Seminario di “Uniti contro la crisi”, Marghera, 22 gennaio
Pubblichiamo l'intervento di Matteo Molinaro in uno dei workshop della due giorni di Marghera, che non è contenuto nel report audio-video prodotto dagli organizzatori.
Come detto correttamente da qualcuno, questa mattina, in questa discussione non ci può bastare il fare un’apologia del movimento studentesco di quest’autunno, di un movimento che è stato straordinario.
Voglio porre una domanda: per ora la Gelmini ha vinto o ha perso? Se, per ora, ha vinto, penso che non possiamo non chiederci come fare per ribaltare i rapporti di forza.
Sono consapevole che non esistono ricette preconfezionate, tuttavia quello che è certo è che dobbiamo continuare a lottare e che questa lotta non sarà breve. Molti sono i passi in avanti fatti dal movimento dell’Onda di due anni fa, molti altri sono ancora da fare; penso che il principale tra questi sia l’aver superato alcuni elementi di corporativismo e studentismo, iniziando a camminare, a partire dal 16 ottobre, assieme ai lavoratori in lotta, assieme alla Fiom.
Abbiamo capito assieme che le nostre battaglie nelle scuole, nelle università, nelle fabbriche, non procedono e non hanno alcuna prospettiva se le conduciamo da soli. Questa è la forza, potenziale, di un progetto come “uniti contro la crisi”, la necessità evidente di incanalare le diverse istanze in una lotta unica.
La durezza dello scontro in atto ci costringe ad essere estremamente pragmatici: è necessario riconoscere che la grande giornata di lotta del 30 novembre quando abbiamo bloccato stazioni e autostrade in varie città, il cosiddetto “sciopero dei flussi” non è strato in grado di far fare al Governo un passo in dietro. Allora benissimo, chiediamo lo sciopero generale per bloccare la produzione, ma attenzione, questa non è per forza la panacea di tutti i nostri problemi. In Grecia ne hanno fatti sei, di scioperi generali e, per ora, non sono riusciti a bloccare l’attacco del Governo. Non solo, sappiamo bene come sono stati organizzati in Italia gli ultimi scioperi generali…
È di altro tipo lo sciopero generale che ci serve, un sciopero che blocchi realmente la produzione, uno sciopero che faccia male ai padroni.
Alcuni interventi che mi hanno preceduto hanno posto la questione di un eventuale referendum sulla legge Gelmini. Voglio essere chiaro: imboccare la strada referendaria sarebbe da un lato smobilitante, senza avere alcuna certezza di successo, mentre dall’altro ci farebbe fare un passo indietro enorme, dividendo e risettorializzando vertenze che si stanno unendo sempre più in una lotta unica di tutti coloro che subiscono le conseguenze di questo sistema.
Non possiamo nemmeno appellarci all’autonomia (universitaria e scolastica), come detto da Francesco Sinopoli, che non è né autogestione né elemento libertario, ma strumento usato in primis dal centrosinistra per l’aziendalizzazione di scuole e università.
Dunque incrociare le diverse istanze, prendiamola sul serio questa affermazione!
Per arrivare a bloccare realmente il paese, è necessario saldare la radicalità studentesca con la profonda rabbia che c’è nella società, a partire dallo scontro Fiat e dalla lotta dei metalmeccanici, che è ora lo scontro campale. In questo non esistono pareggi possibili, o si vince o si perde.
Allora il 28 non facciamo solo i cortei, ma andiamo ai picchetti della Fiom, fuori dai cancelli delle fabbriche, spalla a spalla con i lavoratori.
Andiamo alle loro assemblee nelle fabbriche a raccontare le motivazioni della nostra ribellione, il nostro desiderio di futuro dignitoso e portiamo i lavoratori nelle nostre scuole e nelle nostre facoltà, intrecciando l’unico legame che in passato ha fatto vincere il movimento studentesco.
E consentitemi di chiudere con una sola, ultima, nota polemica. Se vogliamo contaminarci veramente, tra lavoratori e studenti, superiamo una buona volta la logica dell’attraversamento dei cortei operai, camminiamo assieme, solo così saremo veramente uniti contro la crisi.
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