Queste elezioni in Emilia Romagna saranno ricordate, se proprio lo saranno, per il più alto astensionismo dal dopoguerra: solo il 37,67% degli elettori è andato a votare, contro il 68% del 2010, in pratica un milione di votanti in meno.
Una tale diserzione dai seggi è sicuramente da addebitare agli scandali che hanno colpito il Partito Democratico e quasi tutto il ventaglio di partiti presenti nel precedente parlamentino regionale. Sarebbe sbagliato tuttavia farne la ragione principale: non si possono certo sottovalutare le proteste di massa che stanno scuotendo il paese. Le piazze negli ultimi mesi si sono riempite, in particolar modo in Emilia-Romagna, mentre le urne si sono svuotate. Un segnale chiaro di come i lavoratori non si sentano rappresentati dalle formazioni politiche oggi esistenti.
“Male l’affluenza e bene i risultati, nessuna ripercussione sul Governo” ha commentato così Renzi il risultato delle regionali della scorsa domenica. Il Pd, però, ha perso in una delle sue roccaforti, la regione “rossa”, quasi 700.000 voti rispetto alle elezioni europee di maggio e 320.000 rispetto alle regionali del 2010. Un segnale forte che metterà in difficoltà Bonaccini a governare la regione: da un lato, sarà costretto a continuare con i tagli ma, dall’altro, gli mancherà il minimo di consenso sociale per poter procedere senza difficoltà.
Questo risultato è tutt’altro che una vittoria: è uno schiaffo al partito che, sia a livello nazionale che locale, attacca pesantemente i lavoratori mentre continua a sostenere i poteri forti. Questi poteri forti in Emilia-Romagna si chiamano Legacoop e amici vari, di cui il Pd è la sponda politica. Non è un caso che l’ex presidente di Legacoop, Poletti, sia proprio lo stesso Ministro del Lavoro a proporre il Jobs Act: la sperimentazione emiliano-romagnola sulla pelle dei lavoratori vuole essere esportata.
Ma dalla crisi del Pd non si avvantaggia nemmeno la destra: la Lega Nord, sebbene esca come secondo partito dopo il Pd, perde, rispetto al 2010, 55.000 voti mentre l’alleato Forza Italia ne cede più di 400.000 voti (nelle scorse regionali si presentò ancora come Popolo delle Libertà). A destra, si verifica un significativo cambiamento rispetto agli anni passati: ora l’egemonia è in mano alla Lega Nord di Salvini che sta dimostrando di voler, e in parte di riuscire a, coprire il vuoto formatosi dalla caduta del governo Berlusconi.
Il malcontento e la rabbia dei giovani e dei lavoratori ha scelto l’astensione dalle elezioni piuttosto che il populismo del M5S, ormai in battuta d’arresto - come già si era visto alle europee di maggio. Il M5S, anch’esso con il capogruppo indagato nello scandalo rimborsi, perde gran parte del consenso che aveva conquistato dalle elezioni politiche, perdendo il 10% e 276mila voti sulle europee. E non è un caso che questa impasse si esprima in una regione con una città importante come Parma amministrata dal M5S e con le stesse politiche del Pd.
Nessuno riesce ad intercettare il malcontento che ha portato in piazza centinaia di migliaia di lavoratori nell’ultimo periodo. L’Altra Emilia-Romagna, infatti, pur riuscendo a conquistare un seggio, prende 8.000 voti in meno rispetto alla disastrata - per usare un eufemismo - Federazione della Sinistra nel 2010, mentre rispetto alle europee, considerando anche il risultato di Sel che invece ha scelto di mantenere la linea delle “poltrone ad ogni costo” e di allearsi con il Pd, si perdono quasi 5.000 voti.
Questa tornata elettorale equivale a un termometro che misura il grado di ebollizione sociale, in chiara ascesa. I commentatori dei principali giornali della borghesia si dimostrano piuttosto preoccupati del risultato di domenica scorsa. La Repubblica ha addirittura addebitato l'elevata astensione ad un tweet di Papignani,segretario regionale della Fiom che invitava la gente a stare a casa dai seggi. Il rapporto causa–effetto è senza dubbio esagerato, ma riflette la paura della borghesia rispetto alla forza di mobilitazione espressa dal sindacato in queste settimane nelle piazze. Non sarebbe ora di dare a questa rabbia e a questa volontà di lotta un'espressione politica?
Questo è quello che tanti lavoratori, non solo emiliano-romagnoli, chiedono a gran voce. Questo è il compito della direzione delle organizzazioni del movimento operaio.