Le ondate sismiche del 20 e 29 maggio hanno ammazzato 24 persone, messo in ginocchio la Bassa modenese, ferrarese e mantovana. Decine di migliaia di sfollati, case inagibili, fabbriche accartocciate. Ma non è stata una fatalità.
Secondo il procuratore di Modena Zincani la "politica industriale a livello nazionale sulla costruzione di questi fabbricati è una politica suicida. Oltre al fatto che rovinano il paesaggio, questi capannoni prefabbricati sono stati fatti con l’ottica del risparmio e ora paghiamo un prezzo altissimo" (Corriere della Sera, 31 maggio). È ancora una volta la conseguenza, tragica, dell’esistenza del sistema capitalista.
“Processo” alla natura o al capitalismo?
Una tragedia scaricata innanzitutto sui lavoratori – morti, feriti e scioccati dal crollo dei capannoni - anche per la fretta tutta padronale di tornare ad essere produttivi, rispettare i tempi delle commesse e “tranquillizzare” i clienti. Pizzolla, segretario della Fiom di Modena, l’ha chiamata “foga di ripartire”, facendo riferimento alle “pressioni esercitate dai datori di lavoro per rientrare al lavoro. Il tutto basandosi su perizie fatte da privati, non dagli enti preposti” (Gazzetta di Modena, 31 maggio). I lavoratori immigrati morti alla Meta di San Felice o i precari della Haemotronic, ci sbattono in faccia la logica violenta delle relazioni sociali capitaliste: subiscono gli oppressi e in particolare i più oppressi. Non è cinismo padronale telefonare ai propri dipendenti dicendo “noi siamo qui” o appendere cartelli come “C’è stato il terremoto ma la vita continua. Chi vuole lavora, gli altri possono prendersi le ferie. Liberissimi di farlo” (Il Fatto Quotidiano, 31 maggio)? Qualcuno ha il coraggio di affermare che viviamo in un mondo libero? Lo vorrebbe far credere il direttore di Confindustria Modena il quale osa affermare che “non abbiamo mai forzato nessuno ad entrare nelle fabbriche” (Gazzetta di Modena, 31 maggio).
Bisogna dire pure che la pronta evacuazione di tante fabbriche dopo il sisma delle ore 9 del 29 maggio è stata guidata da operai e attivisti sindacali. Invece alcune aziende, specialmente a Modena città, sono state evacuate dalla direzione soltanto poco prima della seconda forte scossa attorno alle 13 o addirittura in seguito ad essa.
Per il presidente di Confindustria Squinzi si è trattato di una “tragica fatalità” e sarebbe in corso una polemica “molto artificiosa, perché i capannoni erano nella assoluta normalità” (Gazzetta di Modena, 31 maggio 2012). L’augusto parere di Squinzi non vale proprio nulla. Peraltro, il presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Modena ha affermato che “fino a pochi anni fa le leggi consentivano di costruire queste strutture con incastri di fabbricati”. Però, prima delle prescrizioni anti-sismiche, entrate in vigore dal 2005, la Tremonti-bis del 2001 aveva approvato ingenti sgravi fiscali per le imprese che avessero investito in beni capitali, generando una “febbre da capannone” soprattutto nel Nord industriale.
Che fare?
Ora dobbiamo mettere al centro la difesa della nostra integrità fisica, la ricostruzione delle case ed il recupero dell’apparato produttivo. Cose che questo sistema non ci assicura. E’ necessario che i lavoratori e la popolazione siano protagonisti. Rls e delegati sindacali devono partecipare alle verifiche ed ai controlli ed in seguito decidere coi propri compagni di lavoro. La Cgil ha la forza, e il dovere, di promuovere un appello in questa direzione, chiedendo anche l’aiuto di tecnici per effettuare perizie indipendenti. Dobbiamo prenderci il tempo necessario e nel contempo impedire che i padroni delocalizzino per riprendere a fare profitti, come la Fiom ha già paventato per la Magneti Marelli di Crevalcore.
Lo stesso lavoro di indagine deve avvenire nei Comuni evacuati. Molte case relativamente nuove sono gravemente lesionate o crollate, a Cavezzo forse i casi più impressionanti. Bisognerà investigare sul perché. B., ingegnere morto durante un’ispezione, dopo un sopralluogo a Mirandola aveva sensatamente affermato che “la disomogeneità dei danneggiamenti dipende anche dai materiali”. Per accertarci di tutto ciò non dovremo accettare la militarizzazione del territorio, non dimenticare l’Aquila. E non ascoltare i soliti politici “realisti”, ai quali piace fare discorsi generici contro l’onnipotenza del clan casalese nell’edilizia locale, sostenere che è impossibile eliminare i sub-appalti o la clausola del massimo ribasso per assegnare un appalto. E discutere anche la possibilità di creare aziende edili comunali, perché le nostre case, scuole ed ospedali non li vogliamo far costruire a chi è mosso dal profitto.
L’entità della tragedia è stata ridotta grazie alla battaglia del Comitato No Gas di Rivara che ha impedito, finora, la costruzione di un deposito di gas da 3,5 miliardi di metri cubi di metano da parte della multinazionale ERS proprio nella zona colpita dal sisma. A questo progetto aveva dato il via Berlusconi nel 2004 ed il governo Prodi aveva confermato. I 19 pozzi sarebbero stati interrati proprio nella zona colpita dal sisma. Il Comitato non la manda a dire: “Noi chiediamo che questo progetto venga abbandonato definitivamente – ha affermato Veronesi, del No gas di Massa Finalese – al di là degli studi che si possono fare, nessuno saprà mai cosa succederà con un terremoto di questa magnitudo a deposito realizzato e pieno di gas “; “non hanno scrupoli – rincara la dose - speriamo che se ne vadano, che ci lascino tranquilli” (www.modenanoi.it).
Il credo borghese “il tempo è denaro” è barbarie. Rifondazione Comunista modenese, assieme alle Brigate di Solidarietà Attiva, è stata e sarà presente concretamente nella solidarietà popolare. In queste ore stiamo montando un campo a Cavezzo. Andremo avanti immersi tra la nostra gente. E sappiamo che nessuno Squinzi riuscirà a zittirla e ad impedirle di riflettere sull’accaduto e sulle sue cause, anche economiche e sociali, con banalità del tipo “sappiamo tutti che quando la natura si scatena ci sono poche possibilità di contrastarla”. Dallo spavento e dal terrore di questi giorni dobbiamo trovare la forza e l’intelligenza per un’azione collettiva che ci porti ad una “normalità”, quella agognata da ogni popolo, molto migliore di quella che c’era prima del sisma del 20 maggio.
*segretario del circolo Prc Gramsci – Modena
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