Venerdì 20 maggio a Bologna è iniziata una mobilitazione di sostegno a quella spagnola 15-M contro le misure di austerity del Governo Zapatero e della Banca Centrale Europea. In modo spontaneo un numero consistente di studenti erasmus spagnoli hanno deciso di riproporre sotto il Nettuno in Piazza Maggiore la protesta dei giovani e dei lavoratori spagnoli, quindi presidiando la piazza giorno e notte.
L'indignazione dei giovani
Fin da subito questa protesta ha attratto la simpatia di una parte di giovani e studenti della città, ma anche di un settore di lavoratori e attivisti di sinistra. Il presidio è diventato così un presidio di lotta ed elaborazione politica e non solo di solidarietà al movimento spagnolo.
Non c'è da stupirsi se questo canale di protesta è riuscito a coinvolgere molti giovani. Subiamo da anni le controriforme e le misure di austerità dei governi nazionali e locali, siano questi di centro-destra che di centro-sinistra. I livelli di disoccupazione non sono ai livelli della Spagna ma altrettanto allarmanti: a Bologna i giovani disoccupati sono il 29,24%. La recente indagine della Cgil e del Sunia spiega che in Italia 7 milioni di giovani tra i 18 e 34 anni vive in casa dei genitori e il 60% delle persone fino ai 35 anni guadagna meno di mille euro.
Sebbene questa sia una lotta spontanea non sorge dal nulla. Bologna è stata scossa come il resto d'Italia dal movimento studentesco dello scorso autunno-inverno e dalla lotta dei lavoratori che esprimevano tutto il malcontento represso in questi anni. Solo in parte il presidio in piazza è riuscito a coinvolgere chi si è mobilitato in questi mesi e questo è uno dei principali limiti di questo movimento. Questi limiti si potranno superare solo con un orientamento verso questi giovani e lavoratori che vogliono lottare contro le misure del Governo e della classe padronale.
Democrazia reale ora
Attraverso lo slogan “democrazia reale ora”, ripreso dagli indignados spagnoli, il presidio ha cercato di orientare il presidio verso l'auto-organizzazione dal basso contro la politica che subiamo in questa società. È fondamentale per un movimento dotarsi di metodi democratici, questo permette un'ampia partecipazione attiva da parte di chi vuole mobilitarsi. Non sono questioni secondarie: da sempre il movimento studentesco italiano si è scontrato con il limite di non essere coordinato a livello nazionale e di non proporre un programma e una piattaforma votata nelle assemblee.
Se da un lato esiste questa volontà di cambiamento democratico, dall'altro manca la chiarezza su quali siano gli strumenti adeguati per tale cambiamento. Infatti, il metodo del consenso, cioè il fatto che ci deve essere la sostanziale unanimità per approvare le proposte in campo, adottato da questo movimento è tutt'altro che un metodo democratico di partecipazione. Molte delle proposte radicali che riscuotevano un ampio consenso venivano rimandate continuamente a causa delle remore di singole persone spoliticizzate, oppure per l'opposizione, anch'essa minoritaria, da parte di strutture organizzate e politicamente arretrate (come le posizioni espresse dalla disobbedienza). Questo a lungo andare ha svuotato la piazza di contenuti politici spostando il movimento dall'obiettivo della lotta alla discussione perpetua in sé e per sé.
Il presidio era organizzato in due assemblee organizzative e un'assemblea plenaria alle 20. Le assemblee delle 20 sono state molto partecipate nonostante i pochi mezzi a disposizione, con un picco massimo all'assemblea di martedì 24 maggio che ha coinvolto più di 500 persone. In queste assemblee si è parlato di rivoluzione, di cambiare il sistema e di nuove forme di democrazia. Sono tutti temi generali e non caratterizzati benissimo ma che permettono a tutti di riflettere sulla società capitalista che stiamo vivendo e su come trasformarla.
In ogni assemblea plenaria sono stati decisi i punti rivendicativi da aggiungere nel manifesto, così come è stato fatto in Spagna, e sono stati decisi gli strumenti per allargare il movimento. Tra le decisioni e le azioni più significative ci sono state una giornata intera sull'acqua con il coinvolgimento dei comitati per l'acqua pubblica e un comunicato in sostegno alla lotta dei lavoratori Fincantieri che dimostrano come esiste un sentimento di solidarietà e di coinvolgimento dei diversi settori sociali in lotta.
