Il nostro intervento davanti alle fabbriche
Al contrario di quanto era accaduto con la consultazione per il protocollo sul walfare svoltosi lo scorso ottobre, il referendum dei metalmeccanici conclusosi il 28 febbraio non ha trovato uno spazio adeguato sui mass media. Eppure la conclusione col voto dei metalmeccanici di questa sofferta vertenza segnerà molti dei passaggi futuri delle vicende sindacali del paese.
Ora i vertici di Cgil, Cisl e Uil hanno un ostacolo in meno per poter arrivare a una controriforma del modello contrattuale nazionale (come segnaliamo in un altro articolo di questa rivista). Il prossimo passaggio sarà il direttivo nazionale della Cgil del 12 marzo.
Sicuramente il segretario della Fiom esporrà più di una critica sul merito e il metodo sulla nuova controriforma, ma ormai il danno è fatto. Nel contratto firmato sono contenuti tutti gli elementi che contraddistinguono il nuovo modello contrattuale.
Non stupisce l’entusiasmo con cui il Sole 24 ore saluta con entusiasmo la fine di questa difficile partita, ricordandoci ancora una volta che non è accettabile che un paese civile debba assistere a forme di lotta come i blocchi stradali messi in campo dagli operai a gennaio, mentre ritiene civilissimo che centinaia di lavoratori ogni anno muoiano nei luoghi di lavoro per garantire il loro profitto. Allo stesso modo non stupisce che chi ha firmato questo accordo, come il segretario della Fim, affermi che è il miglior contratto firmato dai metalmeccanici dal 1992. È invece patetico il giornalista de Il manifesto che afferma che “si è riusciti a costringere i padroni a fare un passo indietro rispetto alle pretese della prima ora sul piano salariale, sugli orari e sulla flessibilità”.
È vero proprio il contrario, basti ricordare che la piattaforma approvata a gennaio dai metalmeccanici con l’88 per cento di voti a favore è stata accantonata e “grazie” anche alla intermediazione del Ministro del Lavoro e la trattativa è ripartita sulla bozza di piattaforma di Federmeccanica.
La campagna per il No
La campagna per il No ha visto come protagonisti quasi esclusivamente delegati e lavoratori aderenti o vicini alla Rete 28 aprile, che si sono impegnati in un confronto che è poco definire impari per tentare di intercettare il malessere e lo scontento verso l’ennesimo accordo al ribasso. Come con la campagna contro lo scippo del Tfr e quella contro il protocollo sul welfare lo scorso anno, i sostenitori di questa rivista sono stati in prima fila con uno sforzo di mobilitazione straordinario.
Abbiamo distribuito in 15 giorni oltre 30mila volantini in circa 80 fabbriche con almeno 100 diffusioni in 16 città diverse.
Abbiamo aperto la campagna alla conferenza dei lavoratori del Prc a Torino il 9 febbraio distribuendo oltre 800 volantini.
A Bergamo abbiamo partecipato all’attivo dei delegati Fiom in cui si discuteva dell’accordo e dove anche gli interventi a favore mostravano assai meno entusiasmo dei giornalisti de Il Manifesto. In alcune città come Roma abbiamo dovuto supplire alla latitanza di quei dirigenti della Fiom che a parole si erano espressi contro l’accordo ma che nella campagna non hanno lasciato traccia. A Modena con gli altri compagni della Rete 28 aprile mentre diffondevamo l’appello siamo stati coinvolti in uno sciopero spontaneo dei lavoratori della Maserati partito sull’onda dell’ennesima provocazione di un capetto. Provocazioni che nelle fabbriche della zona si stanno facendo sempre più arroganti, vedi quanto successo recentemente alla Ferrari dove alcune settimane fa i delegati della sinistra sindacale sono stati richiamati ufficialmente dall’azienda perchè avevano fatto una conferenza stampa per il No al contratto in fabbrica. Una Ferrari dove il No ha vinto. Anche a Napoli siamo riusciti, coordinandoci nell’intervento con diversi altri compagni delegati metalmeccanici della Rete 28 aprile, a coprire numerose aziende chiave della provincia. In fabbriche importanti come la Fiat di Pomigliano, l’Ansaldo, l’Avio e la Sirti parte del risultato del No è anche da attribuirsi a questi volantinaggi. Come sicuramente ha pesato nel No più cospicuo nelle altre fabbriche come la Whirlpool, la Fincantieri e Alenia.
A Caserta al lavoro sul referendum si sta intrecciando un percorso di costruzione della Rete 28 aprile in una provincia dove questa non era presente. Sono stati fatti 5 volantinaggi in 3 fabbriche.
