E alla fine la prima manifestazione nazionale contro il Governo Monti si è fatta... Nonostante le forze risicate, la mancanza di grandi organizzazioni in grado di mettere in campo i “numeri” da manifestazioni oceaniche a cui siamo stati abituati in questi anni, la mobilitazione del No debito con discreto successo.
Oltre 10mila persone sabato 31 marzo sono sfilate per le strade di Milano partendo da Piazza Medaglie d'oro (vicino alla Bocconi, ma non dalla Bocconi come era intenzione degli organizzatori a causa del divieto della questura), attraversando la città e arrivando a Piazza Affari, principale sponsor dell'attuale governo.
Partecipazione non scontata non solo per la non adesione della Cgil o della Fiom, ma anche perché fin dall'inizio la diffidenza, se non vero e proprio ostracismo, dei mezzi di informazione, Il Manifesto compreso, ha mantenuto fino a pochi giorni prima della manifestazione un assordante silenzio.
Quel che ha permesso la partecipazione dignitosa alla manifestazione sono state sicuramente l'impegno delle varie strutture che vi hanno aderito convocando i propri militanti, ma soprattutto l'inizio di un cambiamento d'ambiente tra un settore di giovani e lavoratori nella società.
Cambiamento che si è iniziato a percepire con la mobilitazione in val Susa e la manifestazione del 25 febbraio, che è proseguito con lo sciopero convocato dalla Fiom il 9 marzo e l'importante manifestazione a Roma, e il mancato accordo del governo con la Cgil sulla nuova controriforma del lavoro il 20 marzo.
Una manifestazione dove sono prevalsi gli spezzoni organizzati e i militanti, e dove tranne alcune eccezioni, come lo spezzone del Comitato in difesa della scuola pubblica, ancora si fatica a vedere parte di quei giovani che in grande quantità avevamo riempito le strade di Roma il 15 ottobre scorso. Ma la cosa importante è che la manifestazione si è fatta e che è riuscita. Almeno per un giorno il tanto decantato indice di gradimento del governo dei padroni è stato offuscato.
Un corteo aperto dal Comitato No debito ideatore della manifestazione, seguito dai No Tav e alcune delle principali realtà di lotta di questi mesi. Il presidio dei lavoratori licenziati da Esselunga a Pioltello (ad aprile entrano nel settimo mese di lotta) Wagon Lits, (da oltre cento giorni occupano la torre in Stazione Centrale a Milano) e poi Yamaha (anche loro da mesi e mesi in lotta vicino a Monza), e tanti altri. Significativa la presenza di Usb e Cub, il grosso della manifestazione seguiti dai compagni ferrovieri dell'Orsa che contavano tra le proprie fila i macchinisti che pagano sulla propria pelle le ritorsioni antisindacali dell'amministratore delegato di Trenitalia. Sindacati di base preceduti da un generico spezzone dei movimenti dove la presenza più significativa era rappresentata dei folcloristici attivisti di San Precario, ma che vedeva anche delegazioni di precari come quelli del Comune (lasciati a casa dagli effetti collaterali della nuova giunta di centrosinistra guidata da Pisapia), ai rilevatori Istat che a Milano sono stato assunti con un contratto a COTTIMO sempre da Pisapia.
Non poteva mancare lo spezzone del Partito della Rifondazione comunista. Per la verità all’inizio non era previsto dal gruppo dirigente, si è imposta nei fatti la presenza sulla spinta di tanti compagni e compagne di base che fuori dal dibattito del suo gruppo dirigente nazionale e locale (Comitato No debito Si, Comitato No debito No) hanno preteso e praticato la necessità di avere uno spezzone. Cosa resa possibile e più che dignitosa sia termini di partecipazione che visibilità grazie anche ai compagni di Falcemartello che nel Comitato No debito ci son dall'inizio e che questo spezzone l'hanno preparato nei particolari risultando uno dei più determinati, arrabbiati e combattivo del corteo.
La manifestazione si è conclusa in Piazza Affari in serata. L'invasione della Piazza simbolo della speculazione capitalista è stato un segnale, piccolo, insufficiente, ma pur sempre un segnale rivolto ai tanti lavoratori, giovani e meno giovani che quotidianamente pagano sulla propria pelle la bestiale assurdità di questo marcio sistema. Sistema che distrugge posti di lavoro, fabbriche, scuole e ospedali in nome del mantenimento dei privilegi di pochi.
La troika (Banca centrale europea, Unione Europea e Fondo monetario internazionale) non ha scrupoli e con Monti, Fornero e Passera ha trovato fedeli collaboratori per proseguire il massacro sociale. Pensioni, controriforma del lavoro, articolo 18, ammortizzatori sociali, precarietà, Iva, Imu, benzina, inflazione, disoccupazione, abolizione dei contratti nazionali...., la lista è lunga e si allunga giorno dopo giorno. La Spagna con il grandioso sciopero generale del 29 marzo, le generose lotte dei fratelli greci, sono li ad indicarci la strada. Non per nulla lo slogan più sentito e gettonato nel corteo era “Sciopero generale subito!”. Ma questa volta, aggiungiamo noi, “che fermi veramente il paese”.
Per far questo occorre che in campo scendano i battaglioni pesanti della nostra classe, gli operai, i lavoratori che in queste settimane hanno dato piccole ma significative dimostrazioni di disponibilità alla lotta bloccando qua e là autostrade, fabbriche e città.
Passare da una consapevolezza sulla necessità della lotta, che oggi è patrimonio di una cerchia ristretta dei militanti o poco più, alla necessità di coinvolgere i lavoratori, le classi meno abbienti. Ovvero non far la gara ha chi ha lo slogan più radicale a parole ma porsi l'obbiettivo di spiegare anche come e perché si può e si deve organizzare una lotta incisiva. Sapendo che per creare le condizioni per uno sciopero vero, che colpisca nella carne viva dei profitti dei padroni, la battaglia bisogna condurla veramente, in primo luogo nella Cgil, per non dover fare uno sciopero, forse, quando sarà troppo tardi e inefficace.
L'opposizione sta fuori dal parlamento, nelle strade, nei quartieri, nella lotta quotidiana, a noi il compito di promuoverla, di stimolarla, di organizzarla, perché lo slogan “il debito non lo paghiamo” si traduca in lotta senza quartiere contro padroni, banchieri e loro lacchè. In una parola si traduca in lotta di classe!
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