La Valsusa è fin dai tempi più antichi una delle principali vie di comunicazione tra Italia e Francia. Questo ha sedimentato sul suo territorio un cospicuo numero di infrastrutture viarie: fra strade e ferrovie (oltre ad un fiume) non c'è posto per una gigantesca, dispendiosissima e inutile opera come il Tav/Tac. A questo scellerato progetto la popolazione della valle, da almeno quindici anni, si oppone.
Quali sono le ragioni? Innanzitutto la salute e l'ambiente: la galleria sotto il Massiccio dell'Ambin, lunga 54 Km, scava in un terreno dove è accertata la presenza di amianto e uranio radioattivo. Dove potrebbe essere stivata in sicurezza una tale massa di veleni? Le falde acquifere non verranno inquinate da un veleno micidiale qual è l'uranio radioattivo? Come si può essere sicuri che l'amianto, innocuo quando riposa sottoterra, non venga disperso per tutta la valle dal fortissimo vento che spesso vi soffia? Inoltre i lavori dureranno anni, e i disagi per la popolazione saranno enormi.
Altro ragionamento riguarda l'aspetto tecnico-economico. Perché, ci si chiede in valle, non impiegare parte di questa stratosferica quantità di soldi (si parla di 31 miliardi di euro solo per iniziare i lavori) per migliorare la ferrovia già esistente attualmente utilizzata neanche al 50% della sua potenzialità? O per creare occupazione compatibile con la salvaguardia del territorio? Si vuole invece realizzare un'opera che sposterà non più dell'1% del traffico merci dalla gomma alla ferrovia.
E ancora, sulle autentiche motivazioni che spingono alla realizzazione di quest'inutile opera. Gli appalti sono stati vinti dalla crème dell'imprenditoria privata (Fiat, Cmc, Impregilo ecc.), pronti a mettere le mani su di un'autentica miniera d'oro, un'opera che non porterà occupazione (già ora nelle tratte appaltate altrove i lavoratori vivono in container e sono stati in massima parte "deportati" o dal sud o dai paesi più poveri) ma solo profitti cospicui, e anche sicuri. Lo Stato, infatti, si è impegnato a surrogare la società appaltatrice nel caso in cui questa non abbia possibilità di pagare. Insomma il marchingegno è congegnato per far pagare a noi contribuenti il profitto del padrone di turno, come se non lo facessimo già abbastanza nei posti di lavoro.
Nel giugno scorso un corteo di trentamila persone ha risalito i tornanti della valle per dire ancora una volta No al progetto. Negli ultimi giorni la protesta è cresciuta, con blocchi stradali e ferroviari, scontri con la polizia, cortei. Il 31 ottobre, alla notizia delle proteste, i lavoratori di alcune fabbriche sono scesi in sciopero. Per il 16 novembre è previsto uno sciopero generale della valle, appoggiato da FIOM e Cobas ma non dai confederali. Anche gli studenti partecipano alla lotta e da loro viene la richiesta di boicottare la richiesta di lavoro volontario durante le prossime Olimpiadi.
Di fronte alla mobilitazione, ecco cosa dice la presidente della Regione, la diessina Mercedes Bresso: "I partiti del centrosinistra, a livello locale e nazionale, hanno accettato la Torino-Lione, come opera strategica. Faceva parte del mio programma elettorale e farà parte del programma nazionale di Prodi". Molti militanti del Prc lottano da anni in Valsusa, mentre il partito continua ad appoggiare l'attuale governo regionale, ingoiando bocconi indigesti come il sostegno all'Alta Velocità. Forti di questo nuovo esempio, invitiamo tutti i compagni e i lavoratori a rifiutare la logica della governabilità a tutti i costi con chi non fa gli interessi del popolo, a livello locale come a livello nazionale. Chiediamo pertanto che il Prc esca dalla giunta regionale.
Chi scrive partecipa alla lotta e può testimoniare come stia crescendo la consapevolezza politica all'interno del movimento stesso, che sta passando da motivazioni puramente sanitarie e ambientali, certo importanti, a una visione più ampia del problema. Inizia la richiesta di un diverso modello di sviluppo e si reclama il reale coinvolgimento dellepopolazioni interessate quando è in gioco il proprio futuro. In Valsusa, come è avvenuto a Scanzano e ad Acerra, lavoratori, pensionati, studenti scendono in strada per rivendicare il controllo democratico della propria terra contro l'egoistico profitto capitalista di pochi padroni.
7 novembre 2005