che i padroni stanno esercitando nelle fabbriche, a partire ovviamente dalla Fiat. Da questo punto di vista penso che noi dobbiamo rivedere assolutamente la disciplina del lavoro normata contrattualmente. Non è possibile che, mentre in una causa non di lavoro l'imputato sia considerato innocente fino a prova contraria, in fabbrica sia l'esatto contrario e i lavoratori siano considerati colpevoli fino a prova contraria. Quando un'azienda ti vuole colpire e ti manda una lettera di contestazione ha già deciso di punirti, perciò non è possibile che l'azienda sia anche quella che giudica l'attendibilità delle tue giustificazioni. Non può essere l'azienda a fare sia da accusa che da giudice. Abbiamo in Fiom una consulta di giuslavoristi preparatissima e molto competente, io penso che con il loro aiuto dobbiamo mettere mano e stravolgere questa logica profondamente ingiusta e repressiva.
Infine l'ultimo aspetto che dobbiamo affrontare nella piattaforma deve essere quello della difesa dell'occupazione e del futuro industriale del paese.
Da un lato diventa centrale la questione dell'orario di lavoro. Ci rompono i maroni con sto modello tedesco? Bene in Germania si lavora mediamente dalle 27 alle 33 ore settimanali e i salari sono minimo di 2600 euro. Vogliamo parlare di modello tedesco? Partiamo da qui! Noi dobbiamo fare una battaglia epocale per dire che si deve lavorare tutti e lavorare meno per garantire occupazione, salario e dignità!
In secondo luogo io credo che dobbiamo cogliere il suggerimento che sul manifesto del 28 gennaio avanzava Tonino Perna, il quale parlando del futuro dello stabilimento di Termini Imerese si chiedeva “ e se l'alternativa fosse l'autogestione come in America Latina?”. Su questo aspetto dobbiamo aprire una riflessione ed una discussione al nostro interno. Peraltro io ho avuto il privilegio di andar a vedere direttamente, per conto della Fiom, come funzionano le fabbriche sotto controllo operaio in America Latina. Penso davvero che questo concetto del controllo operaio, assieme a quello del controllo pubblico e della nazionalizzazione siano aspetti su cui dobbiamo soffermarci. Questa può essere davvero la nostra risposta e la nostra alternativa alla delocalizzazione ed alla deindustrializzazione.
Infine chiedo a Maurizio nelle sue conclusioni di chiarirmi un passaggio della sua relazione che mi ha lasciato un po' perplesso. Mi riferisco al passaggio in cui si parla di contrattazione sociale ed in particolare di sanità integrativa e asili nido. Nel senso che giustamente si ricordava di come nelle vertenze aziendali negli anni 70 si imponeva alle aziende di spendere soldi per costruire, per esempio, asili pubblici, imponendo così un ruolo anche sociale più generale a queste vertenze. Questa è una cosa ovviamente positiva. Il punto è che su questo noi dobbiamo chiarire la nostra posizione poiché oggi quello che sta avanzando non è l'idea che i padroni debbano dare soldi per costruire asili pubblici sulla base della pressione dei lavoratori. Sta al contrario avanzando l'idea deleteria dell'asilo aziendale. Sta cioè avanzando una logica profondamente paternalistica e ricattatoria che noi dobbiamo assolutamente respingere e rifiutare. Inoltre, se è vero che la sanità integrativa si sta diffondendo in molti accordi aziendali, penso che il nostro approccio non possa essere quello di “gestire” al meglio, o meno peggio, questa situazione. Se davvero voliamo continuare a portar avanti la battaglia per la sanità pubblica, noi dobbiamo respingere categoricamente queste logiche di sanità integrativa.
Infine permettetemi di concludere il mio intervento salutando con entusiasmo e a pugno chiuso lo scoppio della rivoluzione nei paesi arabi. La classe operaia di quei paesi sta dimostrando anche a noi qual'è la strada che la classe operaia del nostro paese deve intraprendere per cacciare i nostri “dittatori”. Grazie
Cervia (Ra), 3 febbraio 2011
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