A Firenze oltre a volantinare alla Pignone e alla Gkn abbiamo coperto nuove fabbriche come la Targetti e la Ote e siamo intervenuti nella mobilitazione dei lavoratori dell’Electrolux dove il padrone vuole portare avanti una dura ristrutturazione. Da Milano abbiamo coperto 15 aziende, spaziando tra Bergamo, Como, Varese e in Brianza distribuendo oltre 6mila volantini.
Colpisce quanto sta succedendo alla Danieli di Udine, una fabbrica di circa duemila dipendenti dove da tempo il sindacato non era più presente e dove la Fiom sta ricostruendo una presenza. A gennaio ci sono state le elezioni dell’Rsu e con argomenti più che discutibili il padronato locale si oppone al riconoscimento dei delegati eletti solo perchè della Fiom: ancora qualche passo e i padroni pretenderanno anche di eleggerli loro, i delegati.
Una delle conseguenze di questo conflitto (che probabilmente finirà davanti ai giudici) è che in questa azienda non si è tenuto il referendum: un caso isolato, certo, ma che deve fa riflettere, tanto più trattandosi di una grande azienda.
Chi c’era, chi no…
Spesso da parte di diversi dirigenti della Fiom che si sono dichiarati per il No è venuto a mancare un atteggiamento coerente, nonostante tutti sapessero che questa battaglia è un passaggio decisivo per le sorti della sinistra sindacale e dove per la prima volta da anni anche nel Comitato centrale della Fiom si è espressa una consistente opposizione a un accordo. Fortunatamente tanti delegati della Rete 28 aprile, non solo metalmeccanici, hanno posto rimedio a queste assenze ingiustificate contribuendo in modo significativo al raggiungimento di un risultato importante, 128mila voti contro l’accordo, più del doppio di quanti avevano bocciato la piattaforma nel referendum di approvazione.
A Parma il No ha preso il 30%, un dato più alto della media nazionale. Ciò si deve anche ai nostri volantinaggi che purtroppo abbiamo svolto da soli nonostante la Rete 28 aprile esprima il segretario della Fiom. Guarda caso, proprio laddove la presenza di dirigenti schierati per il No avrebbe dovuto permettere una campagna più incisiva si è verificato l’opposto, tanto che se avessimo aspettato l’iniziativa di costoro non si sarebbe probabilmente distribuito neppure un volantino (i compagni hanno dovuto autoprodurli in proprio). Il paradosso è solo apparente…
Si è fatto poi un gran parlare sul fatto che in diverse importanti fabbriche dove ha prevalso il No è comunque l’astensionismo a farla da padrone, vedi la Fiat a Torino, Melfi e Pomigliano.
Peccato che nessuno dica che la prima tranche degli aumenti è scattata a gennaio e che da febbraio è partita la parte normativa. Molti si saranno chiesti che senso ha votare su una cosa che già è in atto.
È tra quei tanti delegati e lavoratori che in modo totalmente volontario si spendono in una lotta complicata e in salita contro una burocrazia ostile che si costruirà una opposizione sindacale degna di questo nome. Il rapporto costante coi lavoratori davanti ai cancelli è per noi la priorità ed è il principale canale per costruire la Rete 28 aprile. È stata fatta una campagna importante che ha mostrato dov’è la linea dalla quale bisogna ripartire per opporsi ai nuovi tentativi di controriforme tra cui quella del contratto nazionale.
Una battuta conclusiva per il compagno Zipponi, responsabile lavoro del Prc, che alcune settimane fa aveva scritto su Liberazione che un voto contro il contratto poteva inconsapevolmente favorire una svolta a destra nel paese. Crediamo che grandi siano le responsabilità dei vertici dei partiti della sinistra, e in particolare del nostro partito, per il fatto che la destra ha pericolosamente rialzato la testa, crediamo però che nessuna di queste sia imputabile a chi ha fatto la campagna per il No.
Sono stati tanti gli operai che durante i volantinaggi ci hanno domandato “ma esiste ancora la sinistra?” E tanti altri ci hanno espresso apprezzamento per il fatto di vedere qualcuno che organizza una presenza sistematica davanti ai cancelli di aziende dove da anni quasi nessuno si fa più vedere. Forse anziché pontificare sui giornali, i nostri dirigenti di partito farebbero bene ad ascoltare di più queste voci.
Il 95% dei compagni che hanno fatto questa battaglia sono attivisti o simpatizzanti del Prc, e un dato importante è che laddove ancora esiste un circolo di fabbrica il No ha preso la maggioranza.