Vota Domenico Loffredo
Uscire a sinistra dalla crisi
Per un’Europa alternativa a quella di banchieri e padroni
Le prossime elezioni europee si svolgeranno nel contesto duro e difficile di una crisi profonda come poche. Una crisi globale che affonda le sue radici nella spietata logica del profitto che le politiche liberiste degli ultimi decenni hanno alimentato.
L’Unione Europea ha operato nel pieno di questa politica economica dettata dagli interessi di capitalisti e banchieri, per cui, in completa sinergia con i governi nazionali dei rispettivi paesi, di centro-destra come di centro-sinistra, l’Unione è stata complice degli attacchi ai diritti e alle condizioni di vita dei lavoratori.
È necessaria un’inversione di rotta radicale, porre al centro gli interessi della classe lavoratrice e costruire un’uscita a sinistra dalla crisi per un’altra Europa.
La necessità di ripartire dai lavoratori
Il prezzo pagato dai lavoratori europei in questi anni è stato altissimo. A oltre 15 anni dal trattato di Maastricht si è registrato un drastico peggioramento delle condizioni lavorative e di vita della maggior parte della popolazione europea. La politica seguita nei diversi paesi è stata sostanzialmente basata su bassi salari e innalzamento dell’età lavorativa, largo ricorso al precariato e aumento della disoccupazione giovanile. È questa situazione sempre più precaria e insicura dove, in Italia ad esempio, molti posti di lavoro diventano campi di battaglia, dove muoiono 1.300 lavoratori l’anno.
In particolare l’Unione Europea ha avuto un ruolo centrale nel favorire, attraverso le sue direttive, lo smantellamento dello stato sociale, i processi di liberalizzazione del mercato del lavoro, con la famigerata direttiva Bolkenstein, l’innalzamento dell’età pensionabile e del lavoro notturno per le donne e l’estensione dell’orario di lavoro a 65 ore settimanali.
Occorre richiedere l’abolizione di queste direttive e ripartire da chi ha subito queste scelte.
La crisi non la devono pagare i lavoratori!
Serve piuttosto, specie in un periodo come questo, difendere ed estendere le conquiste e i diritti dei lavoratori, e non tutelare chi questa crisi l’ha causata. Dobbiamo dotarci di un programma che abbia al centro alcune rivendicazioni essenziali per unificare le lotte:
• blocco dei licenziamenti
• salario sociale per tutti i disoccupati
• un salario minimo di 1.000 €
• una scala mobile che adegui automaticamente i salari all’inflazione
• riduzione di lavoro a parità di salario
• assunzione dei precari attraverso la riconversione di tutti i contratti a termine in contratti a tempo inderminato
Contro le politiche liberiste, per il rilancio del pubblico
Anni di privatizzazione ci consegnano uno stato sociale smantellato e la distruzione di pezzi importanti dell’apparato produttivo. La crisi svela il vero volto delle privatizzazioni, ma nonostante questo i provvedimenti anticrisi non scardinano il problema: si continuano a dare soldi ai privati e ai banchieri, socializzando le perdite dopo che sono stati privatizzati i profitti.
Al contrario di quanto fatto fino ad ora, va posta la nazionalizzazione delle banche e delle principali leve dell’economia.
Va contrastata l’idea che le aziende in crisi siano destinate alla chiusura; di fronte alla prospettiva di stabilimenti che chiudono e di centinaia di migliaia di posti di lavoro in meno, va avanzata la proposta dell’intervento pubblico e il controllo democratico da parte dei lavoratori rispetto a cosa, come e per chi produrre.
Solo attraverso l’intervento pubblico e la messa in discussione della logica del profitto sarà possibile anche affrontare la questione ambientale e permettere uno sviluppo sostenibile. A partire dalla ripubblicizzazione dei servizi e dei beni comuni come l’acqua.
Più in generale va garantita la difesa e l’estensione dello stato sociale, contrastando la privatizzazione di scuola e sanità, divenute un privilegio per pochi, recuperando i soldi attraverso la progressività delle imposte e l’abolizione dei paradisi fiscali.
Solo in questo contesto è possibile affrontare seriamente il problema
del Mezzogiorno messo in ginocchio dalla minaccia di chiusura di siti produttivi vitali per l’economia, come quello di Pomigliano d’Arco. La lotta della Fiat auto di Pomigliano ha dimostrato grande combattività e la voglia da parte dei lavoratori di andare fino in fondo. Così come a Pomigliano in tutta Europa il grido “giù le mani dalla nostre fabbriche, neanche un
posto di lavoro in meno” deve assumere un carattere centrale. Il Sud non può essere solo l’emblema di una terra devastata da scempi ambientali che sono una continua minaccia per la salute di tutti e da una forte disoccupazione giovanile che costringe ogni anno migliaia di studenti, giovani e precari ad emigrare.
