Un primo passo verso la mobilitazione di Genova
Tra il 15 e il 17 Marzo si è svolto a Napoli il Global forum, l’appuntamento in cui i "padroni del mondo" si riuniscono per guidare l’ingovernabile crisi del capitalismo mondiale. A Napoli il tema su cui ruotava la discussione era l’e-government, cioè il governo della telematica, con particolare riferimento alla sua applicazione nel settore della pubblica amministrazione.Già nelle settimane precedenti la rete campana No-global, composta da centri sociali, associazioni, sindacati extraconfederali e dal Prc ha promosso una serie di iniziative che sono culminate nel corteo internazionale di Sabato 17.
I giorni precedenti al corteo sono stati caratterizzati da una serie di iniziative di "immagine", di dubbio valore politico, come la street parade, una manifestazione carnevalesca che si è conclusa con un rave party e il net strike, ovvero il tentativo di bloccare un sito in cui passano il 30% delle transazioni finanziarie della borsa di Milano, tentativo inevitabilmente reso vano dall’unità antihacker dei Carabinieri. Le principali iniziative sono state il Venerdi, in cui si è svolta una assemblea generale del movimento e soprattutto il sabato in cui più di 30.000 persone sono scese in piazza per contestare la globalizzazione.
Indubbiamente questa è la più alta partecipazione che vi sia stata dopo Seattle e rappresenta un salto di qualità nel percorso che prepara il controvertice che si svolgerà a Luglio a Genova, in corrispondenza con il G8. L’alta partecipazione al corteo, favorita anche dalla città di Napoli, che rappresenta uno dei "luoghi caldi" della lotta di classe, grazie alla ventennale esperienza del movimento dei disoccupati e dei precari, è il frutto di una simpatia crescente per il movimento contro la globalizzazione.
Una nuova fascia di giovani sta entrando nel movimento e si sta politicizzando. Molti dei giovani che erano presenti al corteo scendevano in piazza per la prima volta e avevano come unica motivazione la volontà di ribellarsi "ad un mondo pieno di soprusi e di ingiustizie". Parecchi di loro non erano organizzati in nessun partito ma piuttosto in collettivi locali o associazioni.
È certamente vero che la composizione fondamentalmente giovanile del corteo è un fatto rilevante, infatti rappresenta la volontà di lotta delle nuove generazioni che in questi anni hanno subito più duramente il peggioramento delle condizioni di lavoro e di studio , ma va anche detto che nel corteo spiccava l’assenza dei lavoratori organizzati, se si eccettua qualche centinia di lavoratori organizzati dai Cobas e dalle Rdb.
Questo è stato certamente il maggiore limite di tutto il global forum, cioè l’incapacità di coinvolgere il movimento operaio e le sue organizzazioni di massa (prima fra tutte la Cgil)
Già alcuni giorni prima della convention dei padroni Napoli era una città assediata. Una parte della città denominata "zona rossa" era inibita alla popolazione e più di 6000 tra poliziotti, carabinieri e finanzieri pattugliavano la città, dando prove di microrepressione con fermi ingiustificati e posti di blocco.
Sembrava chiaro che la questura aveva deciso di "regolare i conti" con alcuni settori del corteo, in particolar modo i centri sociali e i disoccupati organizzati presenti in massa alla manifestazione. L’assalto di un gruppo di anarchici a volto coperto alla sede dell’Adecco è stato il pretesto per una serie di cariche selvagge accompagnate da lanci di lacrimogeni ad altezza d’uomo e seguite da una vera caccia all’uomo che è continuata per ore nel centro della città.
Le cariche si sono susseguite colpendo il corteo da tutti lati e non lasciando vie di fuga, a dimostrazione della volontà "scoraggiare" l’insieme dei manifestanti per il futuro. La brutalità della Polizia non si può spiegare con il fatto che "ci sono settori delle forze dell’ordine fuori controllo", come dichiarato dal senatore del Prc Russo Spena e nemmeno attribuendo le colpe al solo questore Izzo, le cui simpatie autoritarie e la militanza nel sindacato autonomo di destra Sap sono pure note.
Con il deliberato attacco al corteo si è voluto stabilire un clima di paura attorno alle decine di iniziative che ci saranno da qui a Genova. Gli scopi sono evidenti: allontanare dalla politica quei giovani militanti che sono all’inizio del loro percorso e in secondo luogo attaccare e reprimere i disoccupati che nella città di Napoli lottano quotidianamente per il lavoro e il salario garantito, dimostrare ai lavoratori che la borghesia non è disposta a tollerare la nuova ondata di lotta di classe che inevitabilmente si prepara per il futuro.
Dal corteo del 17 Marzo dobbiamo essere in grado di trarre degli insegnamenti. Partendo dalle grandi potenzialità che il movimento contro la globalizzazione ha dimostrato a Napoli, dobbiamo affrontare i suoi limiti politici e organizzativi.
Il percorso che ci porta a Genova deve chiarire i nodi teorici del movimento, sconfiggendo tutte quelle tendenze presenti che lottano contro gli "eccessi" del capitalismo limitandosi a chiedere la democratizzazione del Wto o a pensare che si possa immaginare un futuro senza guerre ed oppressione senza mettere in discussione la radice di tutti mali: il capitalismo stesso.
Per fare questo è necessario avere un programma chiaro che punti a coinvolgere i lavoratori e a superare i settorialismi del movimento. In questo processo crediamo che Rifondazione Comunista debba avere un ruolo centrale, così come non è stato per il global forum. La partecipazione ai cortei senza un chiaro programma per il movimento, l’assenza assoluta di materiale politico dei Gc e la logica di pura immagine che a Napoli si è materializzata nell’indossare le tute bianche non aiutano certo a superare gli attuali limiti del movimento nè a rafforzare le idee comuniste in esso.
Da qui alla manifestazione di Genova ci sono tre mesi nei quali è possibile formare comitati (nel territorio, nei luoghi di lavoro e di studio) che preparino la mobilitazione unendo alla chiarezza del programma la necessità di coinvolgere in pieno la classe lavoratrice, perchè la manifestazione contro il G8 si trasformi in una vera e propria contestazione di massa al sistema capitalistico, alle sue politiche, alle sue istituzioni. Il coinvolgimento e la partecipazione degli attivisti in questo processo è fondamentale, come la scrupolosità con la quale ogni singolo aspetto deve essere gestito, includendo quello non secondario dei servizi d’ordine, che devono garantire la sicurezza dei manifestanti e che proprio per questo devono essere legittimati a svolgere il loro lavoro da un mandato democratico, evitando così che elementi isolati, mossi dal proprio soggettivismo ribelle rovinino la manifestazione.
Non è rompendo qualche vetrina che si lotta efficacemente contro il capitale ma solo con la mobilitazione di massa, utilizzando l’arma dello sciopero, l’unica in grado di colpire la classe dominante nei suoi interessi fondamentali.