Le difficoltà aumentano anche a livello interno. La regione del Kashmir non si è ancora ripresa dal devastante terremoto dell’autunno 2005, dove il governo ha brillato per la sua totale assenza, mentre una grave crisi politica ha investito l’esecutivo a causa della mobilitazione di massa seguente alla deposizione da parte di Musharraf del presidente della corte suprema, Iftikar Chaudry, tentativo respinto dalla Corte suprema stessa. Fatto che fa comprendere come Musharraf sia sempre più isolato anche all’interno dell’apparato dello Stato.
Ultimo di una serie di insuccessi, il caso della Moschea rossa, risoltosi in un bagno di sangue dopo infiniti rinvii e indecisioni da parte del governo e dell’esercito e che ha rivelato i connubi esistenti tra quest’ultimo e i fondamentalisti che avevano goduto per anni di una sostanziale impunità.
Un Musharraf estremamente impopolare ha cercato disperatamente un aiuto cercando di stipulare un patto con Benazir Bhutto, la principale leader del Partito popolare pakistano (Ppp), da otto anni in esilio, che tuttavia al momento è saltato, come rinviate sembrano anche le elezioni previste in un primo momento per metà ottobre. L’imperialismo e la borghesia pakistana intendono sfruttare la tradizionale popolarità del Ppp e di Benazir per gestire il post-Musharraf, che si prevede alquanto turbolento.
La cosa sembra non valere per l’ultimo primo ministro regolarmente eletto prima del colpo di Stato di Musharraf, il leader della Lega Musulmana Nawaz Sharif, respinto nei giorni scorsi all’aeroporto di Islamabad mentre cercava di ritornare in patria. Sharif è inviso a un settore di generali e allo stesso Musharraf, in quanto il suo governo gode della maggioranza in parlamento proprio grazie all’appoggio di una parte della Lega Musulmana, che verrebbe probabilmente meno in seguito al ritorno dell’ex primo ministro.
Le strategie dell’imperialismo che punta ad una transizione “morbida” devono tuttavia fare i conti con una situazione sociale in costante peggioramento. Malgrado gli economisti borghesi affermino che l’economia pakistana stia facendo progressi, il 24% della popolazione vive al di sotto del livello di povertà e questa percentuale è cresciuta di un ulteriore 74% nell’ultimo anno. Negli ultimi anni il governo ha privatizzato tutto quello che era possibile privatizzare, arrivando anche a dare in gestione ai privati i dipartimenti governativi!
L’esecutivo ha inoltre messo al bando i sindacati e continua a reprimere le lotte operaie. Ciò non ha tuttavia impedito che fosse la dura lotta dei lavoratori di Pakistani Steel (le acciaierie statali) a fermare l’anno scorso la privatizzazione della stessa, aiutata da una sentenza della corte suprema che ha dato ragione ai lavoratori.
Quello a cui assistiamo in Pakistan, dopo anni di riflusso delle lotte è una crescente radicalizzazione dei lavoratori, e non solo. Dopo la lotta di Pakistani Steel e quella purtroppo sconfitta dei lavoratori delle telecomunicazioni, abbiamo visto migliaia di avvocati scendere in piazza la scorsa primavera contro la defenestrazione di Iftikar Chaudry. Oggi diversi settori sono in mobilitazione, dai lavoratori del settore ospedaliero a quelli dell’energia fino al sindacato degli impiegati pubblici.
Un appuntamento importante è stata la conferenza operaia tenutasi nel Punjab del Sud il 7 settembre, organizzata dalla Ptudc (Campagna in difesa dei sindacati pakistani). Hanno partecipato centinaia di delegati da tutte le regioni del Pakistan, mentre il deputato marxista Manzoor Ahmed era presente come “invitato speciale”. Alla fine di un’assemblea durata oltre nove ore si è lanciata la proposta di costruire in tutto il paese “Comitati di azione unitari” per unificare le lotte nei diversi settori, che se isolate, finora sono terminate spesso con una sconfitta.
Nel contesto della ripresa del movimento operaio e del periodo di transizione in cui sta entrando il Pakistan, la tendenza marxista “the Struggle” è in costante crescita. Nel marzo scorso ha tenuto il suo congresso annuale che ha visto la presenza di oltre 2000 partecipanti, la più grande riunione di un’organizzazione di sinistra nella storia del Pakistan.
In una delle sue roccaforti, il Kashmir, il 9 settembre si è tenuta una conferenza regionale alla presenza di oltre 800 compagni, che poi sono scesi per le strade di Kotli, una delle principali città del Kashmir pakistano, al grido di “Inqalab, Inqalab, socialist Inqalab!” (Rivoluzione, rivoluzione, rivoluzione socialista).
I marxisti pakistani sono quindi pronti a giocare un ruolo decisivo negli avvenimenti che sconvolgeranno il Pakistan nel prossimo periodo. Il tentativo di coinvolgere, in una forma o nell’altra, il Ppp in un governo di coalizione e di collaborazione di classe porterà, dopo le iniziali speranze, a una inevitabile crisi all’interno del partito, dove Manzoor Ahmed e la tendenza “the Struggle” si sono conquistati negli ultimi anni il ruolo di punto riferimento principale a sinistra, alternativo alla leadership ufficiale.