I limiti politici del movimento
Dopo un primo slancio propulsivo dei primi giorni si sono visti dei limiti che hanno portato ad un'impasse. Spesso si è trovati a non votare temi fondamentali come l'antifascismo, il taglio completo dei finanziamenti alle scuole private, oppure la nazionalizzazione delle banche (una delle rivendicazioni del movimento spagnolo). Crediamo che alcune misure che sono state adottate da chi coordina questo movimento siano controproducenti: il fatto di impedire la diffusione di materiale politico, con l'idea di tutelarsi da chi cerca di mettere il cappello sul movimento, ha impedito il confronto su temi fondamentali e con il tempo il livello politico delle assemblee si è affievolito, spesso bloccato sui vari tecnicismi delle questioni in campo. Il fatto di permettere gli interventi di chi è già organizzato in un partito o sindacato o collettivo solo a titolo personale ha fatto emergere una mancanza di trasparenza e di chiarezza delle posizioni.
Questo ci dice che l'organizzazione, per quanto eccellente sia, non basta. Il movimento si è sempre definito come “presidio di cittadini” e questo è uno dei punti che getta più confusione tra i giovani presenti. Quello che ci dobbiamo chiedere è se vogliamo veramente collaborare con gli speculatori, con chi mette le mani sull'acqua pubblica, con chi licenzia o vuole cancellare i diritti dei lavoratori. Se questa è la prospettiva allora dobbiamo anche credere che in fin dei conti questo sistema non è proprio tutto marcio e che se ci mettiamo tutti assieme, sfruttati a braccetto degli sfruttatori, possiamo salvare qualcosa. Inoltre attorno al presidio si sono avvicinando un buon numero di immigrati, che da anni lottano duramente contro le leggi assassine sull'immigrazione. Questi non hanno la cittadinanza italiana ma sono compagni di lotta!
Quale rivoluzione?
La proposta della “rivoluzione etica”, che viene assunta senza una vera riflessione e che è una delle proposte più ambigue degli indignados spagnoli, non spiega chi subisce i soprusi di questo sistema economico e soprattutto quali sono le forze che possono rovesciare lo status quo. L'etica che domina oggi è l'etica della proprietà privata, non possiamo cambiare l'etica se non con una rivoluzione sociale.
Siamo d'accordo con chi sostiene in questo momento che c'è bisogno di una rivoluzione. Ma dobbiamo chiarire quale rivoluzione è possibile. Emblematico è stato l'intervento in una delle prime assemblee di un pensionato ex-militante del Pci che ha espresso la simpatia per i giovani che iniziano a lottare. Questo intervento che è terminato dicendo “viva il progresso, viva i giovani, viva il socialismo” è stato accolto da un caloroso applauso. Esiste un sentimento di simpatia per le idee del socialismo ma nello stesso tempo c'è una mancanza di chiarezza su cosa sia una rivoluzione socialista. Si preferisce accantonare la riflessione per dire che c'è bisogno di qualcosa di nuovo, che unisca tutti e che non divida come è stato fatto nelle lotte del passato. La storia, invece, ci insegna che non c'è una via di mezzo tra due poli di classe antitetici: la lotta o la vince la classe padronale e i suoi lacchè oppure la vince la classe lavoratrice unita a tutti sfruttati del capitalismo.
Temi come la nazionalizzazione delle banche, la difesa della scuola pubblica, i diritti dei lavoratori si scontrano con gli interessi di chi governa questa società e ci vuole imporre le misure di austerity per sostenere i costi della crisi. Questa è la principale battaglia che si sta giocando a livello mondiale oggi ed emerge in modo dirompente nei paesi arabi e nelle lotte in Grecia e Spagna.
La protesta dei giovani e dei lavoratori riemergerà inevitabilmente e ancora più forte di quella che stiamo vedendo oggi. Questo presidio ha fatto accumulare un bagaglio di esperienze importanti e dobbiamo lavorare per non disperderle nel vuoto. Quello che possiamo capitalizzare da questa esperienza lo dobbiamo orientare verso i comitati in lotta contro i tagli e le privatizzazioni e soprattutto verso il movimento operaio organizzato, così come stanno facendo gli indignados in Grecia che si sono uniti ai lavoratori verso lo sciopero generale del 15 giugno. Solo così possiamo estendere l'entusiasmo di questa lotta oltre le piazze presidiate e unire giovani e lavoratori nella stessa lotta.