Quello che serve è un piano complessivo di opere utili alla collettività; altro che grandi opere, come insegna il terremoto in Abruzzo!
• No al Ponte sullo stretto e alla Tav
• Per la messa in sicurezza di scuole, ospedali ed edifici pubblici
• Un piano nazionale di case popolari contro la speculazione edilizia e mutui ed affitti insostenibili
I soldi si prendano dalle spese militari, che nel corso degli ultimi anni sono in costante aumento, visto l’impegno e la partecipazione dei paesi europei alle missioni imperialiste.
• Per il ritiro dei contingenti da Iraq, Afghanistan e ogni altro conflitto!
Per una nuova stagione di lotta e di diritti, l’alternativa dei comunisti
Nel corsi di questi anni le diseguaglianze sono aumentate, e insieme alla povertà e alla miseria, sono aumentati i ricchi. L’unico antidoto a questa contraddizione è il sostegno a chi mette in discussione l’intero assetto del capitalismo, affinché la crisi non venga scaricata sugli ultimi.
Proprio per questo va contrastata la deriva oscurantista e razzista, costruendo un fronte comune tra lavoratori europei e immigrati, lottando affinché siano chiusi i centri di detenzione e sia garantito a tutti il permesso di soggiorno e il diritto d’asilo, insieme al diritto di voto dopo un anno di residenza nell’Unione.
Il voto ai comunisti è per questo l’unica alternativa possibile alla risposta reazionaria che i padroni hanno in mente, ed è allo stesso tempo un importante passo per ricostruire una sinistra all’altezza della fase, in Italia e in Europa. Possibilità nel corso di questi anni non sono mancate; all’Europa dei padroni si è contrapposta la Francia del CPE, la Grecia e l’Italia con il risveglio delle mobilitazioni studentesche, l’opposizione al trattato di Lisbona.
Avanziamo una proposta che si contrappone nettamente alle politiche filo-padronali portate avanti non solo dalla destra e dal Pdl, ma anche dallo stesso Pd e dall’Italia dei valori di Di Pietro forze, che nel parlamento europeo hanno votato assieme oltre l‘80% dei provvedimenti, dimostrando un’ampia convergenza in particolare sulle questioni sociali tra i gruppi parlamentari socialisti, liberali e popolari.
Pensiamo che questa proposta possa crescere e svilupparsi nelle mobilitazioni che inevitabilmente stanno nascendo dalla crisi in atto. Come è successo per l’America Latina, dove da un periodo di crisi è sorta una nuova stagione di lotte e conquiste, così per l’Italia e per l’Europa è possibile aprire una prospettiva di cambiamento.
Oggi più che mai uno spettro si aggira per l’Europa: quello del conflitto sociale. Un’altra Europa è possibile con una politica di classe e il protagonismo dei lavoratori!
info: 3383607191- Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
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Domenico Loffredo è nato a Napoli il 10/07/1980. Proveniente da una famiglia operaia, i suoi genitori emigrano negli anni ’70 per andare a lavorare alla Fiat Mirafiori. Inizia a fare attività politica a scuola alla fine degli anni ’90 come rappresentante degli studenti dell’Itis F. Morano di Caivano (Na) partecipando attivamente al movimento studentesco contro la privatizzazione della scuola.
è attivo nelle battaglie ambientali contro la costruzione dell’inceneritore di Acerra, città in cui vive attualmente.
Dal 2002 entra in fabbrica come operaio nel reparto stampaggio della Fiat auto di Pomigliano.
Rappresentante dei lavoratori per la Fiom Cgil è in prima fila nella lotta per il futuro dello stabilimento e per la difesa dei posti di lavoro. Il 5 febbraio è tra i lavoratori fermati sulla A1 dopo le cariche della Polizia solo per aver difeso i diritti dei lavoratori. Fa parte di quella nuova generazione di comunisti in fabbrica che partendo dal protagonismo operaio lavora per ricostruire il radicamento nei luoghi di lavoro del Prc e della sinistra. Domenico ha giocato un ruolo importante nella ricostruzione del circolo Prc Fiat auto-Avio.
Visita la sezione speciale del nostro sito dedicata alla lotta dei lavoratori di Pomigliano d'Arco
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