Si è tenuto venerdì 19 dicembre il Comitato centrale della Fiom. Pubblichiamo l’intervento di Paolo Brini.
Compagni,
credo che quanto accaduto nelle settimane che abbiamo alle spalle ci consegnino due dati di fatto inequivocabili.
Da un lato ancora una volta emerge quale forza e potenzialità ha il movimento operaio quando scende in campo. È bastato che il proletariato starnutisse (se paragoniamo questo autunno alle grandi lotte del passato, una manifestazione e uno sciopero generale territoriale sono davvero giusto un piccolo inizio) perché in meno di 24 ore crollasse quel castello orwelliano creato da Renzi per cui sembrava che fosse il paladino degli oppressi e veniva creduto quando raccontava di essere dalla parte dei più deboli. Non a caso ora il suo consenso è in picchiata.
D'altro lato ancora una volta emerge tutta l'inadeguatezza ed incapacità dell'attuale gruppo dirigente della Cgil. Travolti dagli eventi, privi di qualsivoglia analisi e strategia, i vertici confederali in questi mesi sono sempre stati al traino della situazione. Tale inadeguatezza è sintetizzata in maniera plastica dall'esito dell'ultimo direttivo di 2 giorni fa. Un direttivo in cui a parte gli auguri di natale non viene data alcuna indicazione su come proseguire la lotta. L'unica proposta che si fa è di spostare la battaglia sul terreno contrattuale. Questa indicazione dà un segnale inequivocabile di smobilitazione. Perché quando si dirotta una battaglia che ha assunto una palese connotazione politica sul piano strettamente contrattuale diventa chiaro il messaggio del "rompete le righe".
La Cgil dovrebbe al contrario rilanciare la lotta proprio tenendo come piano di riferimento quello politico. Certo, da declinare anche sugli altri piani come quello contrattuale, ma senza mai perdere la bussola né la portata della posta in gioco. Non accetto che mi si dica "non possiamo andare avanti a colpi di scioperi generali perché sennò verrà sempre meno gente in piazza" per giustificare il fatto che non ci si vuole più mobilitare. È ovvio che gli scioperi generali in se non bastano ma è altrettanto vero che sono necessari. L'idea di mantenere generale il conflitto è una conditio sine qua non per vincere. Il punto è capire quali debbono essere le parole d'ordine, la strategia e gli obbiettivi della lotta. Questo è l'elemento che manca. L'obbiettivo della mobilitazione avrebbe dovuto e dovrebbe essere uno solo e fortemente politico: la cacciata del governo Renzi. Governo di padroni e banchieri!
Se poi ci pensate, data la profondità della crisi economica e le contraddizioni che questo genera, oggi anche il terreno contrattuale è inevitabilmente spinto sul piano politico. Ogni vertenza sindacale anche la più banale assume connotati politici. Da questo punto di vista quanto avviene nella siderurgia ne è un esempio lampante, sia nella vertenza Ilva che in quella Thyssen.
Sulla questione Ilva dobbiamo stare molto attenti ed essere molto rigorosi nel valutare quanto sta accadendo. Renzi si appresta a fare l'ennesimo regalo ai padroni. La logica che muove l'intervento pubblico che lui ha in mente è sempre la solita: privatizzare i profitti e socializzare le perdite. Questo per noi è inaccettabile e non possiamo fare sconti. Le nazionalizzazioni non sono tutte uguali. Dipende qual è la natura di classe che vi è alla base. Di interventi pubblici come quello renziano, il maggior fautore in passato fu Mussolini. Il che rende bene l'idea. Noi dobbiamo rivendicare una nazionalizzazione non solo senza indennizzo ma che preveda che a pagare per i disastri di Riva sia Riva stesso. Una nazionalizzazione fatta non per poi regalare di nuovo l'ilva ad un altro padrone senza scrupoli ma perché resti pubblica e ponga al centro lavoro e ambiente.
Sulla vicenda Ast io compagni, al contrario di voi, do un giudizio negativo dell'accordo. Per ragioni di tempo non posso entrare nel merito perciò mi scuserete se sarò tranchant, ma il punto di fondo credo sia uno. Se è vero che l'accordo da un punto di vista strettamente sindacale è meno peggio del Lodo Guidi tuttavia mi pare innegabile che comunque abbia prevalso la linea aziendale di scaricare i tagli dei costi sui lavoratori. Sia in termini di occupazione che di salario. In un contesto di palese smobilitazione dell'azienda dal sito di Terni. Situazione che rende velleitarie le assicurazioni di continuità produttiva scritte sull'accordo. Il rischio evidente è che finisca come lo stabilimento di Termini Imerese per Fiat. Quale era l'alternativa? Una sola. La nazionalizzazione della fabbrica. Una nazionalizzazione che avrebbe avuto una connotazione opposta a quella pensata da Renzi per Taranto. È chiaro infatti che un tale risultato ottenuto sulla spinta della lotta operaia avrebbe avuto un significato politico preciso: mattere in discussione la proprietà privata.
Allora, dato che siamo a natale, voglio essere eretico fino in fondo e concludere proponendo alla discussione l'altra questione di fondo. Se è vero che la battaglia è politica e che la posta in gioco è politica questo pone il problema centrale dell'organizzazione politica del movimento operaio. Non raccontiamo panzane, questa discussione ha da sempre coinvolto il movimento sindacale. Molti dei principali partiti politici della classe operaia sono nati anche sulla spinta delle organizzazioni sindacali. Sia il partito socialista italiano ma penso anche al Labour party o al PT brasiliano per citarne alcuni. Le elezioni in Emilia pongono esattamente all'ordine del giorno questa discussione. Quei 700mila che non sono andati a votare per il PD chi sono se non la "nostra" gente? Se non quei lavoratori legati alla Cgil che finalmente hanno capito che il PCI non esiste più? Certo...ci sono voluti 23 anni per capirlo ma ci siamo arrivati. Meglio tardi che mai.
Il PD ha sancito, deo gratias, la sua rottura definitiva con la Cgil.
Ora, chi oggi può affrontare concretamente questa questione di fondo? Chi ha la massa critica per porre all'ordine del giorno la costruzione di un'organizzazione politica dei lavoratori se non la Cgil e/o la Fiom?
Questi sono i temi di cui dovrebbe discutere la Cgil ma che non ha nessuna intenzione di affrontare. Mi chiedo se questa intenzione ce l'ha la Fiom ma, dato l'allineamento alla Camusso avuto al Direttivo e il tenore della discussione di oggi, mi pare proprio di no.