Congelare prezzi e tariffe
Aumentare salari e pensioni
Estendere i diritti sociali
Difendere ogni posto di lavoro
Ialia, Francia e Germania sono sull’orlo della recessione, Sia Francia che Germania sfonderanno ampiamente il deficit statale previsto dal trattato di Maastricht. Gli Usa rilanciano temporaneamente la propria economia grazie a un aumento spropositato delle spese militari (+45,9% nel secondo trimestre, il maggiore dal 1951!), accumulando un deficit statale record che quest’anno potrebbe raggiungere i 550 miliardi di dollari, il 5% del Pil. Il capitalismo europeo subisce la pressione americana, ma non potendo seguire la strada di Bush intraprende la via obbligata dei tagli.Francia e Germania aprono così la strada all’attacco generalizzato alle pensioni, il governo Berlusconi si accoda prontamente.
L’insieme dei provvedimenti del governo, sia quelli degli scorsi mesi che quelli allo studio attualmente, si può riassumere così: massacro sociale su tutti i fronti.La legge 30 introduce la precarizzazione più selvaggia nel mondo del lavoro (vedi l’articolo alle pagine 4-5). Il lavoratore viene spogliato di tutti i suoi diritti e abbandonato in una contrattazione individuale col padrone, un rapporto nel quale l’impresa avrà sempre il coltello dalla parte del manico.
I salari continuano a perdere terreno sull’inflazione, persino nelle statistiche “fantasiose” elaborate dall’Istat, mentre su milioni di famiglie si sta per abbattere la consueta stangata autunnale delle spese scolastiche. La crisi economica metterà a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Ma ancora non basta: bisogna fare cassa, e ancora una volta le pensioni finiscono nel mirino.
Mentre scriviamo continua il balletto delle ipotesi: si parla di “incentivi” (a spese dello Stato) per continuare a lavorare anche dopo aver raggiunto l’età pensionabile, di forme di penalizzazione per chi volesse accedere alla pensione di anzianità, di un’accelerazione nell’applicazione della controriforma Dini del 1995.
Ma il piatto più succulento sul quale si vogliono mettere le mani è quello del Tfr, ossia delle liquidazioni. Infatti, nonostante già dal 1995 la riforma Dini avesse introdotto i fondi pensione integrativi di categoria, questi “non decollano”. E allora si propone di estorcere obbligatoriamente i soldi delle liquidazioni per gettarli nella speculazione borsistica.
Negli Usa, dove questo metodo è usato da decenni, sono centinaia di migliaia i lavoratori che hanno visto abbattuti o azzerati i loro fondi pensione, trascinati nel crollo della Borsa e nei colossali fallimenti come quello della Enron. Anche in Italia, gran parte dei fondi di categoria già avviati dopo il 1996 sono in perdita, da quello dei metalmeccanici a quello dei dipendenti della Banca d’Italia. Il governo si comporta come il Gatto e la Volpe di Pinocchio, e racconta ai lavoratori che se seppelliranno i loro risparmi crescerà l’albero delle monete d’oro. E la burocrazia sindacale, coinvolta anch’essa nella gestione di questi fondi, mentre tuona contro le minacce alle pensioni mantiene un diplomatico silenzio sulla questione dei fondi integrativi.
Di fronte a questa vera e propria grandinata cosa fa l’opposizione? Mentre Rutelli si è già dichiarato disponibile al confronto sulle pensioni, Fassino ha pensato bene di scrivere un libro di ben 413 pagine, che pur non essendo ancora nelle librerie, già fa parlare di sé. E fa parlare perché nel suo parto letterario pare che il segretario diessino abbia spiegato come fu un grave errore negli anni ’80 opporsi alla restaurazione padronale (che lui chiama “modernizzazione”) guidata da Craxi e dai governi pentapartito e come in particolare sia stato un grave errore all’epoca condurre la battaglia in difesa della scala mobile.
Escludiamo che Fassino abbia scritto questo libro solo per rimestare storie vecchie di vent’anni, il messaggio è fin troppo trasparente: come (a suo dire) fu un errore allora lottare per i diritti dei lavoratori, sarebbe un errore oggi ostinarsi nella difesa di “vecchie” conquiste (pensioni, Statuto dei lavoratori, istruzione pubblica e quant’altro). Meglio, molto meglio candidarsi al governo in nome della “buona flessibilità” (altra frase proverbiale del pallido Piero, ci piacerebbe che ce la presentasse questa flessibilità tanto buona) e della “modernizzazione”.
Il risultato è alquanto surreale: mentre il governo impugna lo spadone a due mani, i “leaders” dell’opposizione moltiplicano gli incontri per discutere chi sarà il prossimo primo ministro (ma chi glie lo ha detto che un’opposizione così vincerà le prossime elezioni?), chi prenderà le altre poltrone, come fare la lista alle prossime europee. Ma nessuno pare avere alcuna intenzione di discutere come fermare l’attacco del governo, e non per caso: sul ponte di comando del centrosinistra sono quasi tutti d’accordo con la politica economica di Berlusconi, e non manca chi lo critica da destra, come ad esempio l’ex ministro dell’industria Bersani (Ds), che ha detto che il governo non privatizza abbastanza.
Non sarà quindi da questi signori che verrà la risposta necessaria al massacro sociale. Spetta a noi costruirla, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università e nei quartieri. Le due ore di sciopero convocate dalla Cgil non bastano certo a fermare il governo, ma possono essere un’occasione per far sentire la nostra voce ed esigere che il sindacato organizzi una resistenza a tutto campo, a partire dalla lotta dei metalmeccanici che riprende nelle prossime settimane, fino a una campagna a tutto campo che finisca il lavoro che abbiamo lasciato interrotto lo scorso anno: cacciare questo governo invertire la rotta dopo vent’anni di arretramenti, cominciando a riaffermare in maniera intransigente la difesa degli interessi dai lavoratori e di tutti gli altri settori sfruttati della popolazione.