Costruiamo con le lotte l’alternativa a questo governo
Il governo D’Alema corre a occhi chiusi verso il disastro, e sulla stessa strada rischia di trascinare tutti noi. Non è bastata la sconfitta elettorale di giugno, non sono bastate le notizie delle batoste elettorali dei socialdemocratici in Germania, non bastano i mille segnali di ripresa delle destre per far cambiare strada a D’Alema e Cofferati.
La finanziaria "leggera", "di sinistra", tanto vantata da D’Alema non è che l’ultimo passo di una politica disastrosa.
Ci dicono che si tratta di una finanziaria senza tagli. Non è vero, i tagli ci sono eccome:
- 2.200 miliardi di tagli alle regioni, che si tradurranno in maggiori tariffe e minori servizi.
- Taglio previsto dell’1% nel personale della scuola (si suppone che questo sia il modo di preparasi all’aumento dell’obbligo scolastico…)
- Taglio previsto dell’1% dell’insieme del personale della pubblica amministrazione.
Gli interventi "per lo sviluppo" non sono altro che ulteriori regali alle aziende, dopo che una fonte come Mediobanca, non precisamente comunista, ci informa che le grandi imprese non hanno mai pagato così poche tasse come sotto questo governo.
Le privatizzazioni continuano con il collocamento in Borsa dell’Enel, che avverrà fra poche settimane. Dopo la vicenda Telecom, dopo i dati agghiaccianti emersi in Gran Bretagna dopo l’incidente ferroviario sui risultati della gestione privata, dopo gli aumenti indiscriminati delle tariffe di acqua, gas, elettricità, questi signori tentano ancora di farci credere che le privatizzazioni "abbassano i costi, rendono più efficienti le aziende e aiutano i piccoli azionisti".
Su questa strada il governo continua ad attaccare i nostri diritti, ma senza per questo soddisfare le richieste dei padroni.
Questi infatti continuano a premere per nuovi e peggiori sfondamenti sul fronte delle pensioni; chiedono di abolire uno dei due livelli contrattuali (nazionale e aziendale), fanno muro contro una timida legge sulla rappresentanza sindacale nelle piccole imprese.
Per i padroni la concertazione è stata una vera gallina dalle uova d’oro, ma oggi vogliono di più. "La concertazione non è un fine, ma un mezzo. Se non otteniamo quello che vogliamo, siamo pronti ad alzarci dal tavolo delle trattative". Questa è oggi la parola d’ordine dei vari Fossa e Marcegaglia, capi della Confindustria. Tradotto in soldoni, significa: spremiamo questo governo finché otteniamo qualcosa, e intanto prepariamoci a sostituirlo con un governo di destra, o con un governo "tecnico" ancora più succube dei nostri interessi.
Ma dopo tre anni di promesse tradite, il centrosinistra è ormai agli sgoccioli. Lo testimoniano le divisioni crescenti nel vertice sindacale (di cui riferiamo nella pagina accanto), e anche le divisioni all’interno dei Ds. Per la prima volta da quando è nato il Pds, il prossimo congresso (che si terrà all’inizio dell’anno prossimo), vedrà la sinistra dei Ds presentare un proprio documento contrapposto a quello della maggioranza. Questo documento vede fra i suoi sostenitori non solo la sinistra "storica" dei Ds di Gloria Buffo e Giorgio Mele, ma anche una parte significativa di apparato sindacale, a partire dal segretario nazionale della Fiom- Cgil Sabbatini. Questa divisione è estremamente sintomatica, perché dimostra il logoramento dell’apparato della Cgil, che da anni è stato il principale sostegno del governo, quello che ha garantito la pace sociale e che ha dovuto convincere i lavoratori a ingoiare tanti bocconi amari.
Il fatto che questi settori oggi siano costretti a distanziarsi da D’Alema e Veltroni non significa che siano diventati comunisti o rivoluzionari, e neppure che abbiano sviluppato una seria autocritica sui disastri prodotti dal governo di centrosinistra. Significa però che il governo sta rapidamente perdendo la sua base sociale, e che si mantiene al potere solo per inerzia.
L’opposizione timida e reticente della sinistra Ds al governo non è che un pallidissimo riflesso della delusione, della rabbia e della frustrazione che si sono accumulate nei posti di lavoro, fra i giovani, i disoccupati, che nel 1996 speravano che votando l’Ulivo le loro condizioni potessero migliorare in modo significativo.
Lasciato a se stesso, lo sbocco più ovvio della crisi del centrosinistra sarebbe una nuova vittoria delle destre e un governo Berlusconi. La destra è in ripresa nelle elezioni, i risultati elettorali in Germania e in Austria sono un avvertimento di quanto può accadere in primavera alle elezioni regionali.
Ma non è ancora detta l’ultima parola: gli attuali rapporti di forza potrebbero essere rovesciati nel giro di 24 ore se si sviluppasse un nuovo movimento di massa che riprendesse il filo interrotto delle lotte dell’autunno 1994 contro Berlusconi.
La cappa soffocante della concertazione e della collaborazione di classe mostra ormai delle crepe profonde.
I militanti comunisti hanno per primi il compito di inserirsi in queste contraddizioni, di saper dare voce, programma, proposte per organizzare le lotte a tutti coloro che cercano un modo per impedire che dalla crisi del governo emerga una nuova vittoria della destra, abbia questa il volto di Berlusconi, della Bonino, o di qualcun altro.
Questo avrebbe dovuto essere il ruolo di Rifondazione in questi tre anni. La collaborazione col governo Prodi ci ha impedito questo, lasciandoci con la pesante eredità della scissione e con un partito indebolito e scarsamente credibile agli occhi delle masse. Oggi per il Prc è questione di vita o di morte trarre tutte le lezioni di quella esperienza amara, e degli avvenimenti dell’ultimo anno. L’opposizione che facciamo in parlamento deve tradursi in un programma realmente alternativo a quello del centrosinistra, in un rifiuto delle alleanze elettorali (anche nelle Regioni) con le forze borghesi del centrosinistra, in un’offensiva a tutto campo sul terreno sindacale, abbandonando la diplomazia con i gruppi dirigenti della Cgil inclusi quelli cosiddetti "alternativi", andando direttamente nei posti di lavoro per porre a tutti i livelli la nostra alternativa, e infine in un’iniziativa decisa sul terreno studentesco, dove l’offensiva del governo continua senza soste.
L’alternativa a questo è di essere trascinati nella stessa crisi del centrosinistra e dei Ds, un pericolo che le scorse elezioni europee hanno dimostrato essere molto vicino. Molte occasioni sono state perse, ma non è ancora troppo tardi.
13 ottobre 1999