Dopo un anno di trattative, sembra arrivata al capolinea la partita sul trattamento di fine rapporto (Tfr) e le pensioni integrative.
Il governo Berlusconi, attraverso il ministro al welfare, Maroni, ha deciso che il Tfr che si maturerà dal 1° gennaio 2006 andrà nei fondi pensione, salvo diversa volontà del lavoratore. Chi sceglierà di non versare il Tfr nei suddetti fondi, avrà il “privilegio” di vederseli dirottare in un fondo unico gestito dall’Inps.
I lavoratori avranno 6 mesi di tempo per decidere cosa fare e più precisamente dal 1° gennaio al 30 giugno.
La prima controindicazione nasce dalla formula scelta - il silenzio assenso - cioè, se il lavoratore non vuole che il proprio Tfr vada nei fondi pensione deve comunicarlo per iscritto all’azienda, altrimenti i suoi soldi verranno utilizzati per questi fondi integrativi. Quindi il primo problema che ci dobbiamo porre è quello di una informazione completa e capillare.
La seconda questione riguarda i sindacati confederali. Questi hanno ottenuti che i fondi pensione chiusi, cioè quelli concordati e gestiti da sindacati e confindustria (vedi il fondo Cometa) avranno un percorso agevolato rispetto a quelli aperti e cioè gestiti da banche, assicurazioni, finanziarie, ecc. Senza che nessuno si offenda, noi dubitiamo della volontà dei sindacati di ostacolare il trasferimento del Tfr in questi fondi, anzi!
Le suddette assicurazioni, banche, ecc., con un colpo di coda dell’ultimo momento, con in testa il presidente del Consiglio, cercano di impossessarsi completamente della torta, o perlomeno di portare il rapporto tra fondi aperti, gestiti da loro, e fondi chiusi, a loro vantaggio; sapremo tra un mese come andrà a finire la partita.
Confindustria? Certamente non si lascia sottrarre i soldi del Tfr senza battere ciglio. Per prima cosa bisogna tenere conto che molti industriali sono anche a capo dei colossi finanziari che andranno a gestire questi soldi. Confindustria ha ottenuto la possibilità di avere dei prestiti agevolati con un meccanismo quasi automatico per le piccole e medie imprese che andrà a coprire la perdita del Tfr che normalmente le aziende gestiscono per proprio conto; oltre a questo ha ottenuto sgravi fiscali per le grosse aziende. Non solo; sembra che i padroni abbiano incassato la possibilità di dirottare sulla fiscalità generale le quote che normalmente gli industriali pagano come salario indiretto (leggi maternità, infortuni, malattia, ecc.).
In breve: gli unici a rimetterci sono i lavoratori perché è stato calcolato da tutti che il Tfr rende molto di più, ai lavoratori, rispetto ai fondi pensione. Nessuno ci garantisce che questi soldi non spariscano nel nulla - provate a chiedere ai minatori dell’Alaska che avevano legato i loro fondi pensione alle azioni di Parmalat o ai lavoratori della Enron che sono rimasti con il classico pugno di mosche dopo il crack dell’azienda.
Poi c’è anche l’aspetto più politico e di lunga fase; dal 1995 ad oggi, cioè dalla riforma Dini, ci sono stati e ci sono ripetuti attacchi al sistema pensionistico pubblico. Bene; cosa pensate che proporranno i soliti noti appena si accorgeranno che la maggior parte dei lavoratori avrà aderito ai fondi pensione integrativi? Faranno in modo tale che non siano più integrativi, ma l’unica forma pensionistica possibile e non crediamo che sarà questo centrosinistra che si opporrà ad un tale disegno. Ricordiamo che la riforma Dini passò con l’appoggio, ci verrebbe da dire entusiastico, dell’allora centrosinistra e dei sindacati confederali.
Questi ci sembrano essere i temi di fondo della questione ed è per questo che inviteremo tutti i lavoratori a non aderire ai fondi pensione obbligando così anche i sindacati a rivedere la propria posizione e a lottare per una pensione pubblica.
Questo nell’immediato, sapendo che sarà solo il primo passo per invertire la rotta una volta per tutte.
L’esperienza ci insegna che tutte le conquiste sociali sono un fatto positivo, vanno difese con forza, ma non saranno mai garantite per sempre, perché ogni qualvolta che i capitalisti entreranno in crisi - e questa è una di quelle volte - faranno di tutto per fare arretrare le nostre condizioni di vita e di lavoro.
Crediamo quindi che solamente attraverso un vero cambiamento sociale e quindi con un ribaltamento dei rapporti di forza tra padroni e lavoratori si potranno fare dei passi in avanti reali e duraturi.
12-10-2005